Esiste il diritto all’odio?

Il clamore collettivo derivato dalla diffusione di un libro autoprodotto dall’oramai celeberrimo Generale Vannacci (per chi ancora non lo conoscesse autore de “Il Mondo al rovescio” dove ha raccolto le sue personali idee additando con offesa determinate categorie di persone), ha riportato prepotentemente in auge il tema della libertà di espressione, i limiti della stessa e cosa significhi andare “contro corrente” sino al punto di spingersi alla rivendicazione del “diritto all’odio”.Ma esiste davvero un diritto ad odiare (così come all’amare, al simpatizzare, etc)?L’odio (come l’amore, la simpatia, etc) non è un diritto, ma un sentimento e in quanto tale il nostro Legislatore non ha ritenuto essere (in gergo si dice) “meritevole di tutela”: la proprietà privata è un diritto, lo studio è un diritto, sono cioè diritti tutte quelle situazioni che la Legge vuole che siano tutelate da tutti e a favore di tutti indistintamente.Se i diritti attengono alla sfera pubblica, generale ed imparziale, i sentimenti dimorano nel privato e ancor più nella sfera affettiva di ciascun individuo e così, come ad esempio non c’è un diritto all’amicizia, non c’è diritto a nessun’altra forma di relazione emotiva positiva o negativa che sia.A tal proposito, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quest’estate al meeting di Rimini, ha aggiunto poi sull’argomento una cosa in più: “La Costituzione nasce per espellere l’odio”.La nostra Carta, il sistema di garanzia che determina il delicatissimo equilibrio tra la personale capacità di giudizio e la tutela di tutti gli esseri umani, è dunque il primo antidoto a quella “cultura dell’odio” che, se coltivata al punto da essere legittimata politicamente e istituzionalmente, genererebbe mostri.Una Costituzione, tra l’altro, che, tirata in ballo dai sostenitori del libro maldestramente come riparo a qualunque libertà espressiva, invero non classifica le libertà in essa presenti in ordine di priorità, come se una fosse prevalente sull’altra, bensì come reticolato pari e vicendevole: la libertà di parola sta al diritto delle pari dignità di tutti i cittadini come anche al diritto (e dovere) –per i funzionari pubblici, e nel caso specifico, ad un Generale dell’Esercito Italiano – all’onore e decoro  (in quanto rappresentanti dello Stato Italiano).Nonostante queste considerazioni, grande è stata la fronda di chi, dai Palazzi alla piazza, ha difeso le tesi del Vannacci nel nome, tra l’altro, di una asserita riconquista della “libertà di espressione” dopo anni di apnea da pensiero unico.Tocca ricordare infatti che la libertà di espressione è forse stato il diritto più maltrattato nell’ultimo quinquennio che è passato dalla via della pandemia, a quella di proposte di legge sull’odio transomosessuale, a governi brevi e instabili e dibattiti violenti sulle piattaforme social.Si è consapevolmente e pubblicamente abdicato al confronto per contrapposizioni preconcette e inviolabili ove il pensiero “diverso” doveva essere non solo cancellato (molti media usavano il termine “asfaltato”) ma addirittura punito con la pubblica gogna.Sono nati così termini (tutti inglesi) che fino a prima neppure ne conoscevamo il significato: “mainstream”, “shitstorming” o, come più comunemente conosciuto, appunto, il “pensiero unico”.Non è difficile credere allora che non appena è stato possibile “stappare” questa oppressione vi sia stato un generale “liberi tutti”.Ma davvero la rivendicazione del diritto di esprimersi liberamente (addirittura fino a poter pubblicamente odiare alcune categorie di persone) è l’opposto del pensiero unico?No, pare piuttosto che entrambe le prassi siano figlie della stessa madre che si chiama “prevaricazione”. Sbaglia chi, nell’osannare il “coraggio” di Vannacci (per odiare serve coraggio?) pensa di essere stato diverso dai predecessori censori: è parlare liberamente e con rispetto l’atto nuovo, forte e controcorrente. Accogliere l’altro e il suo pensiero come lui accoglie me e il mio seppur differenti:questo significa diritto di espressione nella Costituzione Italiana e questo sarebbe il vero passo avanti e innovativo.Vi è un’altra Carta fondamentale che infine merita essere citata e a farlo è stato sempre il Presidente Mattarella nel ricordare che solo in un caso al mondo è stato istituzionalizzato un sentimento ed è quello fatto  con la Dichiarazione di Indipendenza Americana che riconosce un diritto che, guarda caso, è l’esatto contrario dell’odio.E’ il diritto alla felicità.