Una sostenibilità globale: sociale, relazionale e spirituale

In occasione della “Festa di Avvenire”, svolta a Grado a giugno, è stato ospite dell’isola del sole, mons. Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Nel corso della serata il tema al centro della discussione sono stati i “Nuovi paradigmi dello sviluppo sostenibile alla luce della Laudato si’”. Temi attuali e importanti, ripresi da mons. Galantino, nelle risposte a queste domande.

Il concetto di “Sviluppo sostenibile” è diventato fondamentale per l’ambito imprenditoriale, per le aziende cioè, per il settore agricolo, ma anche per lo sviluppo urbano e per diversi modelli di sviluppo economici come, ad esempio, l’economia verde o l’economia circolare. La crescita o è sostenibile o non può essere considerata “vera crescita”. Partiamo da qui con alcune semplici domande: in quale direzione stiamo andando? A vantaggio di chi?Siamo tutti consapevoli che “”Sviluppo sostenibile” è diventata una nozione fondamentale per l’ambito imprenditoriale, aziendale, per il settore agricolo, per lo sviluppo urbano e per diversi modelli di sviluppo economici come, ad esempio, l’economia verde o l’economia circolare”.In quale direzione stiamo andando? A vantaggio di chi? E… quali strumenti/procedure garantiscono una crescita e uno sviluppo davvero sostenibili?Non ho elementi sufficienti per affermarlo con certezza. Ma non mi sembra che quanti – e sono tanti! – parlano di sostenibilità condividano tutti lo stesso campo semantico di questa parola. E soprattutto, non so quanta consapevolezza vi sia in quanti parlano di sostenibilità che la sostenibilità non va raccontata. La sostenibilità va praticata, attraverso scelte precise e coerenti. A questo proposito, sento di condividere in pieno l’osservazione che Giovanna Melandri ha affidato al suo saggio, Per un’economia e una finanza generativa. “Veniamo da decenni di cultura liberista e individualista. In cui finanza e impresa hanno agito in un orizzonte di dittatura del profitto e di nichilismo. Due dimensioni hanno contato davvero: il rischio, da limitare al massimo, e il rendimento da massimizzare, costi quel che costi. Cosa produrre, quanto guadagnarci. Oggi più che mai va incorporata una terza dimensione: l’impatto complessivo generato”2.. Un impatto positivo, generato e misurato, “che coglie e introduce nel linguaggio dell’economia e della finanza – ma io aggiungo, in tutti gli ambiti – la cura del pianeta, del creato, degli altri, delle relazioni”3 . In fondo, viene invocato per la finanza – ma vale, come dicevo, anche per altri settori – un nuovo paradigma, che faccia propria la cura del pianeta, del creato, degli altri e delle relazioni.  Questo nuovo paradigma, per quel che mi riguarda, è l’altro nome della crescita sostenibile. Ritengo sia l’unica strada da percorrere se non si vuole che al tema della sostenibilità tocchi la stessa sorte che è toccata e continua a toccare al tema dell’etica. C’è ancora chi ritiene che il tema dell’etica sia una sorta di appendice o di posticcio che viene messo in cappello o nelle conclusioni. Come le considerazioni dell’etica nel discorso economico devono scaturire dall’interno delle categorie economiche, formando un tutt’uno con esse, così è della sostenibilità. Detto in maniera brutale, non sarà mai seriamente impegnativo e vero un discorso sulla crescita sostenibile finché la sostenibilità non entrerà a far parte dei paradigmi di crescita. Finché non si capirà che la vera crescita non c’è se manca la sostenibilità! Un’ultima e indispensabile annotazione riguarda la differenza tra crescita e sviluppo.La crescita economica è intesa come l’evoluzione positiva del tenore di vita di un territorio, generalmente paesi, misurata in termini di capacità produttiva della sua economia e del suo reddito entro un determinato periodo di tempo. In altre parole, l’evoluzione positiva di una serie di indicatori, come il PIL, che mostrano che la produzione e, quindi, il reddito della popolazione cresce nel tempo.Lo sviluppo economico sostenibile è un concetto che si riferisce alla capacità di un Paese di generare ricchezza. Tuttavia, questa crescita deve riflettersi nella qualità della vita degli abitanti. In altre parole, lo sviluppo deve essere percepito con una speranza di vita più alta, una minore disuguaglianza economica, una riduzione totale della povertà, nonché il comportamento favorevole di un’altra serie di variabili di cui la crescita non tiene conto.

