Savio Francesco Leopoldo: voce di una città multiculturale e multietnica

Parlando del livello multiculturale e soprattutto multilinguistico nella storia di Gorizia, ci troviamo di fronte ad un fenomeno unico europeo. Anche in altre città avevamo avuto convivenze di lingue ed etnie diverse (la città di Czernowitz, Trieste, Fiume…), ma nessuna può vantarsi, come Gorizia di aver avuto sin dall’antico medioevo una popolazione composta da tedeschi, friulani, sloveni, italiani che poi rappresentano le tre grandi famiglie europee, germanica, slava e romanza e che condividevano un’unica posizione geografica connaturata alla loro identità storica. A questo carattere multietnico si potrebbe annoverare gli ebrei, presenti in città già dal XIV secolo, purtroppo poi deportati in massa, quasi tutti ad Auschwitz. E’ fuori dubbio che i Conti di Gorizia (gli Epstein e i successivi) erano sempre vassalli dell’impero, perciò l’importanza della lingua tedesca nell’amministrazione della città.Nel territorio si sentiva una forte presenza germanica, che risiedeva stabilmente, proveniente anche da ogni parte della monarchia. Vi furono disposizioni legislative che prescrissero l’uso del tedesco e Maria Teresa stessa rinnovò più volte la condizione della conoscenza della lingua tedesca per chi aspirava a cariche pubbliche. Naturalmente la vita letteraria goriziana manifestatasi in ambiente aristocratico e scolastico rifletteva gli orientamenti dominanti alla corte di Vienna. Il famoso Staatsgymnasium di Gorizia annoverava fra i propri insegnanti professori di altissima qualità, provenienti anche da Vienna ed altre città austroungariche. In quell’epoca la città visse la sua multiculturalità e il suo plurilinguismo probabilmente in condizioni ideali. Ed era questa forse la vera democrazia (almeno a livello di comunicazione), perché proprio nel momento in cui c’è il diritto per tutti di esprimersi nella propria lingua, avviene la vera convivenza.Un esempio di questa pluralità goriziana era sicuramente Francesco Leopoldo Savio, nato a Gorizia nel 1801. Il padre, originario di Corno di Rosazzo, fu un consigliere nell’apparato giudiziario, la madre si chiamava Orsola Cossutta. Dopo la scuola primaria a Gorizia, Francesco si trasferì al Liceo di Ljubljana, dove s’ avviò anche alla carriera ecclesiastica.A Ljubljana diventò amico di Matija ¤op (Letterato e studioso di lingue che ebbe un’enorme influenza sui poeti sloveni) da cui intraprese lo studio della lingua slovena e a cui fece conoscere Petrarca e il Dolce stil novo. Dopo la morte della madre, si sottomise alla volontà del padre, il quale volle che il giovane seguisse la Facoltà di giurisprudenza. A Vienna cominciò a studiare legge, ma poi proseguì gli studi a Padova, dove si laureò in giurisprudenza e si avviò alla carriera nella magistratura.Nella primavera del 1828 ottenne un posto al tribunale di Venezia, dove sposò Maria Burri e vi rimase fino al 1837, quando venne assunto al tribunale di Gorizia come protocollista; dal 1842 ricoprì la carica di consigliere.Gli anni di università a Padova (e il soggiorno veneziano) gli permisero di entrare in contatto con numerosi intellettuali italiani, mentre il soggiorno viennese lo avvicinò al movimento dei romantici tedeschi, Friedrich Schlegel, Zacharias Werner, dalla cui poesia fu influenzato. Iniziò a scrivere versi d’occasione e religiosi, ma ben presto il tema delle sue composizioni poetiche fu la riflessione esistenziale. Negli anni del liceo tradusse in tedesco diversi sonetti di Petrarca e poesie di Vanni Fucci, Guido Guinizzelli, Francesco d’Assisi, Pier delle Vigne, Guido d’Arezzo ed altri.La sua produzione poetica quasi si esaurì negli anni del liceo e nei primi anni di università, anche se l’interesse rimase vivo e costante. In lui rimase costante un interesse verso la traduzione poetica.Da romantico, affrontò lo studio di Dante e riconobbe la necessità di tradurre i poeti stranieri. Assumono importanza straordinaria le sue traduzioni che permettono di conoscere le letterature straniere. Era un poeta nato e aveva un grande senso della poesia. Nella sua eredità sono rimaste più di cento poesie liriche. Importante è il suo diario scritto in tedesco, in cui scriveva giorno dopo giorno su vari argomenti, dalla filosofia e teologia, alla linguistica e agli avvenimenti quotidiani. Parallelamente scriveva nel periodico Cronaca Goriziana, che risale alla fine del 1846. Ampia è la sua opera, biografie di uomini illustri goriziani, in cui descrisse diversi personaggi famosi della sua città (più di quattromila pagine). Savio si spense a Gorizia ancora giovane nel 1847, a soli 46 anni, lasciando un patrimonio enorme di conoscenza da divulgare e il ricordo di una ricca, toccante spiritualità. Le sue opere, manoscritte, sono conservate all’Archivio storico provinciale di Gorizia, dove troviamo anche la vasta corrispondenza epistolare di lui e del padre Francesco Giuseppe. Scrisse anche otto grossi volumi sull’etimologia. Per gli sloveni è importante la corrispondenza (in parte conservata nella biblioteca universitaria NUK a Ljubljana) che Savio intraprese con Matija ¤op dopo la partenza da Ljubljana. Quando tra i poeti, tra gli scrittori e tra i linguisti sloveni nell’Ottocento infuriava il dibattito (Abecedni boj-La guerra dell’alfabeto), quale tipo di lingua privileggiare in letteratura, il popolare o il colto, e quale scrittura, alfabeto utilizzare, ’’metelj¤ica’’ o ’’danj¤ica’’ (i due alfabeti non erano molto adatti alla lingua slovena, perché contrassegnavano suoni e fonemi che i singoli dialetti non conoscevano), ¤op chiese aiuto anche a Savio Francesco.