Cent’anni fa l’inaugurazione del primo Sacrario Militare di Redipuglia

Sfogliando alcune vecchie riviste, una in particolare ha fermato la mia attenzione; riportava in parte la storia del primo Sacrario Militare di Redipuglia, solennemente consacrato il 24 maggio di cento anni fa. In verità, tutto era pronto per il 4 novembre del 1922, ma, pochi giorni prima, avvenne la “Marcia su Roma” e la cerimonia dovette essere rinviata ad una data che in qualche modo rievocava il primo conflitto. Ma vediamo come si giunse alla creazione del monumentale Sacrario Militare posto sul colle Sant’Elia, del quale oggi non rimangono che delle immagini sbiadite.Nel gennaio 1920 sorse l’ufficio Cure e Onoranze alle Salme dei Caduti in Guerra (C. O. S. C. G). al quale fu demandato il compito di sistemare tutte le aree ove si svolsero le battaglie della guerra per consegnarle, successivamente, alle autorità preposte. Subito dopo il conflitto quasi nulla era stato fatto sui campi di battaglia; erano state raccolte solo le armi, specie quelle più grandi; per le altre furono gli abitanti delle varie località pre-carsiche che si dedicarono al rastrellamento e al recupero dei metalli per rivenderli poi ai vari raccoglitori.Ai morti, alle molte centinaia di salme, non sempre raccolte in cimiteri, nessuno ci aveva ancora pensato. La pietà del singolo non era certamente bastevole, tanto più che cimiteri di guerra erano sparsi dappertutto e tombe di soldati singoli o raccolte in piccoli gruppi si  trovavano dovunque: presso le trincee, i camminamenti, le postazioni, ove la morte colse quei poveri soldati.Le autorità militari, visto il grande problema, riunirono un nucleo di esperti e volontari che si dedicarono principalmente alla ricerca dei resti mortali sparsi sul Carso, estendendosi, quindi, alla esumazione delle salme di quei cimiteri più lontani ed isolati, concentrando quei poveri resti in camposanti posti in luoghi più accessibili. Si pensava infatti che, con il definitivo ritorno alla normalità, i territori carsici avrebbero nuovamente favorito i pascoli e i piccoli cimiteri sparsi sul Carso avrebbero non solo intralciato l’allevamento ma, soprattutto, sarebbero stati irraggiungibili per quei parenti ed amici che avrebbero voluto portare un fiore sulla tomba dei loro cari.In soli tre mesi di lavoro, su tutto il teatro della guerra, furono sistemati ben 1746 piccoli cimiteri carsici; vennero soppressi 788 e costruiti ex novo 60. Ben 140.135 salme furono esumate e successivamente sistemate secondo i nuovi progetti.Chi all’inizio era preposto ai lavori non aveva certo pensato che un così grande numero di resti mortali di combattenti si sarebbe potuto riunire in così breve tempo fuori dai grandi cimiteri; dopo i primi tre mesi di lavoro sorse l’idea di risolvere in maniera più pratica il problema, soprattutto per dar modo ai parenti di raggiungere con maggior facilità le tombe dei loro caduti. Nacque così il progetto del grandioso sacrario riservato ai Caduti della III Armata nel quale avrebbero potuto trovare posto inizialmente circa 30 mila salme proveniente dal Carso.Non a caso venne scelta la collina del Sant’Elia a Redipuglia, anche se fu teatro di non molti e famosi combattimenti. La sua posizione, nei pressi di una grande strada, dove l’altipiano carsico degrada verso la pianura friulana, con lo scenario di Monte Sei Busi, S. Martino, S. Michele, Castelnuovo, era meravigliosa e poi, sulla cima del colle, vi erano ancora i camminamenti, le trincee e alcuni rifugi scavati sulla viva roccia: tutto fu lasciato intatto, a testimonianza della guerra appena vissuta. Si recintò un’area di 80 mila metri quadrati, si adoperarono per scavare i gironi 21 mila mine, per un totale di 5 mila chili di esplosivo, si fecero scavi per una lunghezza di oltre 22 mila metri. A lavoro finito il Sacrario si presentava a concezione dantesca, con le strade disposte a larghi circoli, che andavano restringendosi, verso la sommità, ove era stato eretto un faro alto 18 metri, tra le cui mura fu sistemata una cappella. Il piazzale antistante aveva 1.800 metri quadrati.I primi 30 mila resti di ufficiali e soldati, tra i quali circa 10 mila ignoti, trovarono sistemazione in tombe sparse per la collina, lungo i gironi. Sopra o accanto ad ogni tumulo si volle porre un cimelio, il segno di guerra con una dicitura, un richiamo, un aforisma che indicasse gli aspetti del conflitto e il grande sacrificio. Gran parte delle iscrizioni furono dettate da Giannino Antona Traversi, altre da Gabriele d’Annunzio, altre ancora da altri poeti.    