“Dilexit Nos” sull’amore umano e divino di Gesù Cristo

Introduzione

Il 24 ottobre 2024, dodicesimo anno del suo pontificato, Papa Francesco durante l’esperienza del Sinodo della Sinodalità ha offerto a tutta la Chiesa Cattolica l’enciclica “Dilexit Nos” sull’amore umano e divino di Gesù Cristo in concomitanza con la prossima apertura del Giubileo “La Speranza non delude” (2025) ed anche –ricordiamo noi – nel richiamo alla ricorrenza del Concilio di Nicea (325), che ha offerto le sue convinzioni sulla divinità del Verbo incarnato per superare l’arianesimo, e nel “giubileo” della spiritualità di Paray-le-Monial.

Suddivisione dell’enciclica

La lettera enciclica è composta di 220 paragrafi formanti cinque aree più una conclusione. Le aree trattano dei seguenti temi che approfondiscono l’aspetto teologico-pastorale dell’ attenzione agapica di Cristo e il rapporto del credente con il Cuore di Cristo.:

  1. L’importanza del cuore (2- 31);
  2. Gesti e parole d’amore (32- 47);
  3. Questo è il cuore che ha tanto amato (48 – 91);
  4. L’amore che dà da bere (92 –163);
  5. Amore per amore (164-216)

Conclusione  (217-220)

Presentiamo le singole aree.

  1. L’importanza del cuore (1- 31 )

 

Quest’area si apre con la citazione di Paolo ai Romani (8,37) [Deus] “dilexit nos”.

Presenta poi l’importanza del simbolo “cuore” citando il significato profano da Omero a Platone (3).Richiama poi il significato biblico sottolineando che per gli autori sacri il cuore è il luogo della sincerità (5).

L’enciclica chiede di ritornare al cuore perché “il cuore ascolta in modo non metaforico la silenziosa voce dell’essere” (16) e rende possibile ogni legame autentico (17). Il cuore è anche capace di unificare (19). Nell’era dell’intelligenza artificiale non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore(20).

Se pensiamo poi alla vita spirituale i maestri come Sant’Ignazio di Loyola sottolineano che “l’origine di un nuovo ordinamento di vita parla al cuore” (24). Newman afferma che “il Signore ci salva parlando al nostro cuore dal Sacro Cuore” (26). “Solo il cuore è capace di mettere le altre facoltà e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di riverenza e di obbedienza amorosa al Signore” (27).

Il mondo potrà cambiare a partire dal cuore, come appunto afferma il Concilio Vaticano II (GS 10). “Gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo” (29). Per ridare dignità all’impoverimento della dignità umana “abbisogna dell’aiuto dell’amore divino”.

Andiamo al Cuore di Cristo che è una fornace ardente dell’amore divino e umano, “è lì in quel cuore che riconosciamo noi stessi” (30).

 

  1. Gesti e parole d’amore (32-47)

Il nucleo vivo dell’annuncio cristiano è il Cuore di Cristo “lì è anche l’origine della nostra fede” (32).

I gesti di Cristo che riscontriamo nella vita pubblica di Gesù sgorgano dal suo amore per i peccatori, i poveri, i malati e lo fa” superando tutte le distanze.Si è fatto vicino a noi come le cose più semplici e quotidiane dell’esistenza” (34). Ha chiesto spesso di non aver paura, di non dubitare (37),non si scandalizza mai di nessuno non rifiuta di andare a casa dei peccatori (37).

Egli disse: “Misericordia voglio, non sacrifici”(Mt 9,13). “Quello stesso Gesù oggi aspetta che tu gli dia la possibilità di illuminare la tua esistenza” (38).

Gesù sa scrutare i cuori! Andiamo a lui con la disponibilità di chi si fida e affida al suo progetto, non come il giovane ricco del Vangelo (Mc 10,21) che ritenne più importante il suo criterio che quello di Gesù(39).

Dal Vangelo sappiamo che il Rabbi Galileo è attento alle persone, alle loro preoccupazioni e alle loro sofferenze (40). Proprio per questa sua sensibilità, che ha imparato da Maria sua madre (Lc 2,19.51) insieme a S.Giuseppe (40), piange nei confronti degli abitanti di Gerusalemme (Gv 11,33) per la loro insensibilità verso il messaggio (45). Questo turbamento interiore si esprime in tutta la sua forza nel grido del Crocifisso sulla croce: “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato” (Mc 15,34) Anche verso di noi “oggi Cristo e attento” (41).

