Voglia di scuola
25 Marzo 2020
In risposta alla chiusura delle scuole, alcuni insegnanti si erano subito attivati per mantenere i contatti con i loro studenti, tramite il registro elettronico, piattaforme di e-learning, Skype, mail, ma la situazione era a macchie di leopardo, con grandi differenze fra scuole già tecnologicamente attrezzate e altre più in difficoltà, e anche con opinioni contrastanti sulle modalità, sui problemi di privacy, sugli obblighi dei docenti in circostanze non previste dalle norme. Infatti, mentre si registravano vari messaggi di ringraziamento da parte di studenti e famiglie agli insegnanti che avevano ripreso a distanza i contatti con le loro classi, i sindacati scuola della Toscana rivolgevano all’Ufficio Scolastico Regionale e ai Dirigenti l’invito a “evitare l’applicazione di pratiche fantasiose e non rispettose della libertà di insegnamento a violazione della funzione del docente” perché “ad oggi non sussiste un obbligo contrattuale per il telelavoro dei docenti”. Alla fine l’invito si accompagnava a una diffida: “Le presenti Organizzazioni sindacali vigileranno a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori riservandosi di patrocinare eventuali ricorsi legali ed invitano e diffidano i Dirigenti Scolastici dall’applicazione di provvedimenti che siano diversi dai disposti dei DPCM, dalle norme legislative e contrattuali”.In questo clima di confusione, si sono verificati casi di docenti che hanno minacciato di denuncia i loro dirigenti o hanno criticato via social i colleghi troppo zelanti nel fare lezione a distanza.Finalmente il 17 marzo sono arrivate dal Ministero le “Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza”, che fanno riferimento alle “responsabilità professionali e, prima ancora, etiche di ciascuno” con il fine precipuo di mantenere viva la comunità scolastica, combattendo il rischio di isolamento e demotivazione. Esattamente ciò che ragazzi e famiglie avevano chiesto e per cui si erano dimostrati grati ai docenti.La ministra Azzolina in una diretta facebook, dopo aver invitato a proseguire con la didattica a distanza citando l’imperativo categorico kantiano, ha parlato di allievi che hanno abbracciato il computer vedendo la maestra allo schermo. Il Ministero, oltre a ribadire la centralità in questo frangente della relazione educativa, sottolinea l’esigenza di continuità del diritto all’istruzione, proponendo indicazioni articolate per i diversi gradi di scuola, per gli alunni con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento, bisogni educativi speciali, per la scuola in ospedale o nelle carceri. Anche se la scelta delle modalità specifiche è lasciata all’autonomia dei singoli Istituti, sono ritenute pratiche da abbandonare quelle consistenti nel solo invio di materiali e compiti da svolgere, non solo inidonee a mantenere il senso vitale della comunità scolastica ma anche fonti di oneri per le famiglie, spesso, a loro volta, impegnate nello smart working. Incredibilmente il giorno dopo, i più importanti sindacati della scuola hanno inviato al Ministero la richiesta che “la nota contenente ’Prime indicazioni operative per le attività di didattica a distanza’ sia immediatamente ritirata perché contenente modalità di organizzazione del lavoro che sono oggetto di relazioni sindacali”. I problemi sono tanti anche nella nostra regione dove alcuni dirigenti segnalano le difficoltà di connessione in luoghi montani, la mancanza di strumenti idonei proprio nelle fasce più deboli come gli immigrati che avrebbero maggior bisogno di sostegno, la resistenza di insegnanti poco avvezzi alle nuove tecnologie. Nessuno pensa, tanto meno il Ministero, che la didattica a distanza possa sostituire le relazioni in presenza, ma in questa inedita situazione, che probabilmente non permetterà per quest’anno la ripresa delle lezioni in classe, è necessario continuare a fare scuola, “a distanza o sotto un tendone, come capitato in altre tragedie che hanno colpito l’Italia”: lo sa bene il Friuli, checché ne dicano i sindacati.
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