Dove non c’è l’incarnazione non c’è speranza

Venerdì 20 gennaio nella sala della parrocchia di San Rocco si è svolto il primo dei tre incontri ecumenici in programma con don Giorgio Giordani ed il pastore metodista Peter Ciaccio, per avere un confronto sul tema del significato della speranza nella religione cristiana. Il secondo appuntamento prevedeva il concerto del coro ortodosso nella chiesa di san Giuseppe a Straccis e martedì si è svolta la preghiera ecumenica nella Chiesa metodista di via Diaz. Quando parliamo di speranza, intendiamo sempre parlare della nostra vita. ’’Lasciate ogni speranza, voi che entrate’’ c’è scritto sulla porta nell’Inferno di Dante.Chi ha mancato il fine nella sua vita non ha più speranza, non ha più nessuna aspettativa per il futuro. Ma il futuro per noi è sempre incertezza, perché non lo conosciamo. Noi aspettiamo il futuro e vorremmo che si manifestasse per noi sempre positivamente. Ognuno spera in qualche cosa, ma spesso rimane deluso, la speranza si dimostra vana.Che cosa deve fare allora il cristiano per non illudersi? Gli apostoli attendevano che Dio inviasse il Messia-Re e per suo mezzo restaurasse nell’antico splendore il regno d’Israele. Lo deduciamo dall’episodio dei due discepoli di Emmaus nel vangelo di Luca.Con la morte di Cristo essi hanno perso questa speranza. Ma la speranza può essere qualcosa di costitutivo, qualcosa che sia parte essenziale di noi, parte del nostro essere? Che cosa può autenticamente sperare l’essere umano? C’è e c’era sempre nella storia umana un’attesa, un desiderio di bene, qualcosa che fonde la speranza della vita.  Ma come si mostra nel mondo cristiano? Alla speranza è legato il termine creazione che ci ricorda che ogni realtà ha l’impronta di Dio.Perciò l’incontro con Dio non ha luogo solo nell’annuncio ecclesiale, esso viene trasferito nel mondo e nella vita di ciascuno, nei quali il credente vede la creazione di Dio ed il luogo del suo regno. E allora possiamo dire che l’incarnazione ci fa capire che ogni uomo è abitazione di Dio.Non esistono più due mondi separati, umano e divino, visibile e invisibile, che si contrappongono. Essi si compenetrano, formano una unità. In questo senso la speranza fa necessariamente parte della religione cristiana. Il messaggio del vangelo non è più un programma per il futuro, una promessa, ma la realtà presente. Con la parola redenzione indichiamo tutto ciò che Gesù fece sulla terra per noi. Dobbiamo ricordarci che Gesù ci ha fatti un frammento di Dio e Dio diventa parte costitutiva della nostra vita. E se questo lo esperimentiamo come la nostra verità, allora diventa veramente per noi una potenza immensa. Noi siamo purtroppo abituati a pensare tutto questo e tenerlo nella mente, per il nostro corpo e per la nostra vita di ogni giorno rimane estraneo. Se però riusciamo a coinvolgere in questo sentire l’uomo tutt’intero, noi stessi, allora sì che la potenza funziona e la speranza ne è la prima a sentire. La nostra vita allora esprime il mistero della presenza di Dio, come mondo, come storia. Il tempo diventa il luogo dell’eternità. In questo senso la speranza non è attesa, attesa del regno che verrà o qualcosa di simile, ma è la scoperta che l’infinito è presente in ogni frammento della nostra vita. Allora anche la preghiera diventa una scoperta che noi siamo figli ed eredi di Dio. In questo senso l’amore prende il significato concreto del frammento, dell’incarnazione e della capacità costitutiva di cui noi siamo fatti. Ma anche qui dobbiamo fare attenzione sul concetto di limite, del frammento. Non dobbiamo scambiare il frammento con l’Assoluto. Nel mondo tutti vogliono avere ragione e da qui nascono anche le guerre, perché non si accorgono di essere un frammento, un limite. Nello stesso tempo però il nostro limite è anche il luogo della potenza di Dio, in questo limite si è incarnato Gesù Cristo, si è incarnato Dio.