Rivivere la gioia e gli impegni dell’ordinazione

Lo scorso giovedì 6 aprile, Giovedì Santo, si è svolta in Basilica ad Aquileia la Santa Messa crismale, presieduta dall’arcivescovo Redaelli e alla presenza di tutti i sacerdoti e diaconi diocesani.Un appuntamento significativo quello con la Messa del Crisma, nel quale ogni sacerdote è chiamato a rivivere il senso, l’impegno e l’importanza del proprio ministero. Un concetto questo che è stato più volte richiamato anche da monsignor Redaelli nel corso della sua omelia. “Tra un paio di mesi, finalmente, dopo molti anni, avremo tutti la gioia di prendere parte all’ordinazione presbiterale di Manuel Millo e a quella diaconale di Matteo Marega – ha ricordato il vescovo -. Si svolgerà qui ad Aquileia nel pomeriggio di domenica 28 maggio, solennità di Pentecoste. Un evento per il quale dobbiamo essere molto riconoscenti al Signore, perché ogni vocazione e ministero da Lui prende origine, e che dobbiamo cogliere come occasione per rivivere quel momento così decisivo per la nostra vita, lontano nel tempo, ma presente nel cuore di ciascuno, in cui siamo stati ordinati presbiteri o diaconi. Lo siamo stati – non dobbiamo mai dimenticarlo – per partecipare, ciascuno secondo il proprio ministero e con i propri incarichi, alla missione di Cristo, che il Vangelo di Luca ancora una volta ci ha presentato. Con Lui, anche noi siamo mandati ad annunciare il Regno di Dio a tutti, in particolare ai poveri (e i poveri non mancano nella nostra società). Quel Vangelo che è anzitutto “buona notizia” per noi. Ma il Vangelo è “buona notizia” per ogni uomo e ogni donna, in particolare per coloro ai quali è indirizzato il nostro ministero”.Monsignor Redaelli ha quindi ripercorso “alcune parole e alcuni gesti presenti nella liturgia dell’ordinazione diaconale e presbiterale per prepararci a ciò che vivremo il giorno di Pentecoste in questa splendida basilica e per offrire a ciascuno qualche spunto di riflessione sul proprio ministero”.Tra i punti più incisivi, sicuramente il richiamo alla presentazione del presbitero o del diacono che con quel suo “Eccomi” esprime “tutta la persona di colui che sta per essere ordinato, con la sua umanità. Un’umanità per la gran parte ricevuta: non ha scelto di venire al mondo; non ha scelto i genitori; non ha scelto il luogo, la cultura, la lingua in cui nascere e crescere; non ha scelto la propria configurazione fisica e psicologica e così via.Se tutto questo non è stato scelto, significa che è dono. Un dono, però, affidato alla responsabilità di ciascuno. E così il presbitero e il diacono sarà una persona che, pur con i suoi limiti e le sue fatiche, saprà mettere a disposizione del Signore e della Chiesa un’umanità equilibrata, armoniosa, serena, aperta alla relazione o un’umanità immatura, infantile, autocentrata, instabile. Come sono ora a distanza di tanti anni da quell’eccomi, come è cresciuta la mia umanità?”, lo spunto suggerito dal vescovo ai presenti, per aprirsi alla riflessione.Redaelli ha poi ricordato come, nell’ordinazione, in realtà “non esiste quindi nessuna autocandidatura ma una richiesta da parte della Chiesa, che garantisce la “dignità” del candidato, e una “elezione” da parte del vescovo. Questo fatto è decisivo per la vita e il ministero del presbitero e del diacono e all’interno di tale realtà va vista la promessa di obbedienza […]Non ci può essere spazio per un ministero interpretato a propria immagine e quasi imposto al popolo di Dio”.L’arcivescovo ha quindi posto l’accenno sul cammino che, come Chiesa, stiamo tutti insieme compiendo verso il Sinodo: “C’è ancora della strada da percorrere e la delineazione definitiva di un percorso diocesano di iniziazione cristiana – “quarto cantiere” del nostro cammino sinodale di quest’anno – e la sua cordiale e progressiva attuazione in tutte le unità pastorali della diocesi, potrà essere un passo decisivo per i prossimi anni. Ma ringrazio il Signore, perché ci sono molti presbiteri e diaconi che cercano di vivere il loro ministero nella comunione e nella condivisione dei doni e per questo sono apprezzati dal popolo di Dio”.Monsignor Carlo si è quindi soffermato su alcuni aspetti della ritualità dell’ordinazione, tanto diaconale quanto presbiterale, quali la consegna del Libro dei Vangeli e l’imposizione delle mani sul capo dell’ordinando da parte di tutti i presbiteri, “Un gesto forte, che se non ha valore strettamente sacramentale, esprime però tutta la bellezza e la comunione del presbiterio”.L’omelia si è quindi conclusa anche con un pensiero di riconoscenza “ai presbiteri e diaconi che abbiamo conosciuto nella loro profonda dedizione al Signore e alla comunità cristiana e che ora sono presso Dio. Mentre li ricordiamo con grande affetto e riconoscenza – in particolare chi ci ha lasciato in questi ultimi dodici mesi: don Graziano Marini, padre Renato Ellero, monsignor Oscar Simčič, padre Emmanuele Maria Cortesi e, pochi giorni fa, don Diego Bertogna – sono convinto che possiamo confidare nella loro preziosa intercessione”.