Comprensione, discernimento e orientamento per vivere l’Intelligenza Artificiale senza timori
3 Novembre 2023
Prosegue anche all’interno delle nostre comunità il dibattito sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale: siamo davvero pronti a confrontarci con essa? Verso che tipo di comunicazione ci stiamo dirigendo? Arriverà al punto di sostituirci nella formulazione di alcuni concetti?
Parliamo di questo e altri aspetti con don Davide Imeneo, direttore del settimanale diocesano “L’Avvenire di Calabria”, coordinatore della Commissione Innovazione e Sviluppo Pubblicitario della Federazione Italiana Settimanali Cattolici e membro dell’équipe “La Chiesa ti ascolta”, che costituisce il contingente digitale del cammino sinodale, accompagnata dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e della CEI.
Don Davide, l’Intelligenza Artificiale, per quanto virtuale, è una tematica quanto mai attuale e “reale”. Anche papa Francesco, nel messaggio per la prossima 53^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2024 l’ha scelta come tema portante.
Ecco quindi, partiamo da una visione globale: come Chiesa, come ci si può (o deve?) porre nei confronti dell’Intelligenza Artificiale, per viverla senza timori?
La Chiesa, nel suo cammino di accompagnamento delle persone, nella sua missione di evangelizzazione e nel suo itinerario di promozione della dignità umana, ha il compito di affrontare le sfide etiche e sociali poste dall’Intelligenza Artificiale. Per vivere l’IA senza timori, la Chiesa può adottare un approccio equilibrato e riflessivo, basato su tre principi fondamentali: comprensione, discernimento e orientamento.
Innanzitutto, la Chiesa è chiamata a comprendere appieno le implicazioni dell’IA. È necessario studiare le sue applicazioni, i suoi limiti e i possibili rischi, al fine di valutarne l’impatto sulla dignità umana, sulla società e sulla fede stessa. Questa comprensione richiede un dialogo aperto e costante con esperti di IA, scienziati, filosofi ed esperti di etica, al fine di ottenere una visione completa e aggiornata delle sfide coinvolte.
In seconda battuta la Chiesa può esercitare un discernimento morale e spirituale. L’IA solleva domande importanti riguardo all’autonomia umana, alla responsabilità, alla privacy, all’equità e alla giustizia sociale. La Chiesa può offrire orientamenti etici e spirituali che aiutino le persone a riflettere su come utilizzare l’IA in modo rispettoso della dignità umana e a prendere decisioni consapevoli basate sui principi cristiani di amore, giustizia e solidarietà.
Infine, la comunità ecclesiale può offrire un orientamento pastorale per affrontare i timori legati all’IA. È importante accompagnare le persone nel comprendere e nel vivere l’IA nella loro vita quotidiana, incoraggiando una riflessione critica e un uso responsabile. La Chiesa può promuovere l’educazione digitale, fornendo strumenti pratici per sviluppare una consapevolezza critica dell’IA e delle sue implicazioni. Inoltre, può incoraggiare la collaborazione tra scienziati, tecnologi e teologi per esplorare insieme come l’IA possa essere al servizio del bene comune e della promozione della dignità umana.
Credo che la Chiesa possa porre l’IA nel contesto più ampio della sua visione antropologica e teologica, promuovendo una comprensione approfondita, un discernimento morale e un orientamento pastorale. In questo modo, si può vivere l’IA senza timori, utilizzandola come uno strumento per il bene dell’umanità, allineato ai principi evangelici di amore, giustizia e solidarietà.
“Intelligenza Artificiale e sapienza del cuore”, il tema del Messaggio di papa Francesco, che cita: “È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana”. Come è possibile arrivare a questo, quando la natura stessa dell’Intelligenza Artificiale vede interfacciarci con una macchina? Non si rischia una contrapposizione e se sì, appunto come superarla? Quale il compito dei nostri settimanali?
La tematica “Intelligenza Artificiale e sapienza del cuore” scelta da Papa Francesco, solleva una questione importante riguardo al modo in cui possiamo aspirare alla pienezza della vita in un contesto in cui siamo sempre più “costretti” a interfacciarci con le macchine. Eppure vorrei far notare (almeno questo è il mio parere) che l’Intelligenza Artificiale e la comunicazione digitale non necessariamente causano una contrapposizione tra la tecnologia e la dimensione umana: è possibile superare ogni contrasto attraverso un approccio equilibrato e consapevole.
