Pastorale sul web

Quasi immediatamente però si sono trovate delle vie per continuare una presenza pastorale, per non fermare l’annuncio del vangelo. I mezzi di comunicazioni offerti dalla tecnologia di oggi sono venuti fortemente in aiuto alla pastorale. Hanno cominciato a girare sui gruppi Whatsapp e sulle pagine Facebook molteplici riflessioni, immagini, video. La Conferenza Episcopale Italiana ha realizzato un sito apposito dove si possono trovare tantissimi strumenti che sono sorti in questi giorni (https://chiciseparera.chiesacattolica.it/): videomessaggi dei vescovi, proposte di catechesi per ogni età, eventi di preghiera in streaming, sussidi di ogni tipo. Inoltre tante comunità si sono organizzate per trasmettere la celebrazione della S. Messa in streaming sui vari social e/o in radio. Per chi ha un po’ di contatti “cattolici” probabilmente sfogliando Facebook soprattutto la domenica avrà visto quante celebrazioni della messa vengono proposte: vescovi in cattedrale, frati nei santuari, parroci nelle loro comunità, sacerdoti in piccole cappelle o nelle loro case.Certo come tutte le realtà, tanto più se nuove, anche questa presenza importante della pastorale sul web pone una serie di interrogativi e di questioni e merita di essere approfondita nelle sue tensioni. Da una parte è un segno molto bello poter essere presenti sui social e sul web con degli strumenti che possano annunciare il Vangelo agli utenti. Alcuni video sono fatti veramente bene e alcune proposte sono segno di una creatività posta al servizio dell’annuncio del Vangelo. In questi giorni si è vista la potenzialità degli strumenti di comunicazione verso i quali talvolta si ha un po’ di sospetto. Dall’altra parte però la sovraproduzione di video, audio, commenti e strumenti rischia di far perdere valore alla proposta stessa. Se su una chat ci arrivano dei video, in genere, i primi li guardiamo, ma dopo un po’ si tende a non considerare molto ciò che è arrivato; se sfogliando Facebook o Instagram vediamo un sacerdote che commenta il vangelo lo ascoltiamo con attenzione, ma se troviamo 30 commenti, rischiamo di non ascoltare nessuno.Da una parte è molto bello che ogni comunità e ogni sacerdote sentano il bisogno di trasmettere la celebrazione dell’eucarestia dalla propria chiesa e per la propria comunità: è un segno di amore verso la propria gente, della ricerca di trovare le parole giuste per dei destinatari precisi, è il tentativo di ricostituire sul web la comunità che di solito si riunisce la domenica, dando un senso di continuità. Dall’altra parte c’è da domandarsi se non è questa l’occasione per vivere la comunione ad un livello un po’ più ampio, magari riunendosi come Chiesa diocesana attorno al proprio vescovo, almeno allo schermo. C’è anche da interrogarsi se è si segue meglio una celebrazione vicina da una chiesa conosciuta e presieduta da un sacerdote noto, ma realizzata con degli strumenti artigianali e con una regia statica (anche se alcune parrocchie sono capaci di produrre trasmissioni di alta qualità), o una celebrazione in una chiesa anche più lontana, ma più curata nella regia e nella predicazione. Da una parte è molto bello che si possa seguire la celebrazione della messa alla TV, o in streaming, o in radio: la condizione che vivono costantemente gli ammalati e gli anziani che non possono andare in chiesa adesso viene condivisa da tutti i fedeli. È così possibile ascoltare la Parola di Dio, pregare per e con la comunità, professare la propria fede, sentirsi almeno un po’ in comunione. Dall’altra parte celebrare senza la presenza del popolo di Dio, che è il Corpo di Cristo, e senza possibilità di fare la comunione, che è il Corpo di Cristo, è comunque un’esperienza mancante… assomiglia un po’ alle trasmissioni di cucina che fanno vedere le cose buone che si potrebbero mangiare, mentre uno è dall’altra parte dello schermo. Da una parte è bello lo sforzo per essere presenti su web e per offrire strumenti per vivere questa quaresima particolare. Dall’altra parte sarebbe ancora più bello che ogni battezzato, in quanto adeguatamente formato in precedenza, sappia gustare anche il silenzio e l’assenza, e sappia dare un senso spirituale a questa mancanza come occasione per discernere ed educare i desideri, in modo che si desideri più intensamente la comunione con Dio e con i fratelli. Da una parte è bello il desiderio di ricostituire la dimensione della comunità nel vivere la domenica seguendo una celebrazione allo schermo. Dall’altra parte sarebbe ancora più bello che, nell’impossibilità di celebrare l’eucarestia, si viva una liturgia familiare, dove non si ha bisogno di schermi, ma si possono incrociare gli sguardi del proprio coniuge e dei propri figli, diventando più consapevoli della presenza reale dell’amore di Dio nel sacramento che è la vita degli sposi e nella Chiesa domestica che è la famiglia. Sarebbe bello che ciascuno eserciti il proprio sacerdozio battesimale nel raccogliere le preghiere dell’umanità, la propria capacità profetica di leggere la Parola di Dio, e la propria regalità nel vivere il discernimento. Insomma, sarebbe bello che imparassimo ad essere presenti e a formare, senza la necessità di coprire tutti i vuoti e tutti i silenzi. Sarebbe bello che vivessimo fino in fondo la dimensione della Chiesa domestica e della liturgia familiare, senza perdere il senso della comunità più ampia. Chissà che questo tempo particolare e strano ci aiuti a trovare equilibri e soluzioni migliori…