Siria: il dramma di un Paese e di una guerra dimenticati
19 Aprile 2024
In Siria c’è una guerra dimenticata, è un Paese dimenticato, non solo dai media ma anche dalla comunità internazionale”. Sono state queste le parole rivolte dal cardinale Mario Zenari a tutti coloro che, all’interno del 44° Convegno nazionale delle Caritas diocesane ospitato a Grado, hanno preso parte all’Assemblea tematica “Chiesa di minoranza, in cammino, capace di sconfinare”.
Il nunzio apostolico ha presentato ai convegnisti la realtà di “una Chiesa che ha subito 13 anni di guerra, un Paese che ha visto la morte di 30.000 bambini e minori, mezzo milione di morti e migliaia di persone scomparse, tra le quali anche diversi ecclesiastici”.
Uno Stato, quello siriano, dove “si stava cercando di andare verso una laicità”, prima dello scoppio del conflitto civile. Un Paese dove oggi si cerca di superare i “confini”, che sono anche mentali e religiosi, come ad esempio quando la Chiesa cattolica ha preso “sotto la sua ala” dei bambini musulmani, rimasti senza nessuno dopo il recente terremoto, dando loro la possibilità di vedere ancora un futuro.
Abbiamo avuto la possibilità di incontrare sua eminenza nel corso del Convegno Caritas e con lui abbiamo approfondito tutti questi temi che, come nunzio apostolico in Siria, conosce in maniera diretta, vivendoli e vedendoli quotidianamente.
Eminenza, l’occasione di poter essere qui oggi e prendere parte come relatore al 44° Convegno nazionale delle Caritas diocesane cosa significa per lei?
Sento che sono qui anche per un dovere di riconoscenza, perché Caritas Italiana da alcuni anni assiste Caritas Siria, la quale ha bisogno di assistenza, soprattutto professionale, dal momento che la si trova ad essere all’interno del Paese ancora un po’ “all’ABC”, vale a dire agli inizi, del suo operato.
La mia presenza qui è anche quindi un modo per ringraziare di quest’assistenza preziosa, soprattutto tecnica.
Ha nominato la Siria, dove lei è nunzio apostolico dal 2008. Nel 2011 ha quindi anche assistito allo scoppio della Guerra civile. Quale l’attuale situazione all’interno del Paese? In tale contesto, quale anche la condizione della comunità cristiana in Siria?
La situazione in Siria in questo momento è grave, le cose stanno andando male: lo dicono i rappresentanti delle Nazioni Unite, lo dice e lo ripete l’inviato dell’ONU per la Siria, Geird Pedersen.
Le ultime statistiche parlano di tre quarti della popolazione siriana, vale a dire 16,7 milioni di persone, che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Tale bisogno è cresciuto del 9% rispetto a soli 12 mesi fa.
Il 90% della popolazione è sempre ridotto a vivere sotto la soglia della povertà.
Per quanto riguarda poi la comunità dei cristiani, anche in questo caso la situazione è dolorosa; per queste chiese orientali sui iuris è un dolore veder partire ogni giorno i propri cristiani. Già i due terzi sono partiti lasciando il Paese.
È un dolore, poiché diversi di questi cristiani saranno perduti per le loro Chiese, perché dove andranno non avranno l’assistenza dei loro preti orientali, quindi tanti di loro finiranno probabilmente con il frequentare la Chiesa latina, andando a perdere così i legami con le loro Chiese di origine.
Poi, come ripeto sempre, questo rappresenta anche un danno per la totalità della società siriana, dal momento che i cristiani sono lì da 2.000 anni, da sette secoli prima dell’Islam, e hanno dato un contributo enorme allo sviluppo del loro Paese – pensiamo al campo culturale, al campo educativo con la costruzione di scuole, al campo sanitario con gli ospedali e i dispensari, anche al campo politico, dove hanno avuto alcuni eminenti rappresentanti in passato -.
La partenza dei cristiani rappresenta quindi anche un danno, un impoverimento, per la stessa società siriana.
In tutto questo contesto doloroso, i nuovi sviluppi bellici che stanno interessando Gaza, quali ripercussioni stanno avendo anche in Siria?
Stanno sicuramente influenzando in maniera molto negativa.
Il fuoco si sta diffondendo anche in Siria, dal momento che siamo lì praticamente “porta a porta” con Gaza.
Ci sono frequenti interventi di Israele nel Paese, con raid aerei. Israele ne ha ammessi, dal 7 ottobre a fine marzo, più di 50 e continuano tutt’ora.
Va detto poi che in Siria attualmente abbiamo la presenza di cinque eserciti stranieri – quello russo, quello statunitense, quello iraniano, quello turco e quello di Hezbolla – ai quali ora si è aggiunto anche quello israeliano: siamo messi molto male, le tensioni sono continue.
In questo processo, le religioni, diverse tra loro, possono rappresentare ancora un mezzo valido per attraversare la via della pace? Hanno ancora questo valore, questa forza di poter essere spazio di dialogo?
Direi di sì, lo hanno ancora. Perché in Siria, così come in altri territori colpiti dai conflitti in corso, non sono distrutti solo i quartieri, gli edifici, le abitazioni… ma ad essere intaccato gravemente è anche il tessuto sociale.
In Siria non c’è più legge, non c’è più onestà, c’è corruzione… In questo caso quindi proprio le religioni dovrebbero avere un ruolo particolare e di rilievo per cercare di ricomporre questo tessuto sociale lacerato.
La Siria è sempre stata un mosaico di etnie diverse, di religioni diverse: speriamo che questo mosaico possa continuare ed essere riparato.
… e magari essere un domani un esempio di riappacificazione?
Sì, lo speriamo. Fino ad ora c’era stata una convivenza buona in Siria tra i vari gruppi etnici e religiosi. Era anche esemplare! Però ovviamente 13 anni di guerra hanno intaccato qualcosa anche qui, in questo “mosaico di convivenza”.
Siamo ospiti del Convegno nazionale delle Caritas d’Italia. La “caritas”, intesa come “caritas cristiana”, quale spazio trova oggi all’interno della nostra società?
Io ormai vivo da 44 anni fuori dall’Italia, forse quindi non posso dire una parola molto precisa su questo ma credo senza dubbio che la Caritas, intesa come Carità, è proprio uno dei tre elementi fondamentali della Chiesa, che si fonda sui tre pilastri: quello della Parola di Dio, il pilastro dei Sacramenti e il pilastro della Carità appunto, elemento essenziale pertanto dell’essere Chiesa stesso.
Naturalmente le Caritas diocesane e parrocchiali sono una parte preponderante di questo terzo pilastro: sono organizzate, hanno molta competenza e mettono in campo un grande apporto non solo dal punto di vista umanitario, ma anche di ricostruzione sociale.
a cura di Selina Trevisan
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