Seguire per sempre l’espressione di Cristo

Ci stiamo avvicinando rapidamente alla Pentecoste, giorno in cui Manuel Millo, nella Basilica di Aquileia, riceverà la sua ordinazione sacerdotale. Un passo importante, il compimento di un percorso che ha scelto e attraversato con consapevolezza.A pochi giorni da quest’importante momento, lo abbiamo raggiunto e ci siamo fatti raccontare i suoi pensieri e le sue emozioni.

Manuel, a ridosso della tua ordinazione sacerdotale, quali sono le parole che ti stanno guidando, cosa ha fatto da “faro” in questo tuo cammino?“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono nel mio nome schiacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno. Imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. (Mc16,15-18)Desidero partire da questo brano del Vangelo di Marco perché nel pensiero che vi riporto, e che mi conduce alle soglie del presbiterato, non posso non partire dal riflettere sulla Parola di Dio. C’è una Verità, che nel profondo ho sperimentato credendo al Signore e percependo la sua vicinanza nell’esperienza ecclesiale, che mi permette di essere saldo nella Fede: l’Amore di Dio.Questa mia fede non si riferisce meramente a qualcosa di supposto ma a una dimensione effettiva e concreta, sperimentata e realizzata attraverso l’umana carità e la Divina Misericordia in cui io pongo la mia fiducia.Ricordo che la riflessione offerta da Sant’Agostino sul Credo è stata per me fonte di ispirazione negli anni del seminario: “credere Deum, credere Deo e credere in Deum”: credere che esiste Dio come contenuto di fede, che si ha fiducia in Lui come persona viva, e che questo ci porta alla dimensione comunitaria come membra vive del Corpo di Cristo che è la chiesa.Di fronte a un mondo e un tempo che muta e si relativizza, costantemente alla ricerca di qualcosa di più, l’esperienza battesimale, l’immergersi nell’esperienza di Cristo, figlio di Dio – e attraverso quell’esperienza partecipare a questa figliolanza divina, che parla di carità e di speranza – mi ha sempre offerto la forza e la consapevolezza che nella mia debolezza posso fare una grande scelta di libertà: credere appunto in Dio, in Gesù e nei miei fratelli. Senza tutto questo cosa resterebbe davvero? Negli anni è sembrata quasi una scelta controcorrente.Essere cristiano e appartenere alla chiesa non è più ai nostri giorni una cosa ovvia e naturale. Molti cercano di condurre una vita dignitosa senza sovrastrutture religiose. Eppure in questo clima il dubbio e la ricerca meramente intellettuale non hanno fermato l’azione dello Spirito datore di vita, che rende la nostra interiorità chiarificata, che illumina le nostre capacità, non sempre così raffinate, all’intuizione di Fede.

Qual è stata in qualche modo la “scintilla” che ti ha fatto comprendere che questo sarebbe stato il tuo percorso?Da ragazzo che passava il tempo qui e là in parrocchia mi sono sempre chiesto quale fosse il vero bene, la vera bellezza che il nostro essere possa esprimere con quella semplicità genuina che parla con linguaggio universale.Devo ammettere che queste domande esistenziali non facevano certo parte di me fin da piccolo, ma con il passare delle stagioni e l’esperienza di relazione, quando mi sono imbattuto nei “passaggi stretti” dell’esistenza, l’incontro con le letture bibliche, a volte apparentemente casuale, hanno sempre avuto una concretezza  manifesta, che con cuore e intelligenza, si rendevano vivificanti, e passo dopo passo, tra momenti consolanti e altri di estrema delicatezza, mi hanno condotto davanti al fulcro della nostra dimensione celebrativa: l’Eucaristia.La grande domanda che per intere generazioni ci si è posti e su cui ancora oggi ci troviamo a offrire momenti di condivisione è: perché andare a messa? E poi seguono altri “leit motive”: che mediazioni ci servono? Quale linguaggio tutto questo fare rappresenta? È una sorta di Legge? Di costrizione preconfezionata?Nel momento in cui ci mettiamo in gioco e portiamo con noi tutto il nostro bagaglio con la fiducia di condividerlo, l’attualità del rito esprime la sua unicità: il culto dei cristiani non è meramente un servizio religioso domenicale. Ne parlo con la consapevolezza del pensiero agente che si è intrecciato alla Fede di una relazione concreta. Il cuore di questa esperienza è dunque un incontro vivo che si esplicita poi nella società umana, che trova espressione ogni giorno, che dà luce, bellezza, pienezza e manifesta l’ordine di tutte le cose, anche quelle che ci appaiono incomprensibili.  Onorare Dio Padre nella celebrazione eucaristica, nella sua potenza, sapienza e bontà, certo, per qualche scientista, potrebbe toccare il limite della follia. Quando ho percorso la testimonianza di San Paolo, nella lettera ai Romani, che richiama già da principio alla Misericordia di Dio, ho colto la grande ’’chance’’, la possibilità fondamentale di accedere e condividere la Grazia che è per l’uomo, ogni uomo, nella totalità della propria dimensione: spirituale e corporea. Chiedevo a me stesso, come ancora oggi i ragazzi chiedono a me, che valore allora ha tutto questo per il nostro cammino. Sono stato lontano nel moltiplicare degli istanti dai luoghi d’infanzia, peregrinando alla ricerca di senso, e quello che alla fine ho potuto cogliere è che “nessun uomo è un’isola” (T.Merton). La pienezza e la gioia costante di un rendimento di grazie vissuto comunitariamente è espressione di quella salvezza vivificante che il Corpo di Cristo esprime nella morte e risurrezione, fonte di integrità radicale e universale. È un a valore nuovo che rinnova e cambia tutta la storia dell’umanità.Il fare eucaristia e la vita di servizio mi hanno offerto e condotto alla consapevolezza che c’è una possibilità per tutti noi di grande conversione.La conversione principale, prima di tutto nella mia vita, è stata cambiare il punto di vista da ciò che pensavo fosse veramente importante: la realizzazione personale, tradotta nei grandi risultati e nei grandi numeri. Ma quali erano questi risultati e chi ero io veramente? I miei sensi mi avevano ingannato più volte perché avevo cominciato a guardare il mondo con occhi che in realtà non mi appartenevano del tutto; ascoltavo gli altri pensando che i giudizi ’’giudicanti’’ fossero determinanti per avere la felicità. Mi sbagliavo.Non è una questione di avere ma di essere felici in modo radicale e radicato. Dunque dov’era la radice? Avevo sempre sentito il desiderio di aiutare gli altri ma con un piccolo difetto di interpretazione: perché più cercavo di fare felici tutti e più sentivo un grande vuoto interiore, perché in realtà non solo mai tutti erano felici, ma pensare che questo possa essere esclusivamente il motore trainante dell’esistenza mi aveva portato a momenti di grande smarrimento, in un regno definito con l’ottica del vantaggio. A vantaggio di chi o che cosa spendo tutta la vita?

