“Ma chi ti credi di essere?”

Pur avvicinandosi ufficialmente il tipico lento periodo estivo, con i bambini a casa e i genitori in attesa di qualche giorno di riposo, le notizie politiche, sociali ed economiche non solo non stanno diminuendo ma addirittura stanno prendendo la rincorsa in un susseguirsi frenetico. Non si fa in tempo a farsi un’idea su un fatto che già la notizia dopo si affaccia in un continuo tam – tam fra Pnrr, politica interna, diritti, etc.Sembrano lontani i tempi in cui le città si spegnevano, i tempi si rallentavano e i negozi abbassavano le saracinesche; anni in cui d’estate l’opinione pubblica prendeva fiato sui giornali scandalistici per inseguire notizie leggere.Seppur bombardati da informazioni da prima pagina, fanno però sempre più capolino notizie di cronaca “rosa” tra cui numerose confessioni di coppie “scoppiate”: matrimoni illustri dove personaggi famosi raccontano la fine del loro amore in un susseguirsi di ragionamenti, spesso esposti insieme e già digeriti da un’accurata psicanalisi, che vengono dati in pasto ai media quasi a normalizzare l’accaduto come evento imprevedibile, fisiologico, evoluzione civile di quello che una volta era un unico progetto di famiglia.Premesso che non si rimpiangono certo i tempi della “Guerra dei Roses” e né quelli dei “panni sporchi si lavano in famiglia” che per tanti anni hanno celato violenze e sopraffazioni domestiche, però questa narrazione fabiesca dei matrimoni che naufragano non convince per nulla.E’ come se la pacatezza del racconto e le nuove promesse che da “io per te ci sono sempre” diventano “io per te ci sarò comunque”, mostrassero quello che i protagonisti vorrebbero che fosse una separazione (una sorta di inevitabile evoluzione fatalistica umana) rispetto a quello che è davvero (una voluta divaricazione del quotidiano e degli obiettivi di vita).Per quanto sia positivo l’aspetto dell’esposizione civile dei fatti, da queste notizie però resta più la discrepanza tra il simulato e il dissimulato: nel migliore dei casi sforzo di postuma correttezza e nel peggiore ipocrita bugia di chi vuole fare bella figura (e semmai guadagnarci sopra).Poi però qualcosa va storto e, solitamente dopo poco, si inizia ad intravvedere il retro della copertina patinata dove invece del sodalizio matura l’odio, il livore, il risentimento, il tradimento e la rivalsa di uno sull’altro: sentimenti catalogati certamente come negativi ma sicuramente più credibili dello stucchevole racconto fatto fino a quel momento. Una discromia di narrazioni che contrappone quello che vorremmo che fosse la vita da quello che è e, analogamente, anche quello che noi vorremmo essere rispetto a quello che siamo.Noi non siamo (o non siamo solo) quello che raccontiamo: quella è l’immagine desiderata del nostro riflesso.Ma l’essenza, la natura, la vita vera è quella che inizia dopo la nostra narrazione, quando cioè ci ritroviamo fallibili, spesso imbruttiti, fragili di fronte alle difficoltà della vita. E’ bene ricordarlo in mezzo a tanta pienezza e filtri usati per artefare i nostri racconti. Se non altro, per non coltivare la brama della perfezione, arrogantemente giudicante, opposta alla necessaria dovuta comprensione, e solidarietà, delle debolezze dell’altro.