Anche se vado per una valle oscura (Sal 23)
4 Ottobre 2022
L’inizio dell’avventura si manifestò con dolori allo stomaco, non insopportabili ma fastidiosi. Mi sottoposi a una serie di esami che non rivelarono problemi tanto che il medico mi disse: “Lei non ha nulla!”. Poi ordinò esami più approfonditi che portarono a una scoperta dirompente: c’è un tumore al pancreas. Avevo sentito dire che è uno dei casi più complicati: che bella prospettiva!Il mondo crolla? No! Disperarsi? No! Che testimonianza avrei offerto come prete?La notizia si diffuse rapidamente e del periodo iniziale ricordo vivamente due dialoghi. Una telefonata che mi spronava alla battaglia: “Lei deve affrontare il male come un guerriero!”. Poi la citazione di una sentenza lapidaria come una rivelazione biblica, proposta da un docente di farmacologia: “Cari studenti, ricordatevi che il primo farmaco in assoluto è l’ottimismo!”.Inizio la cura, la chemioterapia, termine di per sé temuto, che diventa esperienza settimanale. Interrogativi sugli effetti collaterali: nausea, prurito, danni di vario genere? Mi sentivo abbastanza a posto tanto da dirmi: allora combattiamo. Il sostegno sul versante laico si chiama ottimismo, sul versante cristiano si chiama speranza.Il 12 dicembre 2021 avviene il trasferimento in comunità sacerdotale, dove trovo altri sacerdoti non proprio in forma: l’ambiente offre non solo i servizi necessari, ma anche comprensione, premura, rispetto, fattori indispensabili per la vita quotidiana. Dal punto di vista spirituale, confesso che non ho mai provato un moto di protesta: “Perché a me, Signore? La Chiesa è già in difficoltà per il vistoso calo di preti, perché vuoi mettermi fuori campo? Posso ancora lavorare”. Da tempo mi confrontavo con il tema della fragilità e del limite. Il Creato è fragile e la volontà umana di dominio tecnocratico ha paradossalmente aumentato le situazioni di fragilità. Alla consapevolezza del limite si può reagire con l’accettazione o con il rifiuto, che produce rabbia e frustrazione. Accettando il limite, riconosciamo che Dio è l’unico Assoluto, che non ci dimentica e custodisce la dignità umana. In noi permane l’attesa del Regno e la prova diventa una verifica di fiducia in Dio, di speranza che ci sprona a lottare, di carità come testimonianza di amore.Tre attività mi hanno aiutato in questo periodo di isolamento: leggere, studiare e pregare, cui si è aggiunta un’esperienza nuova, scrivere. All’inizio fu questa l’esortazione di un confratello amico, poi mi accorsi che stendere sulla carta quanto scoperto con letture attente, studio, esperienze, costituiva buon impiego del tempo, che trascorreva velocemente, togliendo gli assurdi sensi di colpa per la forzata inerzia, che non entra nel DNA dei consacrati ai tempi del Concilio, non per scelta di sterile attivismo, ma per la coscienza che la responsabilità della Chiesa è affidata al popolo di Dio e i consacrati devono essere in prima linea. Poi è stato il primario del reparto di oncologia a invitarmi a mettere per iscritto l’esperienza della malattia e delle cure. Una sfida che ho accolto accettando al contempo la fragilità della situazione e l’impegno a usare le risorse a disposizione per ristabilire, per quanto possibile, salute, vigoria, esistenza normale.Le sedute settimanali divennero in seguito quindicinali e l’uso del tempo sembrò più complicato. La calma e la gentilezza del personale sanitario, la consapevolezza che si era aperta una piccola luce in fondo al tunnel, la normalità che regnava in tutti i pazienti, la soddisfazione dello scrivere, acquietarono il mio sconcerto portandomi dalla rassegnata accettazione alla convinta partecipazione.In questo orizzonte, il ricorso a Dio cosa comporta? Dio, dopo aver portato a termine la creazione, il settimo giorno si riposò, affidando la storia all’uomo. La prima, e più importante, conseguenza è quella di non pretendere che Dio risolva i nostri problemi con spettacolari azioni miracolose: “Non tentare il Signore Dio tuo!”. Dio non guida la storia con interventi miracolosi diretti, ma ci dona lo Spirito, forza che cambia la vita dell’uomo e quindi la storia. Solo alla fine dei tempi comprenderemo pienamente il rapporto tra libertà umana, vocazione all’amore, mistero di Dio. Il nostro fondamento di speranza rimane la risurrezione di Gesù. Ma la speranza e la fiducia traspaiono anche nei piccoli e apparentemente banali rapporti della vita quotidiana. Siamo in attesa di terapia nella sala d’attesa del reparto, ci sono circa dieci persone, entra una giovane signora che mi accenna un saluto. Sul momento non la riconosco, poi guardo meglio e le dico “È proprio lei! Sa da cosa l’ho riconosciuta? Dalla raffinata eleganza!”. Entrambi sorridiamo per il messaggio sottinteso e condiviso: la vita continua.
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