Una scuola senza voti

C’è una proposta interessante che circola nel mondo della scuola ed è quella di eliminare definitivamente i voti “la scuola va cambiata, e se non si cambia dall’alto, ci proviamo dal basso” queste le parole dei professori del liceo Cannizzaro di Palermo che dal prossimo anno scolastico inaugureranno una sezione, appunto, senza voti. Un esperimento in realtà non isolato e già avviato in altre scuole d’Italia. “Una scuola senza voti e bocciature ci sembra inimmaginabile ma, a ben pensarci, non è poi tanto assurda: dovremmo chiederci quanto stress avremmo evitato se fossimo andati a scuola non con l’ansia dell’interrogazione ma per il piacere di imparare? Quanto è utile una scuola che ci abitua a pensare al fallimento come a qualcosa di inevitabilmente negativo, che rallenta il nostro percorso o addirittura ci fa perdere un anno?”Lo sforzo di valorizzare la funzione pedagogica è senz’altro positivo in un contesto dove spesso pare essersi persa la bussola educativa ed i ruoli formativi. D’altronde si è sempre saputo essere la curiosità e il piacere le chiavi dell’apprendimento generale e, soprattutto, della maturazione emotiva degli alunni. Riscoprirle quindi non potrà che portare effetti positivi su tutta la comunità scolastica, docenti e studenti insieme, i primi nel ritrovare un senso al loro mestiere e i secondi maestri più motivati con un conseguente maggiore apprendimento. Questo pare essere l’unico, seppur non marginale, aspetto peculiare di questa proposta, ritrovare cioè quell’empatia relazionale in classi troppo spesso inaridite da difficoltà sistemiche.Quanto invece alla bontà dell’alleviare lo stress da risultato, pare doveroso porsi qualche domanda ulteriore sul ruolo della scuola, se questa sia solo culla di crescita giovanile o anche palestra del mondo adulto. Proteggere i giovanissimi allontanandoli dalle reali dinamiche del mondo sociale ed economico ove esistono non solo giudizi, ma anche le competizioni, le scorrettezze, le ingiustizie e lo stress, forse qualche dubbio lo pone in una sperimentazione che pare poco equilibrata nel soppesare tutti gli obiettivi di una scuola (di formazione sì ma anche di preparazione alla vita).Forse l’ansia derivante dalla ricerca della sola performatività (con una continua esaltazione dei casi non solo migliori ma quasi surreali) ha saturato per troppo tempo i corridoi scolastici (e le narrazioni dei media locali e nazionali) che ad oggi si dà per scontato che la cura necessaria sia l’esatto opposto: un eccesso che chiama altro eccesso. Sembra quasi ripercorrere quei casi familiari dove genitori figli di educazioni severissime si tramutano, per i propri figli, in amici, privandoli di regole, richiami e sottrazioni. Un contrappasso pericolosissimo votato solo al cambiamento più che alla bontà del cambiamento.Del pari la scuola, forse consapevole dell’essersi distanziata dal benessere dei propri alunni, ha ora un rigurgito di generalizzata accoglienza: che sia depennato il termine “fallimento” e che i ragazzi non lo scoprano mai. Ma questa è una farsa, pericolosa tra l’altro perché si rischia di non attrezzare mai i giovani alle cadute. Che siano educati invece a saper gestire gli insuccessi, i rifiuti e anche i voti negativi e che qualcuno glie lo dica che il mondo, fra mille meraviglie, è anche questo.

(foto: ANSA/SIR)