Voto europeo: la differenza la faranno i giovani?

Si stima che saranno quasi 359 milioni i cittadini dell’Unione chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo, 47 milioni gli elettori italiani, fra i quali 2,7 milioni di giovani che hanno acquisito il diritto di voto dopo le elezioni europee del 2019, pochi in percentuale rispetto a Stati come Belgio, Francia e Germania, a ulteriore conferma del degiovanimento del nostro Paese.
Il quadro geopolitico internazionale, caratterizzato da gravi conflitti in atto, da risorgenti nazionalismi, dalla crisi climatica con conseguenti progetti di transizione energetica, pone molti interrogativi sugli esiti di queste elezioni, con il timore che la scarsa conoscenza di quanto incidono le norme europee sulle nostre vite e una politica rissosa ridotta a slogan possano determinare un elevato astensionismo.
La preoccupazione appare evidente nei numerosi appelli che si sono susseguiti per invitare i cittadini a votare in modo consapevole e responsabile. In ambito cattolico si sono espressi i vescovi europei e italiani, i presidenti e leader delle aggregazioni laicali riuniti a Trieste per riflettere sul tema della prossima Settimana Sociale, dal titolo “Al cuore della democrazia”.
Insieme ai presidenti di Germania e Austria, il presidente Mattarella ha firmato una dichiarazione congiunta sulle elezioni europee, evidenziando che siamo di fronte a un momento cruciale per la democrazia in Europa e nel mondo, un anno decisivo per i decenni a venire: “Non sorprende che coloro che mettono in dubbio i principi democratici di base mettano in dubbio anche il progetto europeo… Partecipando al voto si difendono le istituzioni liberali, lo Stato di diritto, i nostri valori fondanti, la nostra comune libertà”.
L’ultimo sondaggio di Eurobarometro sulle elezioni rivela che il 71% degli europei e il 70% degli italiani hanno dichiarato che probabilmente andranno a votare. Rispetto alla media EU27, gli italiani vogliono parlare di più di salute pubblica (38% vs 32%), creazione di più posti di lavoro e aiuto all’economia (41% vs. 31%), chiedendo che questi siano i temi al centro della campagna elettorale. I giovani italiani manifestano maggiore fiducia e apprezzamento per le istituzioni europee, in particolare per il Parlamento, rispetto alla media degli intervistati in Italia: 62% vs 45%.

È un segnale incoraggiante, confermato da un recente sondaggio Eurobarometro su “Giovani e democrazia”: il 67% dei giovani italiani dichiara che intende votare, il 52% di aver intrapreso nell’ultimo anno azioni per il cambiamento sociale, con particolare riguardo ai diritti umani (40%), al clima e all’ambiente (38%), alla parità di diritti indipendentemente da genere, razza, orientamento sessuale (35%).
I vari programmi Erasmus risultano conosciuti dalla grande maggioranza dei giovani intervistati e molti vi hanno partecipato: un’Europa senza confini è ormai un’acquisizione dei giovani italiani, che dall’UE si aspettano soprattutto politiche per la pace, la cooperazione internazionale, il clima e il lavoro.
Suscita invece interrogativi il fatto che sia in questo sondaggio sia in altri effettuati in Italia la scuola non costituisca una rilevante fonte di informazione sull’Europa.
Nella ricerca svolta dalla redazione di giovani “Scomodo” su un campione di under 35, il 57% ritiene che la scuola dell’obbligo non abbia inciso sulla propria conoscenza dell’Unione Europea.
Emergono invece dati molto interessanti su temi politicamente divisivi: per il 90% dei rispondenti i flussi migratori da Paesi extra UE non rappresentano (“per nulla” o “poco”) una minaccia per l’identità europea; le istituzioni europee riscuotono più fiducia di quelle italiane e la metà dei rispondenti è a favore di un maggior potere dell’Unione rispetto agli Stati membri; la preoccupazione per la crisi climatica (94%) è superiore a quella per le guerre in territorio europeo (70%).
Non solo commentatori ed esperti, ma anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ritengono che la posta in gioco, fondamentale per il futuro della democrazia, consista proprio nella scelta fra il potenziamento dell’UE e il prevalere di derive nazionalistiche e illiberali.
Saranno davvero i giovani a fare la differenza sulla partecipazione al voto, come già avvenuto nel 2019, e sul futuro dell’Europa?

 di Gabriella Burba