Il fattore umano

La storia di Nadia D’Agostino è una di quelle che fa la differenza nel mare nero d’indifferenza che avvolge le tragedie dei migranti. Per i giornalisti, impossibilitati a portarsi oltre un certo limite, Nadia è stata per anni i loro “occhi” sul molo Favarolo di Lampedusa, essendo la prima a salire sulle motovedette della Guardia costiera per lo screening infettivologico.
Da lei, ora in servizio a Catania -Ufficio di sanità marittima e aerea di frontiera del Ministero della Salute – i giornalisti ricevevano le prime informazioni sulle condizioni di migliaia di disperati. Date da Nadia con la preoccupazione di far capire chi fossero le persone che arrivavano, o mancavano all’appello perché inghiottite dal mare. Persone, oltre i numeri dei bollettini in cui scompaiono, annullate nelle cifre, i nomi, le storie, i sogni di chi non ce l’ha fatta e di chi ce la fa ma ha perso tutto.
In un incontro moderato da Emanuela Bonchino, giornalista di Rai News 24, Nadia D’Agostino ha portato la sua testimonianza al Festival del Giornalismo di Ronchi dei Legionari, conquistando l’uditorio con la sua empatia.
La stessa con cui si accosta alla vulnerabilità, con la delicatezza amorevole di chi sente il dolore altrui, riconoscendo nell’altro una parte di sé. “Assistere è il minimo” ha detto Nadia, non solo operatrice sanitaria ma confidente, amica, madre, compagna di giochi, pronta a tirare fuori dal portabagagli giocattoli, gessetti, vestitini, coccole e sorrisi. Sue le braccia che hanno confortato gli infelici approdati fortunosamente alla porta sud dell’Europa.
Ha visto, e vede, scene strazianti: soccorre, cura e quando non c’è più nulla da fare, accompagna nell’ultimo saluto. Esserci con un’umanità “no borders” come la sua fa un’enorme differenza.
Nadia c’è, con tutta sé stessa, sapendo che le ferite più dolenti sono quelle interiori.
C’era quando, tra il 12 e il 13 settembre 2023, a Lampedusa, isola di 6 mila abitanti, nel giro di 48 ore sbarcarono 8 mila persone.
C’era accanto ad Ibrahim, che voleva giocare e, ignaro di avere perso i genitori, ripeteva “Verranno presto mamma e papà. Vero che verranno?”.
C’era accanto a Godan, 21 giorni di vita, arrivato morto in braccio alla madre diciannovenne, che lo cullava pensando stesse dormendo.
C’era alla nascita di Fatima, ivoriana come Ibrahim e Godan, aiutata a venire al mondo mentre la motovedetta attraccava. Segno di speranza in quell’inferno materializzato sulla terra.
È di pochi giorni fa l’ultima, duplice tragedia del mare: 66 i dispersi, di cui 26 minori, del veliero con a bordo intere famiglie afghane, semiaffondato al largo della costa calabra; 11 i corpi senza vita recuperati nello scafo del barchino di legno partito dalla Libia e allagatosi a sud di Lampedusa. L’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), l’Organizzazione internazionale per i migranti (Oim) e l’Unicef contano, da inizio anno, 800 migranti morti, 5 vittime al giorno, sulla rotta più pericolosa al mondo. Inascoltati gli appelli di potenziare le risorse per le operazioni di ricerca e soccorso in mare a sostegno della Guardia costiera, lontana una convergenza della “fortezza Europa” sulle politiche migratorie.
“Ogni naufragio – ha ammonito il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva – rappresenta un fallimento collettivo, un segno tangibile dell’incapacità degli Stati di proteggere i più vulnerabili”. Intanto, un’umanità disposta a rischiare tutto continua a fuggire da conflitti e persecuzioni per cercare sicurezza dove la vita è migliore.
Nadia D’Agostino, nata nella parte di mondo più fortunata, figlia di emigranti in Germania, ha scelto dove e come fare la sua parte: prendendosi a cuore le vite di persone che camminano con lei, con i loro nomi, le loro sofferenze, le paure e i sogni di futuro. Illuminare il mondo si può, impedendo che la nostra umanità vada alla deriva.

Annarita Cecchin