 

  1. Questo è il cuore che ha tanto amato (48-91)

In quest’area dell’enciclica Dilexit nos, Papa Francesco presenta la vera devozione al Cuore di Cristo, che sta nel riconoscere il cuore quale “segno privilegiato… del suo amore divino e umano” (48) a favore dell’intera umanità. Qui viene richiamata quella pastorale a favore del risveglio della confidenza con la vita sacramentale messa in scacco dal giansenismo e sbloccata proprio con questa attenzione spirituale cristocentrica denominata devozione al Sacro Cuore, sgorgata dalle rivelazioni di Paray-le-Monial. Si parla dell’adorazione a Cristo nella sua divinità e umanità (49) simboleggiata dal cuore, ma è a Lui vero uomo e vero Dio che va la vera adorazione e lo stupore per il suo amore verso l’umanità (50).

Nel venerare l’immagine del Cuore di Cristo, che rappresenta “il nucleo più intimo della persona di Gesù Cristo” (54) la Chiesa vuole portare il credente alla “relazione con la totalità di Gesù Cristo nel suo centro unificatore… deve orientarci a contemplare Cristo in tutta la sua bellezza e la ricchezza della sua umanità e divinità (49) simboleggiata dal cuore ma è a Lui, vero uomo e vero Dio che va l’adorazione e lo stupore per il suo amore verso l’umanità (50).

Nel venerare l’immagine del Cuore di Cristo, che rappresenta “il nucleo più intimo della Persona di Gesù Cristo” (54), la Chiesa vuole portare il credente alla “relazione con la totalità di Gesù Cristo nel suo centro unificatore… dove orientarci a contemplare Cristo in tutta la bellezza e la ricchezza della sua umanità e divinità” (55).

“Se ancora oggi il cuore è percepito nel sentimento popolare come il centro affettivo di ogni essere umano, esso è ciò che meglio può significare l’amore divino di Cristo unito per sempre e inseparabilmente al suo amore integrale umano” (61).

Oltre che all’amore divino e a quello umano vi è un triplice amore nel Cuore di Cristo ed è quello della “ardente carità che è infusa nella sua anima [con l’Incarnazione del Verbo] che costituisce la preziosa dote della sua volontà umana…simbolo del suo amore sensibile” (64). “Questi tre amori non son però capacità separate…bensì agiscono e si esprimono insieme” (66). “Perciò entrando nel Cuore di Cristo ci sentiamo amati da un cuore umano… La sua volontà umana vuole liberamente amarci e questa volontà spirituale è pienamente illuminata dalla grazia e dalla carità” (67).

La devozione al Cuore di Cristo, oltre ad essere cristocentrica, è perfettamente radicata nella Sacra Scrittura, basterebbe confrontare Ef 1,13; Ef 3,14; Ef 4,6; 1 Cor 8,6).

Ireneo di Lione afferma senza esitazione che: “Il Figlio di Dio è sempre esistito al cospetto del Padre” e “Origene sostiene che il Figlio persevera nell’incessante contemplazione del Padre “ (74).

“Non possiamo dimenticare ciò che ha affermato S. Giovanni Paolo II, che il Cuore di Cristo è il capolavoro dello Spirito Santo” (75).

Il Magistero pontificio della devozione al Cuore di Gesù va da Leone XIII, a Pio XII, a Paolo VI, a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI (79-81).

Papa Francesco in questa enciclica sostiene che la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana…tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo” (83) e ci aiuta a superare “Quel dualismo di Comunità e pastori concentrati solo su attività esterne… Ne risulta spesso un cristianesimo che ha dimenticato la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio” (88).

 

  1. L’amore che dà da bere (92-163)

In quest’area vengono sottolineati due aspetti per avvicinarci al Vangelo: “l’esperienza personale e l’impegno comunitario e missionario” (91).

La prima figura che viene presentata partendo dalla sacra Scrittura è quella dell’acqua che ha dissetato il Popolo nel deserto, della sorgente e dell’acqua del costato trafitto di Cristo, simbolo dell’acqua dello Spirito, come appunto sottolinearono i “Padri della Chiesa, soprattutto dell’Asia minore” (102). “S.Agostino ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore” (103). “S. Bonaventura ha ripreso il simbolismo del costato trafitto del Signore, intendendolo esplicitamente come dono e rivelazione dell’amore del Sacro Cuore” (104) ed inoltre “mentre lo presenta come fonte dei sacramenti e della grazia, propone che questa contemplazione diventi un rapporto di amicizia e un incontro personale di amore” (106).