Quale “missione” senti che ti sia stata affidata?“Quando ero bambino pensavo da bambino”; ma non solo, non capivo e non avevo chiaro cosa davvero significasse la gratuità di un gesto; poi sono cresciuto e ho capito i gesti di Gesù, compiuti come ad esempio nell’ultima Cena; essi esprimevano qualcosa di straordinario e sconvolgente, oltre ad essere ancor oggi nel nostro tempo qualcosa di inatteso, parafrasando le riflessioni di Sant’Agostino.L’amore di Gesù nella donazione di sé verso tutti, senza immaginare alcuno e senza attendere nulla da nessuno, mi hanno nel tempo diametralmente trasformato; anche se, come successo ai discepoli, a stento riuscii a comprenderli in un istante.Nella libertà, dono, cifra e carattere distintivo della nostra dimensione umana, Gesù sceglie l’obbedienza filiale al Padre: amare fino alla fine, ecco la missione ricevuta. È’ questo amore anche per me è diventata la chiave di volta per comprendere il cambiamento che il mio intelletto faticava a comprendere.Gesù invita me e i miei fratelli a fare altrettanto, senza sotterfugi o scappatoie. San Paolo ancora, nella lettera ai Filippesi, parla di “Kenosis”, di quello svuotamento di sé per ritrovare veramente se stessi.E ancora la capacità, anche nell’episodio del vangelo di Giovanni, della lavanda dei piedi, di essere servo e umiliare sé stesso, senza dissolvimenti, è la più grande lezione che mi sia stata impartita da questo Maestro ’’fuori dal coro’’.Per anni guardando la croce rimanevo colpito ma non riuscivo a delineare il senso evidente di quel gesto. Poi attraverso la partecipazione ai sacramenti e alla vita della Chiesa, espressione di Gesù nelle persone che la compongono, i passaggi cruciali, senza rigorismi o necessità, dimostravano tutta la forza, la potenza e la  giustizia di una incomprensibile Verità: la passione e la morte sì ma come passaggio verso la risurrezione; la croce diventa chiaro segno del dono di amore che Dio fa attraverso Gesù per aiutare a purificare quelle esperienze egoiche che creano incomprensibilmente divisione alla fratellanza universale . Quell’umiliazione libera l’uomo moderno dagli atti di superbia che portano potenzialmente ognuno di noi a perdere il sentiero della vera esistenza.Tutti gli atti compiuti da Gesù esprimono nella mia vita non solo il grande valore umano ma anche quello teologico, perché essi si compiono in un tempo e in uno spazio che diventano sacri. E questa nuova sacralità mi offre la comprensione profonda che l’istituzione di un nuovo sacerdozio a cui poter partecipare diventa continuità per la memoria perenne del mistero di salvezza. Un mistero che diventa Luce nelle tenebre del mondo e che ci permette di accogliere il Vangelo di Cristo.I sostenitori del determinismo, anche a livello ontologico, – come ad esempio Spinoza, Locke, Bayle per arrivare a Diderot e Voltaire- affermano la tesi che la libertà del volere sia solo un’illusione dovuta all’ingannevole esperienza soggettiva e che non possa esistere una volontà libera; se così del tutto fosse non ci sarebbe però responsabilità morale.Gesù esprime una scelta determinante nel seguire la volontà del Padre ed è proprio questa scelta a renderlo libero (nell’Etica Eudemia, per esempio, Aristotele pone in evidenza il carattere di volontarietà, scelta e libertà, che sottolineano la caratterialità morale di un soggetto al contrario di un’azione involontaria compiuta sotto costrizione o per ignoranza- Libro III Etica Nicomachea).

