Don Giuseppe: il prete delle missioni

Ci eravamo sentiti al telefono l’ultima volta il 10 settembre scorso.
In quella telefonata – in cui don Giuseppe già aveva una voce sofferente – avevamo parlato di come essere presenti come Arcidiocesi di Gorizia alla cerimonia dell’ingresso del nuovo Arcivescovo di Bouaké.
Sempre disponibile ad un consiglio, anche in quella ultima volta avevamo concordato come fare. Poi, altre volte, al telefono non ha risposto più… immagino a motivo dell’aggravamento delle sue condizioni di salute.
Don Giuseppe nel cuore di tutti è il “prete delle missioni”.
Fu lui a iniziare, lui a progettare, lui a predisporre il programma di costruzione dei gruppi missionari in diocesi. Lui a farsi presente fisicamente tante volte in Africa, nella sua amata Costa d’Avorio e poi negli ultimi anni anche in Romania.
Di lui ricordo in particolare la lucidità nell’organizzazione pastorale e la lungimiranza. Immaginare nel 1973 di inviare un’équipe missionaria formata da preti diocesani, religiose e fedeli laici era qualcosa di assolutamente rivoluzionario per l’epoca.
Lo abbiamo ricordato anche nella celebrazione per i primi cinquant’anni della missione diocesana in Costa d’Avorio in quella Messa in Cattedrale dell’8 gennaio 2023 che si concluse con un accorato e spontaneo applauso per don Giuseppe.
Poi lui sulla porta della chiesa a salutare tutti e per ciascuno c’era stato un saluto, un ricordo, un complimento. Anche l’Arcivescovo monsignor Redaelli aveva avuto parole di ringraziamento e riconoscimento “un ringraziamento particolare va dato a mons. Giuseppe Baldas che fin dall’inizio è stato il motore della attività missionaria della diocesi”.
Da quel momento è iniziata un’epopea che ha visto diverse fasi: l’apertura di una seconda missione a Bouaké pochi anni dopo la prima, e poi l’impegno di tutti i sacerdoti diocesani che sono “partiti” negli anni successivi come Fidei Donum, il loro contributo determinante alla costruzione della Chiesa in Costa d’Avorio, non solo una costruzione ’materiale’, di edifici di culto con innumerevoli cappelle, chiese e dispensari ma soprattutto una costruzione ’spirituale’ di una Chiesa giovane, vivace, inclusiva.
Fu lungimirante anche quando, dopo il 1990, con l’arrivo della democrazia nell’Europa dell’Est, puntò sul rapporto fraterno con la Romania soprattutto nel sostegno alle vocazioni sacerdotali.
Un prete di altri tempi, tutto d’un pezzo don Giuseppe, che non mancava occasione per evidenziare l’importanza della dimensione missionaria per la Chiesa; memorabili i suoi interventi talvolta pungenti nei Consigli Presbiterali.
La sua memoria resti in benedizione, il suo slancio missionario resti lo slancio di tutti noi.

don Giulio Boldrindon, direttore Centro missionario diocesano