Papa Francesco in quest’area continua ad elencare come nella spiritualità e nella mistica cattolica il Cuore del Signore fu inteso quale “fonte di vita e di pace interiore” (110) oltrepassando gradualmente la vita monastica e giungendo a coinvolgere la vita spirituale del Popolo di Dio. E qui viene richiamato l’impegno di S. Giovanni Eudes e poi di S. Francesco di sales (cfr 113-118).

Un posto particolare, giustamente, viene riservato a Santa Margherita Maria Alacoque e a San Claudio de La Colombière, dando quell’importanza al messaggio ed alla spiritualità di Paray-le-Monial, senza trascurare sia San Charles de Foucauld e S.Teresa del Bambin Gesù (cfr 119-129).

La Compagnia di Gesù non solo beneficiò di questa spiritualità, ma la diffuse (145). A questa spiritualità si formarono anche santi contemporanei, come P.Pio, Madre Teresa di Calcutta, S. Daniele Comboni. S. Giovanni Paolo II (148-149). I Pontefici da Pio XI compreso Paolo VI furono diffusori di questa spiritualità così come diversi istituti secolari, come quello della Regalità, dell’A.R.A. e i sacerdoti del Sacro Cuore ed altre congregazioni religiose.

Giustamente Papa Francesco sottolinea che la spiritualità del Sacro Cuore è la “devozione della consolazione (151)… e vale la pena recuperare questa espressione dell’esperienza spirituale sviluppata attorno al Cuore di Cristo [che è] il desiderio interiore della consolazione”(152).

Si tratta di impostare una vita spirituale da parte del cristiano che con il suo essere ed agire possa, in un certo qual modo, avvicinarsi a Cristo con una scelta spirituale orientata alla testimonianza, alla luce della fedeltà al Vangelo, potenziando così – in senso umano – il consolare Cristo dalle indifferenze o astiosità verso la sua opera di redenzione a favore dell’intera umanità.

Pio XI nella sua enciclica Miserentissimus Redemptor (1928) avvalorò questa spiritualità consolatoria.

Si tratta di focalizzare il dato teologico che la Passione di Cristo non è semplicemente un fatto del passato e quindi in tal senso ad essa il cristiano può partecipare per fede. “Tale convinzione è – sostiene Papa Francesco – fondata sulla teologia” (154). Questo insegnamento di Pio XI va tenuto presente nella logica della realtà metastorica dell’opera redentrice di Cristo, oltre quindi alla dimensione del tempo.

 

  1. Amore per amore (164-216)

            Citando un passo delle Rivelazioni private di Cristo a Santa Margherita Alacoque, papa Francesco presenta il lamento di Gesù per il suo amore a favore dell’umanità non ricambiato con amore, ma con indifferenza e ingratitudine (165). La richiesta di Gesù è l’amore (cfr 165) da offrirgli in modo particolare attraverso i fratelli in modo concreto.

È esplicito il Signore: “Tutto quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Ed ancora: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20).

La società dell’impero romano fu “conquistata “da questa religione dove l’amore per Dio passa attraverso il prossimo più diseredato (169). Questa fu ed è la novità del cristianesimo che suscitò certo conversioni ma anche persecuzioni. L’amore infatti affascina ma anche sa generare incomprensioni che possono sfociare in gesti radicali come la persecuzione. Questa “strada” che fa da paragone dei discepoli di Cristo con altri percorsi religiosi,già ai tempi di Gesù, è ciò che crea la differenza nei confronti delle persone pensose e rette.

“Questa unione tra la devozione al Cuore di Gesù e l’impegno verso i fratelli attraversa la storia della spiritualità cristiana” (172). Papa Francesco intende in sintesi offrire l’importanza anche oggi di questa spiritualità. Parte dando uno sguardo ad alcuni Padri della Chiesa, come Origene e S.Ambrogio, che sottolinearono in Cristo la sorgente d’ acqua viva da attingere da parte di ogni uomo (cfr 173-176).

Cita poi S. Bernardo per una conversione di vita che poggi sull’amore /177); S.Francesco di Sales richiama al cristiano l’impegno di vivere  secondo il Cuore di Cristo, sia nelle cose semplici, come nelle grandi, tenendo conto che “la chiave della nostra risposta all’amore del Cuore di Cristo è l’amore per il prossimo” (178).

Anche S. Charles de Foucault indica che l’amore che Cristo ci chiede passa attraverso la testimonianza d’amore verso i più poveri (179).