È essenziale partire sempre dal presupposto che l’Intelligenza Artificiale è uno strumento creato dall’uomo e, come tale, può essere modellato secondo principi etici e guidato dalla sapienza del cuore. Nonostante la sua natura impersonale, l’IA può essere utilizzata per promuovere la dignità umana, la solidarietà e l’inclusione (come già accennato nella prima risposta). I settimanali cattolici possono svolgere un ruolo cruciale nel favorire una narrativa propositiva a proposito di Intelligenza artificiale, sottolineando l’importanza di utilizzare questa tecnologia per il bene comune e per una comunicazione che miri alla pienezza della persona umana, come auspicato da Papa Francesco.
Credo anche che, nonostante l’interlocuzione sempre crescente con le macchine, la vera comunicazione richiede un’autentica connessione umana e la dimensione del cuore, entrambe dinamiche difficilmente attuabili da un’Intelligenza artificiale. I settimanali diocesani promuovono una comunicazione che va al di là della mera trasmissione di informazioni, ma che mira a nutrire e arricchire l’anima delle persone, già questo è difficilmente replicabile dalle macchine. Le nostre redazioni possono offrire spazi di riflessione, di spiritualità e di testimonianza che aiutino a coltivare la saggezza del cuore anche nella nostra interazione con la tecnologia.
A mio modo di vedere, infine, il compito dei nostri giornali è anche quello di creare ponti tra la tecnologia e la ricerca di Dio, offrendo una prospettiva cristiana sull’IA e la comunicazione digitale. Possiamo incoraggiare una riflessione critica sulla tecnologia, esplorando il suo impatto sulla dignità umana, sulle relazioni interpersonali, sulla giustizia sociale e sull’ambiente. Allo stesso tempo, possiamo offrire una visione di speranza e di senso, invitando le persone a vivere la comunicazione digitale con responsabilità e a perseguire sempre la ricerca del vero, del bene e del bello.
Qual è il tuo punto di vista ma anche il tuo personale pensiero sul Metaverso? Rappresenta una possibilità reale e percorribile, o pensi rimarrà relegato in una dimensione sostanzialmente ludica? Chiesa e Metaverso: binomio possibile?
Il Metaverso ha occupato gran parte del dibattito tecnologico del 2022, sembra che nel 2023 sia stato soppiantato dal tema dell’Intelligenza artificiale (anche grazie all’avvento di ChatGPT), ma in verità non è così: sono due facce della stessa medaglia. Il Metaverso è già una realtà consolidata in molti ambiti che hanno a che fare con il gaming, col business e con la comunicazione. Personalmente, ritengo che il Metaverso rappresenti una possibilità reale e percorribile, ma allo stesso tempo è importante valutarne attentamente le implicazioni e considerare come potrebbe inserirsi nella missione della Chiesa.
Da un lato, il Metaverso offre opportunità di connessione, creatività e interazione sociale in modi completamente nuovi. Posto che il Metaverso non si esaurisce nella realtà aumentata (fatta di visori e di oggetti che incentivano le esperienze digitali, soprattutto quelle ludiche), è interessante collocarlo all’interno di un ragionamento sullo sviluppo del Web3. Abbiamo già visto come la tecnologia blockchain ha generato delle importanti innovazioni sia nel campo finanziario (si pensi alle criptovalute) ed anche in quello del “diritto d’autore digitale” (si pensi agli Nft applicati alle opere d’arte o alla musica). Uno dei futuri campi di applicazione del Web3 potrebbe essere quello del contrasto alle Fake News: la tecnologia blockchain, infatti, può aiutare a verificare le notizie messe in circolo su internet. Così, metaverso e Intelligenza artificiale possono diventare due potenti alleati della verità e del buon giornalismo: sarebbe straordinario se anche la Chiesa decidesse di investire in tal senso.
Tuttavia, ancor prima di immaginare ambiti concreti di applicazione del Metaverso nella missione della Chiesa, è importante anche evitarne l’esclusione o il rifiuto dogmatico. Purtroppo ho sentito sacerdoti e vescovi parlare del Metaverso con accenti esageratamente negativi, quasi demonizzanti…questo è il modo migliore per allontanare i giovani…ed anche per apparire ignoranti in alcuni casi. È necessario un approccio di apertura che incoraggi l’ascolto, il dialogo e la comprensione delle nuove realtà tecnologiche, senza perdere di vista i valori fondamentali.
Tu sei direttore del settimanale “Avvenire di Calabria”, periodico che non si è mai tirato indietro quando si è trovato davanti alle nuove opportunità che, di volta in volta, i media mettevano (e continuano a mettere) a disposizione. Ecco quindi, sul tema dell’Intelligenza Artificiale come è possibile far si che essa sia strumento e non sostituto della notizia o addirittura del lavoro del giornalista stesso?