Sui quattro pilastri all’ingresso furono scolpite altrettante frasi, una delle quali diceva: “Non curiosità di vedere, ma propositi d’ispirarsi, vi conduca”. Ma il vecchio ossario di Redipuglia era anche una curiosità, era un museo originale e se non fosse stato per le decine di migliaia di morti che raccoglieva nella sua “terra rossa di sangue, luminosa di gloria”, come diceva una delle epigrafi, ogni pellegrinaggio avrebbe potuto essere una visita istruttiva alla ricostruzione di un campo di battaglia, ad un angolo della terra ove erano stati raccolti cimeli ed armi accanto alle trincee ed ai camminamenti che furono testimoni delle battaglie.Si potrebbe elaborare un libro con le migliaia di frasi, tutte altamente significative, sparse lungo i gironi del vecchio sacrario, specchio di una guerra che le nuove generazioni forse non concepiscono neppure: una guerra fatta con le baionette, mazze ferrate, aerei di tela e legno, assieme a muli e cavalli; con i cannoni trainati a spalla sulle alte postazioni alpine o il sacrificio dei Fanti, l’impeto dei Bersaglieri, le cariche della Cavalleria, gli eroismi degli Alpini con i lunghi mesi trascorsi nel fango delle trincee con l’avversario a due passi oltre il reticolato; fortunatamente, oggi, questi fatti fanno parte solamente della nostra storia. Questo rappresentava il vecchio Sacrario di Redipuglia, ove anche i tanti ignoti, trovati nelle caverne o in cimiteri improvvisati ebbero la loro didascalia significativa.Sulla sommità del Colle, nella piccola cappella ai piedi del faro, per acquasantiera era stato adoperato un elmetto, i vasi dei fiori erano ricavati da grosse granate, l’altare posava su colonne scolpite nella pietra e raffigurante fasci di baionette: quattro affreschi alle pareti, raffiguravano la partenza, il giuramento, la vittoria, l’apoteosi.Alla solenne inaugurazione, avvenuta il 24 maggio 1923, presenziarono il Duca d’Aosta, i duchi di Bergamo e Pistoia, il maresciallo A. Diaz e il Presidente del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini. Nel posto d’onore si notano, oltre ai principi e ad alcune principesse, le autorità e i rappresentanti delle potenze alleate; lì vicino vi era l’avv. Romano, segretario generale dei Mutilati e Invalidi di Guerra; la sorella del poeta Giovanni Randaccio; Maria Bergamas, madre di Antonio disperso in guerra e madre del Soldato Ignoto tumulato nell’Altare della Patria a Roma; la marchesa Guiccioli, dama decorata della Croce Rossa; la contessa Maria Orlando Kaiser Parodi di Roma, madre della crocerossina sepolta nel Sacrario. Con il petto decorato della medaglia d’oro entrarono pure: la vedova Sauro per il marito Nazario; il prof. Cucchiari, insegnante a Vicenza, per il figlio soldato volontario caduto sul Podgora; la madre di Ugo Polonio di Trieste; la sarda Riva Villasanta Giorsuna che, dopo aver perduto il marito perdette anche, poche ore prima dell’armistizio, l’unico figlio; la vedova del generale Antonio Chinotto, la signora Feruglio Visentini per il figlio e altri.Dopo il Sacro rito e la benedizione impartita dal vescovo di Trieste mons. Angelo Bartolomasi, il discorso ufficiale venne tenuto dal comandante della III Armata Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, tornato per l’occasione tra i suoi soldati. Quando poi nel luglio del 1931 il Duca d’Aosta morì, fu sepolto assieme ai suoi compagni in una cripta della cappella in cima al colle.Ma il vecchio Sacrario di Redipuglia non avrebbe certo potuto resistere per molti anni alla distruzione provocata dagli agenti atmosferici. Erano infatti trascorsi appena 10 anni quando ci si accorse che il ferro delle armi e dei cimeli veniva divorato ogni anno più dalla ruggine e si pensò quindi ad una nuova sistemazione, più razionale e che soprattutto resistesse al tempo. Si volle che il nuovo Sacrario sorgesse più grande del precedente capace di ospitare i centomila caduti della III Armata raccolti in vari cimiteri posti in pianura e che fosse costruito in maniera da amalgamarsi con l’ambiente Carsico.