La cultura dell’incontro

Ogni periodo nella storia della Chiesa ha avuto i suoi modelli di santità.Nei primi secoli dell’era cristiana venivano indicati come santi soprattutto i martiri, coloro che erano pronti ad andare fino in fondo nella testimonianza della fede, conformandosi al dono di sé che Gesù ha vissuto sulla croce.C’è stato poi il periodo dei santi monaci e teologi: persone che mostravano la radicalità della scelta di fede vivendo una relazione intensa col Signore alimentata nell’ascesi e nella preghiera oppure mettendo la propria intelligenza a servizio dell’approfondimento dei contenuti del deposito della fede. È venuto poi il tempo di coloro che hanno aiutato a riformare la vita consacrata, dando l’idea di una fede più vicina al popolo e vissuta nella reale povertà. C’è stato in seguito il momento dei santi che si sono dedicati alle diverse forme di carità, compresa la carità più grande di annunciare il vangelo ai popoli che non avevano mai sentito parlare di Gesù. Nel momento in cui si sceglie quali santi proporre alla comunità, di fatto si sta esprimendo un progetto pastorale e missionario.Ad esempio quando nella chiesa di S. Ignazio a Gorizia si è costruito un altare dedicato al transito di San Giuseppe si è voluto indicare l’importante compito di accompagnare i morenti; nel dedicare una cappella all’arcangelo Raffaele si suggerisce che avere una guida spirituale è qualcosa che aiuta a trovare il proprio posto nella vita; mettendo una pala di S. Francesco Saverio si sprona la comunità a mantenere una tensione missionaria. Quando nella Cattedrale si colloca su un altare l’immagine della Madonna di Montesanto implicitamente si afferma che il mistero di Dio si rende presente anche nel proprio territorio; quando si dipinge santa Teresa di Gesù Bambino si comunica l’idea che la via dell’infanzia spirituale è qualcosa che fa bene a tutti; quando si dipinge il mistero dell’Annunciazione, si incoraggia ogni credente a dire “eccomi” come Maria… Soprattutto nella scelta di un patrono di una comunità si esprime un’idealità da perseguire, un valore verso cui andare.Il patrono è qualcuno che nella comunione dei santi intercede, ma è anche un modello di santità da contemplare e da far risuonare nella propria vita.Quando i nostri antenati hanno scelto come patroni della città di Gorizia i santi Ilario e Taziano che cosa volevano esprimere? Quali indicazioni pastorali e valoriali sottolineavano? I santi Ilario e Taziano sono prima di tutto santi della tradizione aquileiese.Per noi significa che siamo chiamati ad inserirci in una storia, che dobbiamo tenere presenti le radici: la nostra cultura non si riesce a capire senza un riferimento all’impegno missionario della Chiesa di Aquileia. I santi Ilario e Taziano sono poi ministri ecclesiali, un vescovo e il suo diacono.È interessante che non sia stato scelto solo un vescovo, ma siano stati tenuti insieme più ministeri.Per noi significa che siamo chiamati ad essere una Chiesa ministeriale, che valorizza le diverse competenze e i diversi carismi che nella diversità si mettono al servizio dell’unità della comunità cristiana. Prendendo in forma un po’ figurata possiamo dire che la nostra Chiesa è chiamata a tenere insieme la diversità e l’unità, la nostra è una Chiesa che fin dall’inizio nasce come realtà plurale. I santi Ilario e Taziano erano infine martiri: testimoni credibili, anche in modo costoso, della verità del vangelo.Il martire è colui che crede così tanto nella forza della risurrezione che per testimoniarla è pronto a metterci la testa.Il martire è colui che crede così tanto che l’amore è capace di vincere ogni ostacolo, anche l’ultimo ostacolo che è la morte, che non smette di amare anche davanti a colui che lo sta uccidendo.Per noi significa che siamo chiamati ad essere una Chiesa che crede nell’amore, che è esperta di risurrezione, che crede nel cambiamento delle persone, che risponde all’odio con la riconciliazione.Per noi significa che siamo chiamati ad essere promotori di concordia e di pace, operatori di misericordia e perdono, realtà più simile alla risurrezione di cui possiamo fare esperienza. Il fatto che una città abbia dei patroni, non riguarda solo la comunità cristiana, ma vorrebbe essere una fonte di ispirazione per tutti gli abitanti, anche al di là dell’appartenenza alle parrocchie.Tutti i cittadini di Gorizia possono trovare ispirazione per valorizzare la storia di questa terra, per sentirsi stimolati a dare il proprio contributo al bene comune in modo che sempre più possiamo trovare unità nella pluralità, per essere promotori di riconciliazione e di pace in un territorio segnato profondamente da conflitti antichi (e non sempre ancora digeriti). Il vangelo è buona notizia non solo per i credenti, ma per tutti: anche questo è essere Chiesa in uscita.