È risorto… ed è apparso (1Cor 15,5): l’annuncio in un orizzonte di possibilità reale

Guardiamo timidamente al futuro, riprendendo gradualmente le attività delle nostre comunità e gli itinerari di annuncio e di catechesi. Un interrogativo che ci accompagna in vista del prossimo anno pastorale: torneremo a fare le cose di sempre oppure il tempo che stiamo vivendo ci chiede la capacità di uno sguardo nuovo, di un discernimento sulla vita e sulle scelte, sulle relazioni e sui cammini?Sono domande che vorremmo attraversassero l’ormai tradizionale appuntamento della tre giorni di formazione per catechisti, educatori e animatori della nostra arcidiocesi.La pandemia ci ha fatto sperimentare le nostre fragilità umane e, oltre a segnare profondamente la prassi delle nostre comunità, ha esplicitato ulteriormente i nodi problematici che erano già in atto. Perciò non possiamo considerarla come una brutta parentesi, ma come una sfida per crescere: “un kairós da cogliere e da cui lasciarsi ammaestrare” (È risorto il terzo giorno). Queste considerazioni ci hanno spinto a non rinunciare a tale momento formativo, costringendoci, tuttavia, a rivedere il luogo, i tempi, gli spazi e le modalità degli incontri.Dopo un tempo di ascolto e alla luce dei contributi che seguivano il questionario preparato dall’UCD, in questa fase di ripartenza, vogliamo porre la nostra attenzione su alcuni aspetti che ci possano aiutare nella continuazione o nella ripresa dei cammini, convinti “che ancora oggi il Vangelo, in tempo di pandemia ma anche di profonda trasformazione della società, è una proposta che viene incontro alla ricerca di vita, di senso, di gioia, che c’è nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. Anche dei ragazzi e dei bambini” (mons. Carlo Roberto Maria Redaelli).Che cosa è essenziale e non possiamo abbandonare, nella testimonianza e nell’annuncio, nella liturgia e nella carità? Che cosa dovremmo tenere e cosa eliminare, rafforzare e far nascere?Questo tempo non ci ha messo in pausa in attesa di ritornare alle consuetudini del passato, ma è appello dello Spirito, affinché si possa mettere al centro l’essenziale dell’annuncio. È un tempo che ci ha consegnato uno sguardo nuovo e con esso nuove domande e la necessità di dover operare un discernimento pastorale globale e integrato.Come valorizzare le tecnologie digitali usate in maniera massiccia durante il confinamento? Cosa conservare e cosa archiviare? Che lezione abbiamo appreso in metodo, contenuti e stile dall’utilizzo di strumenti e luoghi digitali? Esiste un uso saggio e sapiente dei social nell’educare alla e nella fede? Durante il lockdown molti catechisti e preti hanno mantenuto il contatto con i bambini e i ragazzi attraverso i social, hanno offerto luoghi d’incontro virtuale accompagnando le famiglie, hanno garantito occasioni di formazione utilizzando diverse piattaforme digitali. L’uso, che abbiamo fatto in questi mesi, dei social media ci chiede uno sforzo formativo per apprendere a utilizzare mediazioni digitali a servizio dell’annuncio.Come ripensare i nostri stili comunitari e rinnovare il nostro modo di essere Chiesa nella celebrazione domestica e comunitaria? Come celebrare la fede in questo tempo? Abbiamo riscoperto la bellezza e il gusto della preghiera in famiglia, ma dobbiamo anche constatare che non tutti siamo abituati a pregare al di fuori della S. Messa e che nelle famiglie non si prega molto. Ci è stato impossibile ritrovarci come assemblea e celebrare l’Eucarestia. Abbiamo assistito ad una serie di iniziative assicurate da media tradizionali o nuovi. Assistiamo ora ad una ripresa del contatto liturgico e del radunarsi in preghiera segnata da timori e cautele faticose. Davanti a queste semplici constatazioni vogliamo far tesoro di quanto emerso durante il lockdown, perché il domani ne esca arricchito, perché le nostre comunità riescano a educare e a introdurre i propri membri alla preghiera (personale, famigliare comunitaria) e alla vita sacramentale.