Arrivederci Generale

Non ricordo il giorno preciso che me l’hanno presentato, ma ricordo che mi chiamò affettuosamente “signorinella bella” e così era: io una giovanissima studentessa e lui già un imprenditore affermato dai modi, sempre conservati, di galantuomo del sud.Negli anni ci conoscemmo: lui la mia irrequietezza (cosa che ci feceva litigare e divertire) e io il suo potere (alla sua corte si accalcavano sempre decine di persone per offrire servizi o chiedere favori).Non ho memoria di averlo mai visto solo: sia che lo si stimava che criticava, lui era un passaggio obbligato per molti e per molto.Una volta, nel suo ufficetto sulla sinistra dell’ingresso della Nova Salus, pattuimmo di collaborare per alcune consulenze d’azienda e a me, grazie al supporto delle sue Aziende, si affidarono centinaia di aziende pubbliche e private.Non avevo neanche 25 anni ma mi bastava il suo lasciapassare “Trattala come tratteresti me” che ricevetti credito e fiducia.Guai dimenticarsi degli inizi, che sia dannata l’irriconoscenza!Io ero da poco rientrata in città dagli studi bolognesi che ovunque mi accolse un muro di “no”.Lui invece mi diede un’opportunità, io in cambio la mia serietà e tanta voglia di crescere. E così fu.Sono passati gli anni e da “signorinella bella” sono diventata la “figlia di Oscar” (il Colonello, suo braccio destro per oltre un ventennio), “Annarita” (fino ad allora così mi chiamavano solo in famiglia) e infine “l’Avvocato”.Parlare con lui era ossigeno per i sognatori, un visionario seppur estremamente cauto e prudente.Un attento conoscitore dei fatti e della gente, indulgente verso le debolezze, mai secondo a nessuno, gentile con tutti. Nel giro di qualche decennio la sua azione imprenditoriale si affermò non solo a Gorizia ma anche a Monfalcone, Grado, Gemona, Udine, Trieste, Cervignano… c’era davvero qualcuno che nel settore non lo conosceva? Impossibile.Fu eletto Presidente dell’Anisap, l’Associazione delle strutture private sanitarie della Regione, con una leadership che lo avrebbe voluto Presidente di qualunque cosa toccasse. Rassicurava e decideva, un’attitudine naturale.Nei momenti di difficoltà, che appena potevo gli condividevo, mi diceva che “solo chi non fa non sbaglia mai” e detto da lui, che di cose fatte, tentate o auspicate ne annoverava a centinaia, mi sentivo consolata nel profondo ed incoraggiata a riprovarci.D’altronde quante volte l’ho visto desistere da un progetto, modificarlo o, se costretto, rinunciarci: dall’alto della sua caratura imprenditoriale dava esempio di essere flessibile come giunco, mai rigido nelle posizioni. Lui era così, gli altri si arrabbiavano ma lui no, ti invitava sempre ad un caffè riparatore dopo una passeggiata a passo lento fatta a braccetto. Mi diceva “Uè, Annarita, ma a te che te ne fotte?” (con chiara cadenza partenopea) e noi ridevamo, anche se senza di lui io non ce l’avrei fatta a ridere, a soprassedere.Ma lui era così, invitava a saper scegliere.E’ stata una mente brillantissima in un corpo che negli ultimi anni lentamente sfioriva. Un uomo fuori dall’ordinario che ora vive nella figlia Antonella, il suo più simile frutto, e nei due nipoti che hanno ereditato i tratti, la pelle, la fisionomia del nonno (e della nonna, la compianta signora Bruna).Lo so che la morte rischia di santificare a prescindere, e forse anch’io ho peccato di essere caduta in questo tranello, ma nel suo caso trovo doveroso fare la tara tra quello che deve essere conservato e quello che non serve più.Ce la dobbiamo tutti questa reciproca solidarietà umana, se non altro perché consapevoli che gli errori stanno alla vita tanto quanto le virtù.E, se non altro, davanti alla morte.Arrivederci Generale Nicola Apa.