Fra Aurelio, il dono dell’accoglienza e dell’ascolto

Il Friuli Venezia Giulia venne coinvolto profondamente nel 1940 e colpito duramente durante la Seconda Guerra Mondiale. Del Covid-19 si è detto che è la più grande sfida, per l’Europa e il Mondo intero, da quando cessarono le ostilità tra tutti quei Paesi.Ma in questo Friuli, già gravemente ferito dalle armi da fuoco, prima che un virus subdolo arrivasse  a portare ancora morte, con la sua corona, è passato, con la sua forza distruttiva,  anche Orco, nel 1976, un violento sisma che ebbe l’epicentro vicino Gemona. Lì, il 17 giugno 1949, nacqua Aurelio Blasotti. Il Signore, quando lo ha pensato, ha colorato i suoi occhi intingendo il pennello nel manto di Maria, di cui è stato sempre figlio devoto. Quando, poi, lo ha scelto, ha volto per lui una tunica dello stesso colore dei suoi capelli: era solo un ragazzo,  quando, il 19 settembre 1965, Aurelio ha detto “Sì” rispondendo alla chiamata del Signore che lo ha voluto frate cappuccino. Nel 2005, arrivò a Gorizia con l’incarico di assistente regionale dell’OFS nonché locale nella sua prima Fraternità Francescana Secolare che ha voluto intestare alla venerabile Concetta Bertoli. I suoi capelli più radi ma ancora ondulati e la sua barba corta e curata avevano preso il colore della corda con cui legava il saio. La sofferenza fisica è stata sua fedele compagna nel cammino della vita, come lo fu per la Crocifissa di Mereto di Tomba, per la cui causa di beatificazione padre Aurelio ha instancabilmente operato per tutta la vita. A Castelmonte, nel lungo periodo giovanile, è stato promotore di moltissimi lavori di miglioramento in favore dei pellegrini, con particolare attenzione ai disabili, con la realizzazione di un ascensore che dava loro la possibilità di raggiungere il Santuario.A Gorizia, la fraternità consacrata e quella laica erano il senso della sua vita terrena che, con l’aggravarsi delle sue condizioni, gli sfuggiva, inesorabilmente, sempre più.Ma, nonostante la malattia e la fatica, insieme alle due Fraternità secolari di Gorizia e Nova Gorica, unite nella gioia ieri e nel dolore oggi, è stato costruttore di ponti testimoniando concretamente che l’amore del Signore non conosce limiti né confini. Come Concetta, nella sua immensa sofferenza fu esempio di incrollabile fede in quel Signore di cui parlava, con grande ardore, durante ogni celebrazione eucaristica da lui sempre preparata con semplicità e minuziosità.Davanti a chiunque varcasse la soglia del suo Confessionale, si spogliava del saio della santità con cui l’immaginario veste i sacerdoti e mostrava la sua carne e il suo cuore di uomo peccatore e fragile che urla al Signore: “Misericordia!”. E, usando verso tutti la stessa misericordia ricevuta da Dio, diveniva l’artefice dell’incontro di ogni uomo ed ogni donna con il Cristo risorto. Quanti spiriti afflitti e contriti sono entrati nella Chiesa di Santa Maria Assunta e, in padre Aurelio hanno trovato non un giudice severo ma un uomo mite, umile, accogliente che sapeva trasformare la tristezza in gioia? Quante persone, incontrando quel frate che, con il suo sorriso bonario, sapeva trasmettere la bontà della Parola, hanno conosciuto l’amore di Dio, nella Sua casa?  Sabato 18 aprile, vigilia dell’Ottava di Pasqua, il Capitano della braca su cui ci ritroviamo tutti, fragili e disorientati, è venuto a prendere padre Aurelio, l’ultimo frate cappuccino friulano, il frate della Misericordia, per portarlo all’altra riva. Se n’è andato in solitudine, lui che aveva il dono della profezia  per la moltitudine.Se n’è andato in silenzio, lui che predicava il Vangelo e aveva il dono della scrittura.Se n’è andato, cidìne cidìne, mentre il grido del miracolo stava per alzarsi al Cielo.Buon viaggio, padre Aurelio, buon ritorno alla Casa del Padre, alla Casa della Madre.