Ti ringrazio per le considerazioni positive rispetto al lavoro della redazione di Avvenire di Calabria, ma soprattutto ti ringrazio per la domanda: hai centrato un argomento che mi sta molto a cuore.
Premetto che nella nostra redazione sin da maggio 2021 utilizziamo sistemi avanzati di intelligenza artificiale che supportano il nostro lavoro di ottimizzazione degli articoli in vista del loro posizionamento sui motori di ricerca. Negli ultimi mesi, inoltre, abbiamo sviluppato altri ambiti di applicazione per alcune intelligenze artificiali…ma “la parte migliore” deve ancora arrivare. Il prossimo step riguarderà la “socializzazione” delle notizie…ho già fatto alcune prove e, per esempio, ho riscontrato che Chat-Gpt “socializza” gli articoli su LinkedIn molto meglio di come riusciamo a farlo noi.
Tuttavia, sia chiaro: il “lavoro” demandato alle Intelligenze Artificiali è un supporto al Lavoro svolto dal redattore o dal collaboratore. L’intelligenza artificiale può essere vista come uno strumento potente e complementare al lavoro del giornalista, mai come un sostituto. Mentre l’IA offre nuove possibilità nel campo della produzione e dell’analisi delle notizie, il ruolo essenziale del giornalista nella ricerca, nella verifica e nella presentazione delle informazioni rimane irrinunciabile. Attraverso algoritmi avanzati, l’IA può analizzare grandi quantità di dati provenienti da diverse fonti, fornendo al giornalista un’ampia panoramica sulle tematiche trattate. Questo può consentire un’analisi più approfondita e una migliore comprensione del contesto in cui si inserisce una notizia.
Tuttavia, la valutazione delle fonti, la verifica e l’interpretazione delle informazioni richiedono ancora il ruolo critico e il discernimento umano del giornalista. La capacità di distinguere tra fonti affidabili e non, di indagare su questioni complesse e di dare un significato ai fatti richiede l’esperienza e l’etica professionale del giornalista. L’IA può fornire assistenza nella raccolta di dati, ma è il giornalista che ne dà un contesto, una narrazione e un valore informativo. Inoltre, il giornalista svolge un ruolo fondamentale nell’aspetto umano della notizia. L’IA può generare contenuti basati su algoritmi, ma manca della sensibilità, dell’empatia e della capacità di contestualizzare le storie come un essere umano. Il giornalista è in grado di mettere in luce gli aspetti emotivi, sociali e culturali delle notizie, dando voce alle persone coinvolte e offrendo una prospettiva umana che l’IA non può replicare.
A mio parere è importante sottolineare che l’IA non deve essere vista come una minaccia per il lavoro del giornalista, ma come uno strumento che può ampliare le capacità e le potenzialità professionali. L’IA può automatizzare alcune attività ripetitive e di routine, consentendo al giornalista di concentrarsi su compiti più creativi, come l’analisi, l’interpretazione e l’approfondimento delle notizie. Credo che l’IA non sostituirà i giornalisti, ma sostituirà soltanto gli addetti ai videoterminali travestiti da giornalisti.
Dalla tua esperienza come direttore di una realtà editoriale profondamente legata al territorio e alle sue comunità, alla relazione con i lettori, come vedi recepita (o come credi verrà recepita) la “novità” dell’Intelligenza Artificiale e lo stesso Metaverso dalle vostre comunità? In generale, credi che le nostre comunità di riferimento siano pronte ad un corretto utilizzo di questi mezzi?
Dipende dall’età delle persone e dalla loro attitudine o predisposizione al cambiamento. Nei giorni scorsi sono stato invitato a relazionare in un incontro con alcune classi di quinto superiore di un Istituto tecnico economico. Gran parte delle domande degli studenti era legata all’Intelligenza artificiale e al Metaverso. Alcuni, per esempio, hanno accolto con entusiasmo il nostro Dossier sui laboratori ambientati in alcuni Metaversi che preparano a svolgere lavori professionali rischiosi (come il saldatore). Ho capito che per i giovani il Metaverso e l’IA rappresentano la possibilità di un impiego, una sorta di miraggio a metà strada tra sogno e speranza.
Al contrario, vedo gli adulti troppo schiacciati sulla posizione critica-giudicante. Ho la sensazione che Metaverso e AI stiano ampliando il divario generazionale…ed io attribuisco la causa dell’ampliarsi di questo divario all’incapacità di dialogo degli adulti. Se vogliamo educare all’uso consapevole (anche) di questi mezzi, dobbiamo metterci in discussione e capire, insieme ai giovani, per cosa possiamo chiedere aiuto alle macchine e per cosa conviene ancora puntare su cuore, cervello ed emozioni.
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