La scuola e le domande di tutti

Riflettere sulla scuola al termine di un anno scolastico può essere importante, ma non è semplice. La scuola è un mondo: in essa la varietà e la complessità del tempo in cui viviamo emergono e si mostrano. È uno spazio condiviso tra persone di generazioni diverse, con vissuti, sensibilità, condizioni sociali diversi. Nella scuola, si riverbera il nostro tempo: le trasformazioni della società e della cultura; i modelli di comportamento; i cambiamenti del nostro territorio e del mondo globale.
Ci rendiamo conto che viviamo un cambiamento d’epoca, un tempo di profonda trasformazione del modo di vivere, di relazionarsi, di pensare. La scuola è il luogo in cui questi cambiamenti sono davanti agli occhi. I ragazzi sono – da sempre – figli del mondo contemporaneo, di cui esprimono i riferimenti, le logiche, le sensibilità. Un mondo che non hanno costruito loro, ma in cui si sono trovati a vivere. I ragazzi restituiscono agli adulti, in questo modo, uno specchio di se stessi: in loro si può osservare – e forse capire meglio – il tempo di cui tutti siamo intessuti, magari senza accorgercene.
D’altra parte, i ragazzi richiamano gli adulti alla loro responsabilità di dare una risposta, di indicare una prospettiva. Quale sapere è richiesto per vivere questo tempo? Cosa significa educare? Vale a dire: cosa significa essere persone adulte? Si tratta di domande decisive, che da tempo interpellano con urgenza il mondo della scuola e della ricerca a livello internazionale, basti pensare alle indagini OCSE PISA, che coinvolgono 81 Paesi, o al rilievo mondiale della ricerca di Edgar Morin sui saperi nell’epoca della complessità.
Queste domande non riguardano solo la scuola, ma toccano profondamente l’esigenza di ciascuno di vivere questo tempo con consapevolezza e con fiducia, senza lasciarsi intimorire o bloccare dalla sua complessità.
Di fronte alla sfida dell’ Intelligenza Artificiale, nel suo ultimo lavoro, Machina Sapiens, Nello Cristianini si chiede: “La domanda se le macchine possono pensare è molto più di una curiosità tecnica o scientifica: ci porta ad affrontare la più fondamentale delle domande umanistiche, ’cosa significa essere umani’?”
Sono domande enormi. Ora come ora, la risposta ci viene soprattutto dai modelli della grande comunicazione, dal marketing: il modello di adulto oggi è forte, efficiente, individuale, autoreferenziale. Oggi sentiamo tutti che occorre essere forti, efficienti, capaci di far fronte alle prestazioni. Oscilliamo tra il desiderio di riuscire, di “farcela”, e la frustrazione, la percezione che la nostra vita reale non abbia a che vedere con questi ideali.
Da dove partire?
I modelli e le illusioni, di ieri e di oggi, si riverberano nella scuola. Chi ci lavora è asfissiato dalla burocrazia e dalle incombenze pratiche.
Eppure, nonostante tutto, nel luogo concreto che è la scuola, la vita reale, la concretezza di ciascuna persona è davanti agli occhi.
A scuola “ci siamo”.
La nostra vita c’è: concretamente, così come è.
La domanda “cosa significa educare” può forse partire da qui.
Dall’interrogarsi in modo concreto, non illusorio, su chi è un essere umano; cercando, nel tempo e nello spazio condiviso con i ragazzi, di riconoscersi, di accogliere e dire in modo autentico cosa sia questo “stare al mondo” che è la nostra vita.
Infine: quale sapere, per vivere questo tempo?
Si tratta, per la scuola, della domanda fondamentale.
Oggi si dice che si dovrebbe insegnare a pagare un conto corrente: ma con quale tecnologia lo faremo, solo tra tre anni?
La scuola italiana non ha ceduto, come altri Paesi, alla specializzazione dei saperi: sapere scientifico, tecnico e umanistico nella nostra scuola si incontrano, ognuno con la propria capacità di sguardo sul mondo. È una grande potenzialità.
I ragazzi spesso esprimono difficoltà a capire il senso di quello che la scuola insegna.
Per i docenti, la sfida è quella di coglierlo, questo senso, e poi di cercare di condividerlo, di comunicarlo.
Da qui, la ricerca può partire.
prof.ssa Agnese Miccoli, direttrice Ufficio Pastorale Scolastica

(Foto Calvarese/SIR)