Alla luce di questa logica della testimonianza di un amore verso Cristo che passa attraverso l’amore del prossimo, Papa Francesco si sofferma su quell’amore spirituale e mistico che è la riparazione offerta al Cuore d Cristo (181) da parte dei cristiani che assieme allo stesso Cuore di Cristo sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza [di un’umanità] che non costruisce sulla civiltà dell’amore, bensì sulla scia del male e del peccato (182).

La riparazione essenzialmente deve essere un atto “di amore, di servizio, di riconciliazione per essere effettivamente riparatrice… La riparazione cristiana non può essere intesa solo come un insieme di opere esteriori… Essa esige una spiritualità, un’anima, un senso che le conferiscono forza, slancio e creatività instancabile. Ha bisogno della vita, del fuoco e della luce che vengono da Cristo” (184).

“La buona intenzione non basta; è indispensabile un dinamismo interiore che provochi conseguenze esterne” (187). “Fa parte di questo spirito di riparazione l’abitudine di chiedere perdono ai fratelli…Chiedere perdono è un modo di guarire le relazioni perché riapre il dialogo e manifesta la volontà di ristabilire il legame della carità fraterna” (189). Oltre a ciò vi è un altro modo –dice papa Francesco- di intendere la riparazione: è collaborare affinchè “l’amore di Dio si diffonda nella nostra vita e nel mondo” (192).

Giustamente richiama Papa Francesco: “Benché non sia possibile parlare di una nuova sofferenza del Cristo glorioso… possiamo invece dire che Egli stesso ha accettato di limitare la gloria espansiva della sua risurrezione, di contenere la diffusione del suo immenso e ardente amore per lasciare spazio alla nostra libera cooperazione con il suo Cuore” (193).

Continua Papa Francesco dicendo che “dal momento che il Signore, che tutto può, nella sua divina libertà ha voluto avere bisogno di noi, la riparazione si intende come rimuovere gli ostacoli che poniamo all’espansione dell’amore di Cristo nel mondo con le nostre mancanze di fiducia, gratitudine e dedizione” (194) e quindi unirsi spiritualmente con la nostra volontà e le nostre azoni ai meriti salvifici di Cristo, unici ad offrire riparazione adeguata e salvezza. Ovviamente – dice l’enciclica – “non vi è nulla da aggiungere all’unico sacrificio redentore di Cristo, ma è vero che il rifiuto della nostra libertà non permette al Cuore di Cristo di dilatare in questo mondo le sue onde di infinita tenerezza” (197).

Di tenerezza il mondo ha bisogno e quindi una via può essere anche quella che ci offre la teologia e la spiritualità del Sacro Cuore come riparazione e consolazione “in tal modo offriamo nuove espressioni alla forza restauratrice del Cuore di Cristo” (200). Di ciò bisogna far innamorare il mondo e il metodo sta nel rendere attraente la proposta cristiana vivendola e manifestandola integralmente non come semplice “devozione-rifugio” in sentimenti religiosi (204) ma come “atti di amore verso il prossimo che ci uniscono alla Passione di Cristo e soffrendo con Cristo…Solo Cristo salva con il suo sacrificio sulla croce per noi, solo Lui ordina…La riparazione che noi offriamo è una partecipazione liberamente accettata al suo amore redentore e al suo unico sacrificio. Così diamo compimento – come afferma S. paolo – a ciò che manca ai patimenti di Cristo nella [nostra] carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24), ed è Cristo stesso che prolunga attraverso di noi gli effetti della sua totale donazione per amore” (201).

Questo progetto spirituale e mistico della riparazione e consolazione nei confronti dell’amore di Cristo per tutti gli uomini e per tutto l’uomo (GS 22) “è un amore che diventa servizio comunitario” (213) perché è anche nei fratelli e sorelle impoveriti che noi troviamo Cristo (cfr 213). Il nostro essere inviati nel mondo con il Battesimo per offrire la salvezza cristica è una vocazione di servizio alla quale nessun battezzato può rinunciare.

Può essere difficile ma non dimentichiamo che “Lui ci accompagnerà e ci illuminerà e ci rafforzerà” (216).

            Conclusioni

Papa Francesco chiude l’enciclica Dilexit nos quale chiave di lettura delle sue encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti (217). Chiede ad ogni appartenente al Popolo di Dio, sia ministri ordinati, consacrati/e, fedele laico, singoli cristiani e varie realtà comunitarie di saper attingere “quei fiumi di acqua viva [che sgorgano dal Cuore di Cristo] per guarire le ferite che ci affliggono e per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci ad imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno.

mons. Ettore Malnati

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)