Pasqua col pienone sull’Isola del sole

Grado torna a fare il pienone per la solennità di Pasqua. Vie e calli piene di turisti, locali e d’oltralpe, così come i locali. Grazie all’allentamento delle disposizioni anticovid, anche la Basilica patriarcale di Sant’Eufemia è tornata alla sua capienza pre-covid: oltre cinquecento persone hanno, così, assistito alla Santa Messa Solenne cantata delle 10 (ottima presenza, in ogni caso, anche alle altre), accompagnata dalla Corale Orchestrale Santa Cecilia che ha riproposto, dopo qualche anno, la Messa in Onore di Sant’Antonio di Luigi Ricci, composta nel 1856 per la Cappella Civica di Trieste.L’occasione è stata propizia anche per ringraziare il tenore primo Antonio Marchesan, detto “Nino Rosso”, per i suoi 70 anni di servizio alla corale. È dal 1952 che Antonio presta la propria voce alle liturgie e ai riti della basilica ma anche a tutte le manifestazioni folkloristiche più laiche della corale. Una presenza costante e di servizio che è stata sottolineata a fine messa dal maestro Annello Boemo che, assieme all’organista Ivan Bianchi, ha voluto consegnare con il parroco, monsignor Paolo Nutarelli, una targa ricordo proprio a Nino. Commozione e un applauso spontaneo hanno accompagnato il breve momento. Ampia partecipazione alle 11.30 nella chiesa di San Crisogono in Città Giardino nella quale ad accompagnare la solenne liturgia è stato il Coro don Luigi Pontel. Nella sua omelia, monsignor Nutarelli ha voluto porre l’accento sul Vangelo di Luca che “le donne si recarono al sepolcro per compiere un gesto pietoso, pieno d’amore. Andavano con cuore triste e forse ormai rassegnato, perché tutto era irreparabilmente finito. Quella grossa pietra, posta a sigillo del sepolcro, era la parola “fine” su un sogno che era stato così bello. È tutto difficile, troppo difficile, insostenibile. Come dopo due anni di pandemia piombare nella paura di una guerra, da paura a paura. Come un incubo senza fine”.”Ma quanto arrivano, la pietra è ribaltata e la tomba è vuota. Si interrogano, le donne: che senso ha tutto questo?”, così ancora il sacerdote. “Che senso ha ciò che stiamo vivendo? Come leggere gli eventi, come districarci dal groviglio che ci impedisce di muoverci, paralizzati dalla paura, smarriti davanti all’ombra dilagante della morte? Ecco l’annuncio: Perché cercate trai morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ecco la chiave di lettura. E noi oggi abbiamo bisogno di speranza che, lo ripeto, per noi è un nome, un volto: quello di Cristo”. Monsignor Nutarelli ha poi spostato l’accento sul vangelo di Matteo nel quale “si parla di due angeli mentre Luca dice che sono due uomini in abito sfolgorante. Sono illuminati, accesi, incendiati dal cuore ardente: come tante persone della nostra Comunità che, in fondo, danno speranza a chi l’ha perduta. Non super uomini o super donne, ma uomini e donne che, perché segnati dal Risorto, danno Speranza a chi l’ha persa. Ovvero si fanno prossimi, nel concreto, a chi ne ha bisogno. Sarà Pasqua, per noi, se riusciremo a passare anche noi da una chiusura a una apertura. Sottovoce vi invito a non chiuderci in noi stessi. Aprirsi agli altri fa bene a noi e fa bene agli altri”, ha concluso Nutarelli