I doni dello Spirito per creare fraternità

Pentecoste: dal greco antico “Cinquantesimo”. Fino al 1949, il Lunedì di Pentecoste era considerato giorno festivo, poi soppresso negli anni a seguire assieme ad altre festività.
Tertulliano scrittore latino convertitosi al Cristianesimo, nomina questa ricorrenza già nel III secolo, come festa posteriore all’Ascensione, mentre la pellegrina Egeria, nel IV secolo, ne parla come di una festa, densa di celebrazioni.
Il numero 50 permane nella tradizione ebraica, dove la Pentecoste o Shavuot (Festa delle primizie) ricorda la consegna della Legge a Mosè (Torah), celebrata cinquanta giorni dopo la Pasqua ebraica e, nel Cristianesimo, commemora la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, cinquanta giorni dopo la Pasqua cristiana. Nell’iconografia cristiana, che si esprime nella Storia attraverso l’arte, la Pentecoste viene raffigurata con gli Apostoli e Maria nel Cenacolo, mentre lingue come di fuoco discendono su di loro, simbolo dello Spirito Santo (Paraclito in Gv 15,26), a sua volta identificato in una colomba, immagine ricorrente, che troviamo di grande effetto simbolico e visivo, nelle vetrate di molti edifici sacri.
A San Lorenzo Isontino, la Pentecoste è stata festeggiata quest’anno, nella terza domenica di maggio, il 19, data che varia, poiché è una festa mobile.
La santa messa delle 10.30, non celebrata in chiesa, come da consuetudine, ma nella baita degli Alpini, la cui sede ricorda nel 2024 il 40° anno di inaugurazione.
La località denominata Sfuei è situata in uno scenario agreste, con le querce e i roveri possenti che la racchiudono con i loro tronchi, quasi a imitare i pilastri delle grandi cattedrali dove regna la “Pace che il mondo irride, ma che rapir non può”, (una pace che può essere derisa, ma mai rapita; cfr. La Pentecoste, ultima fra gli “Inni sacri” di Manzoni).
Lì, al centro, il piccolo altare dove don Bruno Sandrin ha iniziato a officiare, dopo i ringraziamenti per la rilevante presenza di fedeli, autorità e sezioni rappresentative. Di seguito, il primo canto “Al sun da ljs ciampanis” della Coral don Nino Bearzot, diretto con la solita perizia dalla maestra Raffaella Visintin, con all’organo Lorenzo Medeot.
Un’esecuzione perfetta, potenziata dal suono solenne delle campane, le cui corde erano tirate dai scampanotadors, con l’impeto nelle braccia e l’armonia nella mente, riecheggiando le voci dei coristi. L’omelia di don Bruno, basata sul verbo “sapere” come un “passare” dalle divisioni e dai pregiudizi alla capacità di capirci e farci capire nel linguaggio dell’amore, e un “intuire” che i talenti sono doni che lo Spirito elargisce a ciascuno, per creare fraternità, gioia di vivere e costanza nell’agire.
Ha auspicato che il Corpo degli Alpini continui sempre a favorire l’unità e promuovere l’ascolto reciproco, evitando le barriere tra gli uomini e i popoli, in un mondo in cui permangono gli scontri sociali che generano solo distruzione e morte, dimenticando spesso la forza dei valori antichi, ma sempre validi, quali il bene, il perdono e la pace, testimoniati dagli alpini.
Dopo don Bruno, l’intervento del sindaco con brevi e concise parole sulle azioni gloriose del Corpo, il discorso del Presidente locale Roberto Stacco che ha porto i ringraziamenti a tutti per la partecipazione, segno di un grande attaccamento alle tradizioni paesane, al rappresentante sezionale che porta i saluti del Presidente Graziano Manzini, alla Coral di San Lurinz, alla Presidente dei Donatori, Tiziana Trevisan, a don Bruno per l’impianto audio, al comandante dei carabinieri Zucco.
Di forte impatto emotivo il canto “Signore delle cime” che ben si addiceva alla circostanza. Molto apprezzato il rancio alpino.

Lucia Medeot