Aiutare le persone più in difficoltà nel curare le loro ferite

Recentemente il carcere di Gorizia è stato interessato ad alcuni cambiamenti che hanno coinvolto tanto il personale, quanto i detenuti. Nonostante queste riforme non si sono fermate però le attività che, attraverso l’impegno di volontari, del cappellano, della Caritas diocesana e di compagnie teatrali, consentono ai detenuti di avere delle alternative attraverso le quali poter impegnare le proprie giornate, anche apprendendo qualcosa di nuovo e di valido per il proprio domani.Abbiamo incontrato don Paolo Zuttion, cappellano presso la casa circondariale, e ci ha aggiornato sugli ultimi mesi alla struttura.

Don Paolo, qual è la situazione presso il Carcere di Gorizia e come sono andate le attività che ne hanno caratterizzato i mesi estivi?Innanzitutto va detto che la struttura carceraria di Gorizia, proprio recentemente, è cambiata radicalmente. Prima i ristretti erano soprattutto persone del nostro territorio, o che venivano arrestate sulle nostre zone. Oggi le cose sono un po’ diverse, poiché da qualche mese a questa parte il Carcere di Gorizia è stato destinato a persone che hanno commesso alcuni reati ben specifici e che provengono dall’area del Triveneto. È cambiata quindi la tipologia dei carcerati e anche le problematiche che si portano dentro. Ci sono diverse persone con sofferenze psichiche e questo rappresenta un grosso problema per il carcere, che è sicuramente il luogo meno adatto per curare questo tipo di patologie.Ci stiamo “attrezzando” quindi, anche come Cappellania, per rispondere a questo nuovo tipo di persone che si trovano ora nella locale struttura penitenziaria.Questo cambio radicale ha fatto sì che ci si concentrasse più sull’accoglienza, sulla sistemazione e sul comprendere questi nuovi soggetti, mettendo un attimo da parte le attività d’insieme – che oltretutto sono possibili quando c’è una certa conoscenza e coesione tra carcerati -. Provenendo uno da una parte, uno dall’altra del Triveneto, si è dedicato il tempo soprattutto alla conoscenza e a iniziare, per il momento, delle relazioni semplici.

Quali sono le iniziative che hanno preso vita negli ultimi mesi, nonostante i cambiamenti in corso?Sono state svolte numerose iniziative, come ad esempio il Festival di Teatro in Carcere “Se io fossi Caino”, promosso dalla Compagnia Fierascena e sostenuto anche dalla Caritas diocesana di Gorizia. Quest’iniziativa è ormai una “tradizione” che non porta solo il teatro all’interno della realtà penitenziaria, ma propone anche una serie di manifestazioni e di incontri in città per sensibilizzare le persone a questa realtà presente sul territorio, che non è “un’isola”. C’è quindi il territorio che entra nel carcere ma anche il carcere che in qualche modo esce sul territorio.Ci sono state poi altre belle iniziative, in collaborazione con la direzione del carcere, che hanno portato, per esempio, i figli dei detenuti all’interno della struttura, promuovendo un sabato pomeriggio di incontro, gioco e un po’ di spensieratezza.

Settembre è un po’ un mese di ripartenza. C’è qualche idea, qualche progetto che vi piacerebbe poter proporre nei prossimi mesi?In futuro abbiamo in progetto, come Cappellania (che è composta da me come cappellano, don Alberto De Nadai e un gruppo di volontari appartenenti soprattutto al Rinnovamento nello Spirito Santo, che animano le Messe alla domenica, abbastanza frequentate e partecipate, e ogni venerdì si occupano di distribuire vestiario e prodotti per l’igiene personale), di concretizzare l’ingresso, una volta al mese, di alcuni membri della comunità “Nuovi Orizzonti”, fondata da Chiara Amirante, per portare le loro testimonianze ai detenuti. Uno dei carismi di questa comunità è infatti proprio quello di portare testimonianza all’interno delle carceri.Un primo incontro è stato realizzato quest’estate con un uomo appartenente alla comunità, accompagnato dalla moglie, che ha riportato il suo percorso di “rinascita”, di reinserimento e cambiamento una volta uscito dal carcere e dalla tossicodipendenza. Desideriamo ora dare continuità a tutto questo, appunto con una presenza mensile, proprio per aiutare le persone che sono più in difficoltà nel curare le loro ferite.A causa poi appunto dei recenti cambiamenti, ancora non sono partiti nuovi progetti. Ci sono però varie idee, vari programmi in attesa di poter essere avviati.Interessante infine il progetto che coinvolge un ragazzo detenuto nella preparazione del suo esame di maturità: ci sono tre/quattro volontari, alcuni dei quali docenti o ex docenti, che lo seguono in un “doposcuola”, accompagnandolo nello studio e preparandolo a sostenere la prova finale.

Spesso se ne parla troppo poco: qual è la situazione del personale carcerario in questo momento nella struttura cittadina?C’è stato un cambio che definirei “massiccio”: molti dei più anziani hanno raggiunto la meritata pensione e sono arrivati nella struttura diversi giovani.Per quanto riguarda le presenze, credo che ora la situazione sia migliore rispetto a qualche tempo fa; da quanto posso vedere c’è stato un aumento nel personale impiegato.Giustamente i nuovi arrivati sono appunto dei giovani, devono ancora “farsi le ossa” come si dice, stanno imparando, ma ho visto delle persone molto volonterose e anche molto attente ai bisogni dei detenuti.