Ci sono stati forse anche dei momenti in cui ti sei sentito più fragile, momenti in cui ti sei messo in discussione?Spesso penso ancora da dove venga questo profondo desiderio di diventare sacerdote. Ho cercato risposte camminando lungo il mare della mia città natale, guardando l’orizzonte alla ricerca di un consiglio e per trovare un momento di silenzio in cui semplicemente essere me stesso di fronte a quei luoghi in cui sono cresciuto.Non so bene descrivere come l’idea di diventare un prete sia nata nella mia coscienza; forse è proprio un mistero, come se l’istinto a un certo punto della vita mi avesse suggerito di seguire questo cammino. Non sempre facile. Devo ammettere però che la provvidenza di Dio, la sua capacità di portare il mio ascolto consapevole verso la sua silente, pur evidente azione, mi ha salvato.Dopo moltissime vicissitudini ho ritrovato la strada che avevo smarrito, specialmente accostandomi come raccontavo all’inizio, alla parola di Dio.Nel momento di maggior smarrimento della vita il consiglio che ha illuminato il mio pensiero e la mia azione è arrivato attraverso uomini e donne di Fede che hanno saputo essere testimoni in ascolto e in azione.  Quando aprivo la Bibbia e mi soffermavo sulle esperienze dei profeti capivo che Isaia, Geremia, Ezechiele, Osea, Amos diventavano concreta fonte di ispirazione per il presente; così come quelle figure conosciute fin da bambino, di cui i catechisti della mia parrocchia mi raccontavano le loro vicende (Abramo, Mosé, Giosuè, Davide) e io con grande spensieratezza le ascoltavo.Nel tempo e nel discernimento ho capito soprattutto una cosa, che la chiamata non è una pretesa del singolo ma esprime la gratuità con la quale il Signore intende affidare la missione che lui stesso ha scelto; in forza di questa chiamata è necessario lasciare tutte le occupazioni per mettersi al servizio della missione sapendo affrontare imprevisti e probabilità con occhi nuovi.Devo ammettere che solo attraverso la grazia di Dio ciò è diventato possibile e presente nella mia vita.Dio si presenta sempre al di fuori dei nostri schemi; spesso non capisco la sua volontà ma allo stesso tempo perché sono più volte caduto nell’errore di aspettarmi che lui parlasse secondo le mie aspettative.Poi ho colto, a volte con grande impegno e sforzo, che le mie idee erano come un faro nella notte che alla fine ti impedisce di contemplare il cielo stellato. Dio ci ascolta sempre, però i tempi e i modi li sceglie lui soprattutto nelle situazioni, negli eventi e nelle persone meno aspettate.È una questione di ascolto, orientamento e azione.

Come ti stai preparando in questi ultimi giorni prima dell’ordinazione e quali sono le tue emozioni, i tuoi desideri?Prima di fare e soprattutto di dire qualcosa ricordo che chi era più grande di me in parrocchia mi suggeriva di pensare a come Gesù avrebbe detto e soprattutto fatto. Oggi di fronte agli accadimenti dell’esistenza continuo ancora a pensare alla sua esperienza.In questi anni di preparazione, vissuti tra seminario e parrocchia, con tutti gli accadimenti del quotidiano, ho sempre considerato l’importanza della preghiera e il rispetto del silenzio in cui Dio possa rispondere. Sono pienamente consapevole che Essere “uomo di Dio” implica il dover comprendere il primato della Grazia nella mia esistenza e la disponibilità ad aprire sempre il cuore ad essa. E nella dimensione della verità di cui parlavo all’inizio ricordo che Romano Guardini scriveva:”la verità si dice in direzione dell’altro, perciò chi dice ed esprime la Verità deve sentire che cosa provoca nell’altro”.E ancora San Paolo nella lettera agli Efesini, quando parla ed esprime il concetto di verità lo fa nella misura in cui non è solo un fare o dire ma diventa “l’essere la verità attraverso la rappresentazione dell’amore”. Mi auguro nello svolgere il ministero sacerdotale di seguire per sempre l’espressione di Cristo, fonte di Speranza e origine di Salvezza, da comunicare attraverso la Carità e condividere costantemente per il bene del mio prossimo.