Dovremmo poi chiederci, per entrare davvero dentro le cose, quali strumenti e procedure garantiscono una crescita e uno sviluppo davvero sostenibili: non le sembra che spesso le parole siano invece vuote? O strumentali (greenwashing = strategia di comunicazione)?Intanto, chiariamo che, pur essendo abbastanza diffuso il greenwashing è la strada assolutamente sbagliata e ingannevole che in tanti stanno percorrendo. Greenwashin è, in fin dei conti una strategia di comunicazione ingannevole. Fatta di parole d’ordine che dietro hanno poco o niente. E comunque non sono interessate a verificare fino in fondo le conseguenze di certe scelte. Ignorando che “sostenibile” è la crescita che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità per le future generazioni di soddisfare i propri bisogni4 . Non è un caso che la parola sostenibilità derivi dal latino sustinere, col significato di sostenere, difendere, prendersi cura; ma anche mantenere o prolungare. La radice latina della parola sostenibilità obbliga a definire i paradigmi che assicurano una “crescita sostenibile”. Obbliga a decidere – in nome della sostenibilità – chi sostenere e difendere, di chi prendersi cura; ma anche quali atteggiamenti mantenere e prolungare per essere sicuri che si sta camminando verso una crescita sostenibile.

Ma di quale sostenibilità parliamo, dal momento che esistono più di cento definizioni diverse di essa? In occasione dell’evento “Economy of Francesco”, papa Francesco ha detto ciò di cui oggi dovremmo tutti essere convinti. “La sostenibilità, poi, è una parola a più dimensioni. Oltre a quella ambientale ci sono anche le dimensioni sociale, relazionale e spirituale”, disse il 24 settembre 2022. Proseguendo, papa Francesco ha spiegato il senso del carattere multidimensionale della sostenibilità.”La sostenibilità sociale incomincia lentamente ad essere riconosciuta: ci stiamo rendendo conto che il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido (cfr Enc. Laudato si’,49). Pertanto, quando lavoriamo per la trasformazione ecologica, dobbiamo tenere presenti gli effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà. Non tutte le soluzioni ambientali hanno gli stessi effetti sui poveri, e quindi vanno preferite quelle che riducono la miseria e le diseguaglianze. Mentre cerchiamo di salvare il pianeta, non possiamo trascurare l’uomo e la donna che soffrono.Non possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino dall’opinione pubblica le antiche e sempre attuali calamità dell’ingiustizia sociale, anche delle ingiustizie politiche”.A proposito, poi, della sostenibilità relazionale, il Papa afferma: “…in molti Paesi le relazioni delle persone si stanno impoverendo. Soprattutto in Occidente, le comunità diventano sempre più fragili e frammentate. La famiglia, in alcune regioni del mondo, soffre una grave crisi, e con essa l’accoglienza e la custodia della vita. Il consumismo attuale cerca di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate le solitudini sono un grande affare nel nostro tempo! -, ma così genera una carestia di felicità”.

