Gorizia Nova Gorica. Due città in una

Il libro di Andrea Bellavite, uscito nel maggio di quest’anno in duplice versione italiana e slovena, è certamente una “Guida alla Capitale Europea della Cultura”, come si legge in copertina, ma anche molto più di una tradizionale guida turistica. Nell’introduzione dell’autore, infatti, si legge che “Questa ’guida’ (non a caso inserita fra virgolette) nasce dall’entusiasmo suscitato dalla proclamazione di Nova Gorica con Gorizia ’capitale europea della Cultura 2025’”.
E l’amore per questa terra, multiculturale e plurilinguistica, lembo di mondo insanguinato da troppe guerre che persone diverse hanno saputo trasformare in luogo di convivenza pacifica, si legge in ogni pagina degli otto percorsi che continuamente attraversano il confine.
Al contempo emerge anche, cosa inusuale in una classica guida turistica, la visione del mondo dell’autore, definito da Angelo Floramo nella Prefazione un contrabbandiere di sogni e speranze, un trasgressore ispirato alla filosofia dello sconfinamento, che ci invita a vivere il con-fine come luogo di condivisione di “fini” orientati alla cooperazione.
Gli itinerari, da percorrere a piedi o in bicicletta, presentano luoghi geografici e monumenti, raccontandone le storie, testimonianze di incroci di culture e lingue (almeno le quattro principali qui parlate: italiano, sloveno, tedesco e friulano). Poi ci sono gli incontri con i vari soggetti umani che hanno vissuto i drammi di questo confine, pagando in alcuni casi un duro prezzo, com’è successo a Lojze Bratuž, ispettore dei cori ecclesiastici dell’arcidiocesi di Gorizia, morto nel 1937 in seguito a un odioso attacco fascista.
Toponimi, monumenti e i tanti busti di personaggi presenti in entrambe le città (Gorici nel duale sloveno) sono l’occasione per conoscere le storie di impegno culturale e civile di molti uomini e anche qualche donna che hanno contribuito alla valorizzazione delle diversità: italiani, persone di varie lingue e culture appartenenti all’impero austro-ungarico, sloveni ma anche oriundi delle altre repubbliche della ex Jugoslavia, friulani, ebrei, della cui comunità quasi annientata dal nazismo oggi rimangono solo le testimonianze storiche di edifici e di nomi, alcuni notissimi come il filosofo Carlo Michelstaedter e Carolina Luzzatto, prima donna italiana ad aver diretto un quotidiano. Oltre ai nomi di personaggi famosi che per breve tempo hanno abitato a Gorizia, come Goethe, Schiller, Goldoni, Casanova, Napoleone, papa Pio VI, l’ultimo re di Francia Carlo X, sepolto alla Kostanjevica/Castagnavizza, si incontrano molti altri rappresentanti, più o meno noti, di un grande e variegato mondo culturale, dai linguisti Graziadio Isaia Ascoli e Stanislav Škrabec, agli scrittori e poeti Simon Gregor¤i¤, Ljubka Šorli, Celso Macor, alla famiglia di industriali tedeschi Ritter de Zahony, che tanto hanno contribuito alla crescita della città. Per scoprirli tutti invito a seguire gli itinerari del libro, che, a ogni passo, ci riservano la scoperta di luoghi a cui sono collegate storie avvincenti di persone inserite a diverso titolo nella grande storia, come Primož Trubar, il più importante predicatore della riforma luterana a sud del Danubio, che riuscì a convertire al protestantesimo buona parte della popolazione di Gorizia.
Si capisce quindi perché tanti ordini religiosi, compresi i Gesuiti, siano arrivati a Gorizia chiamati dai cattolici Asburgo. Colpisce la grande influenza che la cultura cattolica ha avuto nelle due città: alcuni dei personaggi citati per i loro lasciti culturali erano anche preti (da Simon e Anton Gregor¤i¤ a Ivan Trinko); a Nova Gorica, dove l’originario piano regolatore non prevedeva la costruzione di edifici religiosi, di fronte alle insistenze di sacerdoti e fedeli, alla fine degli anni ’70 si diede avvio alla costruzione della chiesa, diventata nel 2004 con-cattedrale.
I luoghi simbolo Piazza Transalpina/Trg Evrope e Salcano/Solkan ci guidano in un viaggio tra memoria, presente e responsabilità verso il futuro: “Il ponte di Salcano è un impressionante simbolo dell’unione nella diversità, di un dialogo che non si trasforma in violenza, ma nella ricerca di nuovi indispensabili paradigmi per ripensare il futuro dell’intera umanità”.

Gabriella Burba