Ottobrata 2022: l’importanza degli aggettivi

Si sapeva che sarebbe spettato a Liliana Segre, nominata dal 2018 senatrice a vita, l’incarico di presiedere la prima seduta di Palazzo Madama, perché anagraficamente il membro più anziano dell’assemblea. Un altro onore per lei, quarta donna ad essere insignita della carica senatoriale per altissimi meriti nel campo sociale (dopo Camilla Ravera, Rita Levi-Montalcini ed Elena Cattaneo) e qui ancora una volta chiamata ad “entrare nel cuore delle istituzioni repubblicane” assumendo la carica di presidente del Senato, “momentaneamente”, una durata breve ma significativa. Fatto raro nella storia repubblicana questa declinazione al femminile; infatti è toccato solo a due altre donne: fu nel 1983 che Camilla Ravera divenne presidente provvisoria, mentre è appena conclusa la presidenza effettiva di Maria Elisabetta Alberti Casellati.Nonostante avesse mantenuto un riserbo assoluto sui contenuti del discorso previsto per l’avvio della Diciannovesima Legislatura, c’era attesa per le sue parole. Perché Liliana Segre é una delle ultime sopravvissute ai campi di sterminio. Dopo un silenzio durato oltre 50 anni, carico di intimo dolore e di rifiuto del ricordo pubblico, dal 1990 per sofferta e convinta scelta personale è una testimone della Shoah, di cui trasmette a tutti, ma sopratutto a studenti ed insegnanti, la memoria senza perdono,ma priva di sentimenti di odio o di vendetta. E da una Liliana Segre, figura minuta ed elegante avvolta nel rigoroso blu di un abito “protocollare”, che siede sulla poltrona “prestigiosa” della seconda carica dello Stato italiano, dopo i saluti ai colleghi, al Presidente Mattarella e un pensiero rispettoso rivolto a Papa Francesco, escono ,come annota la giornalista Federica Schianchi, “parole di cristallo”, che con “grazia inflessibile” leggono il presente, ancorandolo al passato e proiettandolo nel futuro. Esordisce considerando “l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa… con il suo carico di morte, distruzione, crudeltà terrore… una follia senza fine” e si unisce all’insistenza di Mattarella per una pace da ricostruire passando dal “ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”. Poi la sua attenzione si concentra sulla realtà italiana del Novecento, dall’instaurarsi della dittatura fascista con la prova di forza della Marcia su Roma, proprio cent’anni fa, nell’ottobre del 1922 alla violenza vessatoria nell’emanazione di leggi liberticide, diventate persecutorie nel 1938 nei confronti degli ebrei…  e qui riemerge lancinante la sofferenza personale dell’umiliazione e dell’isolamento, patiti nell’indifferenza generale di chi viveva vicino e non voleva vedere angherie e soprusi perfino legittimati dal Codice. Liliana Segre sommessamente ricorda il suo dolore di bambina, sconsolata e smarrita nei primi di ottobre del 1938 – allora iniziava l’anno scolastico – perché “costretta a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari” a causa delle leggi razziste. Sì dice proprio razziste, l’abbiamo sentito in diretta Tv, non usa l’aggettivo “razziali”per connotarle, rimarcando nella scelta di tale aggettivo la componente aggravante di  disprezzo e di odio. Ed è forte nel suo discorso l’auspicio rivolto ai senatori di “assunzione di una comune responsabilità nella lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito politico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni”, ricordando che nella passata legislatura la Commissione straordinaria – da lei stessa presieduta – per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza ha approvato all’unanimità un documento di indirizzo, segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che sono comunque sempre tenuti al rispetto dell’art.3 della Costituzione Repubblicana, il documento che è il testamento di 100 mila morti caduti nella lunga lotta per la libertà. E, tanto per cominciare, suggerisce la Segre ai colleghi, “potremmo concederci il piacere di lasciare fuori dall’assemblea la politica urlata”, raccomandando che “la fermezza dei diversi convincimenti dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza”. Ed ancora una volta esprime con forza – “secondo un mio fermo convincimento”- e sottile arguzia -“nella mia ingenuità di madre di famiglia”-  le considerazioni  sull’opportunità di” interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare”. Anche e sopratutto perché l’attuale situazione economica e finanziaria, con la ripresa inflattiva e l’impennata eccezionale dei costi energetici che colpiscono famiglie e imprese, richiede a Parlamento e Governo una sinergia operativa di impegno straordinario e urgente per contenere diseguaglianze ed ingiustizie che fanno presagire un futuro quantomai fosco. Perché “Nessuno dovrà temere di essere lasciato solo!”