E che valore ha oggi il capitale spirituale e quindi la ricerca della sostenibilità spirituale?A proposito della sostenibilità spirituale, il Papa afferma: “L’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, prima di essere un cercatore di beni è un cercatore di senso. Noi tutti siamo cercatori di senso. Ecco perché il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia. Il nostro mondo sta consumando velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà popolare … C’è un urgente bisogno di ricostituire questo patrimonio spirituale essenziale. La tecnica può fare molto; ci insegna il “cosa” e il “come” fare: ma non ci dice il “perché”; e così le nostre azioni diventano sterili e non riempiono la vita, neanche la vita economica”.Finora, in un modello di crescita tradizionale, diciamo, due dimensioni hanno contato davvero: il rischio, da limitare al massimo, e il rendimento da massimizzare, costi quel che costi. Oggi si è cominciato finalmente a incorporare una terza dimensione: quella dell’impatto complessivo generato. Soprattutto in finanza. Dal suo osservatorio, che definizione dà di investimento ad impatto?La impact economy “mette al centro della generazione del valore non più la massimizzazione del profitto, ma piuttosto l’impatto complessivo generato”6 (pp. 43s).Potrà muoversi su questa strada e ritagliarsi un preciso ruolo nell’attuale mondo della finanza soltanto seguendo quelle che a me piace considerare come le tappe di questa di una vera e propria Impact revolution. Così come le descrive Giovanna Melandri nel già citato suo saggio “Per un’economia e una finanza generativa”.- Passaggio dal modello estrattivo a un modello generativo (p. 43). Soprattutto in presenza di ciò a cui stiamo assistendo da qualche decennio a questa parte. E cioè che è sempre più spesso l’offerta a generare la domanda e non viceversa, come sarebbe naturale.- Formare gente capace di “portare i valori che spesso animano le non profit, il mondo della cooperazione sociale e del mutualismo nel cuore dell’economia di mercato, e introdurre una correlazione positiva tra rendimento (auspicabile e giusto) e impatto sociale e ambientale”. (p. 48).- Passare dalla ricollocazione quantitativa alla ricollocazione qualitativa (p. 52).- Liquidare una buona volta la dicotomia tutta ideologica, quasi una polarizzazione tra profit e non profit (p. 53).- Sostenibilità (p. 54)8, ricordando quanto ha detto (24 Settembre 2022)  papa Francesco: “La sostenibilità è una parola a più dimensioni. Oltre a quella ambientale ci sono anche le dimensioni sociale, relazionale e spirituale”.Ancora oggi e nonostante i dati riconosciuti e pubblicati, vi sono operatori che ritengono la finanza sostenibile un limite alla profittabilità degli investimenti. – Ridefinizione dei criteri che caratterizzano i bilanci d’impresa, che “includano la misurazione d’impatto, superando il dibattito economico, filosofico e politico del secolo scorso” (p. 55).- Coltivare la consapevolezza che, quanto si è detto fin qui è una questione politica. Della migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo – scrive papa Francesco nella Lettera enciclica Fratelli tutti – “la politica spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso” (n. 154).   Nella scelta della migliore politica come strada per lo sviluppo di una società fraterna, papa Francesco – annotava Zamagni pochi giorni dopo la pubblicazione dell’enciclica – “dimostra di capire quello che molti intellettuali e professori non comprendono. I problemi che lamentiamo derivano da regole del gioco sbagliate, così come sono sbagliate le istituzioni economiche, finanziarie e politiche. Solo la politica può correggere questi mali”.- Tutto questo fa della impact economy qualcosa di concreto e di generativo; e non una pratica “aleatoria e impalpabile” (p. 60. 66).- Rovesciare la dittatura del profitto, come afferma Ronald Cohen (p. 67).

Che valore ha invece la “fraternità” per una crescita sostenibile? Parto dal titolo di un libretto del filosofo francese Edgar Morin, pubblicato in Italia nel 2020.La fraternità, perché? Si domanda in uno dei suoi ultimi libri E. Morin. La risposta la dà lo stesso filosofo francese la fraternità “per resistere alla crudeltà del mondo”10. Crudeltà del mondo e l’imbarbarito vocabolario delle relazioni sono l’amaro conto che ci va presentando, giorno dopo giorno, la cosiddetta globalizzazione. Con un cinismo che tende a rendere sempre più marginale o a caricare di sterile utopismo la parola “Fraternità”. La fraternità della quale parlano E. Morin e papa Francesco non è riducibile a un generico e poco esigente affetto tra fratelli. La parola fraternità – da frater, a sua volta derivata dall’antica radice indoeuropea *bhtar – aveva il significato di “sostenitore” o “protettore”. Sicché fratello è letteralmente chi avverte come suo il compito di sostenere, proteggere e custodire.Con questo significato la parola fraternità è entrata a far parte del famoso trittico della Rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité. Espressione di un umanesimo completo. L’ordine postrivoluzionario ha però di fatto marginalizzato la fraternità dal lessico politico-economico, fino a cancellarla. Nella Enciclica Fratelli tutti, papa Francesco si chiede: “Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia” (n. 103). Allo stesso modo, l’uguaglianza, senza la fraternità rimane un valore astratto. L’una e l’altra hanno una sola strada da percorrere se vogliono continuare a essere ispiratrici di un nuovo umanesimo: accettare di accompagnarsi costantemente con la fraternità, che E. Durkheim e M. Mauss mettono sullo stesso piano di una “mistica secolarizzata”.

Qual è secondo Lei il ruolo dell’economia civile nella società attuale? Intanto, a cosa ci riferiamo quando parliamo di “società attuale”?Chi osserva la nostra società penso possa condividere quanto ha scritto Giovanna Melandri in un suo recente saggio: “La casa brucia, la violenza ecocida avvampa, la follia antropocentrica calpesta la mescolanza tra diversi e tra specie”11 .  Insomma, è una società, e di conseguenza, un mercato al quale sta mancando un cuore12 . Per cui, bisogna decidersi, una buona volta, ad andare oltre il “Sacro Graal della finanza capitalistica mondiale”13 , mettersi sulla strada di una coraggiosa discontinuità e spendersi per realizzare una rivoluzione gentile e responsabile14. Come quella messa in atto dalla cosiddetta “economia civile” e, per quel che mi riguarda, dalla stessa Impact economy.Fermo un po’ la mia attenzione sull’economia civile! Cosa rende “civile” l’economia?Con un occhio rivolto alla storia dell’economia, si può dire che, per essere “civile”, l’economia deve superare lo sterile dibattito e le prassi derivanti dalla concezione neoliberista e da quella neostatalista del mercato, dell’economia, della finanza e dello stesso welfare. Il neoliberismo vede nel mercato l’unica strada capace di risolvere i mali sociali, attraverso l’efficienza e la creazione di ricchezza. In questo contesto si incontra la tesi del cosiddetto il tema dello “sgocciolamento” a valle del denaro dei ricchi come soluzione quasi automatica al problema delle diseguaglianze- Papa Francesco contesta con forza questa … trovata.  E ricorda che dalle tasche dei moderni paperoni non trabocca e non sgocciola proprio nulla per i poveri15 .L’altra concezione che anima il dibattito è il neostatalismo. Questo mette in luce e cerca di contrastare le logiche disumanizzanti di un mercato, visto come luogo di sfruttamento e di sopraffazione. Da entrambi i modelli economici sono assenti socialità, reciprocità, fraternità e fiducia. È assente la centralità della persona ed il rispetto dei luoghi e delle relazioni. Esperienze che l’economia sociale, ispirandosi tra gli altri all’economista Antonio Genovesi, ritiene non solo possibili ma indispensabili per una economia che voglia mettere davvero al centro i bisogni, le attese, i desideri e le relazioni delle persone16.Un’ulteriore considerazione sul ruolo dell’economia civile la ricavo dal contributo che papa Francesco sta dando, partendo dalla constatazione – guardando alla crisi che caratterizza la nostra epoca –  che “non ci sono due crisi separate: una ambientale e una sociale; bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” (Laudato si’, 139). Dalle analisi sull’andamento dei flussi finanziari durante i periodi di crisi, abbiamo imparato che, accanto a sguardi e scelte di grande respiro capaci di mettere la persona al centro, si sono moltiplicati, nel mondo della finanza e dell’economia, processi in favore di interessi occulti o sfacciati, sempre più forti e predominanti. Abbiamo imparato che a rendere buoni o cattivi il denaro e la ricchezza sono state e continuano a essere le scelte, le azioni e la qualità dei progetti che si mettono in campo con il denaro e con la ricchezza. Insomma, la differenza la fanno le scelte e gli obiettivi che le ispirano. E le scelte dell’economia sociale sono fin troppo chiare. Le riassumo in un principio di fondo, in base al quale: va definitivamente abbandonata “la logica dei due tempi, secondo cui prima ci deve essere la massimizzazione dei profitti e poi, una volta ottenuti i risultati, c’è spazio per la filantropia”17 .

Quale è l’approccio economico, il paradigma economico, se così vogliamo dire, del Vaticano?Il Vaticano non ha una scuola specifica di economia. D’altra parte, sono ormai numerosi gli interventi, soprattutto di questo Pontefice, che vanno nella direzione di quanto detto fin qui, sulla economia civile e sulla Impact economy. Un esempio per tutti è il mondo di giovani economisti che si sta muovendo intorno alla cosiddetta “The Economy of Francesco”.Quella che chiamiamo “Economia di Francesco” entra a pieno titolo nel percorso di rinnovamento che il Papa va indicando alla Chiesa, e non solo. Già nella Evangelii gaudium (24 novembre 2013), qualche mese dopo la sua elezione, sono presenti i termini che poi rientrano in quella che è stata chiamata “Economia di Francesco”. Cito, per tutti, un passaggio: “Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. Altre volte accade che queste parole diventino oggetto di una manipolazione opportunista che le disonora. La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita e le nostre parole di ogni significato” (Evangelii gaudium, 203). In sintesi, Francesco propone, come ho già detto, un’economia che si sviluppa nel rispetto delle persone, delle relazioni e dei luoghi. Tre realtà per lo più assenti dalle attuali logiche di mercato, nelle quali la supremazia del profitto poggia su ben altri parametri.Infine, l’Economia di Francesco non si riduce alla sostituzione di formule. Intende piuttosto rimettere al centro delle parole18  e, con esse, delle realtà, degli stili di vita e quindi delle scelte, capaci di generare modi nuovi di essere e di relazionarsi.

Note:1.  J. M. GIL-BARRAGAN, “Sostenibilità”, in S. ROZZONI – P. LIMATA (edd.), The Economy of Francesco. Un glossario per riparare il linguaggio dell’economia, Città Nuova, Roma 2022, 323s.2.  In I. GUANZINI – G. MELANDRI, Come ripartire, il melangolo, Genova 2022, 44s.3.  Ibidem, 42.4.  Cfr. S. Rozzoni – P. LIMATA (edd.), cit., 323.5.  J. M. GIL-BARRAGAN, “Sostenibilità”, in S. ROZZONI – P. LIMATA (edd.), cit., 321.6.  I. GUANZINI – G. MELANDRI, Come ripartire, il melangolo, Genova 2022, 43s.  7. In, I. GUANZINI – G. MELANDRI, Come ripartire, il melangolo, Genova 2022, 39-70.  8 . M. GIL-BARRAGAN, “Sostenibilità”, in S. ROZZONI – P. LIMATA (edd.), cit., 321.9.  Cf. il paradigma delle piante di Stefano Mancuso…10. E. MORIN, La fraternità, perché? Per resistere alla crudeltà del mondo, AVE, Roma 2020.11. I. GUANZINI – G. MELANDRI, Come ripartire, il melangolo, Genova 2022, 41.12. Cfr. Ibidem, 47.13.  Ivi14. Ibidem, 44.15. Cfr. FRANCESCO, Fratelli tutti, 168.16. Ho accennato ad Antonio Genovesi! Lasciate che lanci un appello a qualche studioso che voglia allargare il suo sguardo alla ricerca dello sfondo antropologico sul quale poggia l’economia civile. Invito a prendere o riprendere tra le mani alcune pagine del filosofo francese E. Mounier. Ricordo: E. Mounier, Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica Editrice, Bari 1975. Cp. 4, pp. 151-201: “Una economia per la persona”; IDEM Rivoluzione personalista e comunitaria, Ecumenica editrice, 1984, 205ss.  17.  “Il paradigma dell’economia civile”. Intervista al professore Zamagni, in L’Osservatore Romano/Atlante, 7 ottobre 2022, p. III.18. A ben guardare, come scrive papa Francesco nella Evangelii Gaudium, 203, si tratta di parole che infastidiscono: Persona; Reciprocità; Identità; Confronto; Ricerca; Prendersi cura; Superamento della polarità tra Rigidità – immobilismo. Quelle evocate sono tutte le parole – e le realtà da esse incarnate – che contribuiscono a rendere la vita di una persona DEGNA di ESSERE VISSUTA.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)