Per l’isola del sole un Natale diverso in zona rossa

Natale particolare anche a Grado, notoriamente invasa da turisti durante il periodo natalizio non solo per visitare il paese stesso ma anche per godere dell’atmosfera natalizia che la folta presenza di presepi annualmente creava. Un Natale in Zona Rossa, così come tutto il resto d’Italia, che ha comportato anche una lieve diminuzione di presenza alle celebrazioni eucaristiche, spesso partecipate anche da numerosi turisti ma anche da fedeli delle zone limitrofe, attratti dalla liturgia, dal canto e dall’atmosfera. In ogni caso la comunità cristiana di Grado e Fossalon non si è persa d’animo e ha saputo vivere non solo il Natale in sé ma tutte le feste, solennità e memorie correlate. Dopo la preparazione delle candele d’avvento con un’opera del tutto particolare a cura di Virgilio Tognon, è stato allestito all’interno di un’apposita nicchia nella navata sinistra della Basilica anche il presepe curato da Silve Olivotto. Tognon, con una batela che si muove sull’acqua dalla nascita verso la crescita, esteriore e interiore, simboleggiata dalla crescente vegetazione lagunare, ha voluto anche rappresentare la vita del cristiano che non deve mai “tirare i remi in barca”. Olivotto, dal canto suo, recuperando materiali giunti dalla laguna e antichi attrezzi da falegname si è soffermato sulla figura di San Giuseppe, anche in occasione dell’anno indicato da Papa Francesco. Alcune celebrazioni, come ormai avviene da marzo, sono state trasmesse via streaming in collaborazione con Il Goriziano, su indicazione dell’arciprete, monsignor Michele Centomo, e del vicario parrocchiale don Nadir Pigato. La Missa in Nocte e quella in Die sono state trasmesse sul canale YouTube della Parrocchia di Grado dalla Basilica patriarcale mentre quella del 26 dicembre, memoria di Santo Stefano Protomartire, dal Santuario mariano di Barbana, anche grazie alla disponibilità e collaborazione tra il Monastero e la Parrocchia. Alle celebrazioni in Basilica ha sempre partecipato, nell’assemblea, una parte della Corale Santa Cecilia arricchendo con semplicità e nel rigore delle norme anticontagio le celebrazioni, ricercando anche il mantenimento della tradizione in alcuni momenti, con il recupero di alcuni canti come Venite Adoriamo per il giorno di Natale o il Laetentur Coeli di Wenceslao Wrattni per l’offertorio del 1° gennaio, senza dimenticare la popolare San Giovanni Predicatore il 31 dicembre. Sempre presente anche il gruppo di volontari parrocchiali all’ingresso e uscita dei fedeli: i volontari hanno continuamente invitato a mantenere le distanze, indicato ai fedeli i posti disponibili su banchi e sedie e segnalato la necessità di sanificare le mani all’ingresso della chiesa. Presenti con un gruppo di persone anche i Portatori della Madonna di Barbana che hanno coadiuvato il servizio liturgico in alcune celebrazioni eucaristiche.Il ricordo di monsignor Centomo durante l’omelia In Nocte è stato rivolto ai pastori, “persone estremamente semplici, vegliavano. Loro sono i primi a ricevere l’annuncio della nascita, i primi a vedere il bambino, dopo Maria e Giuseppe. Lo vedono nato, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. La santa umanità del Signore è il segno per la nostra fede. Più ci discostiamo dall’umanità più ci allontaniamo da Dio, che ha scelto, tra infiniti modi a sua disposizione, quello più vicino all’esperienza concreta di tutti gli esseri umani, di qualsiasi luogo e tempo”, ha ricordato monsignor Centomo.”Anche l’angelo ribadisce il qui ed ora: oggi, non domani, ma qui ed ora, perché Dio è presente qui, adesso. Al qui ed ora viene aggiunto per voi, per te. Dio si relaziona sempre in modo personale e individuale e a questo vieni chiamato. Gesù Cristo ti mostra il suo volto, il volto del Padre, ti fa vedere chi è Dio, ti manifesta il suo nome, ti fa entrare nella vita della Trinità. Per questo Natale, unico, sofferto, ma vero, prego e auguro a tutti noi che si intensifichi la relazione con Dio, che diventi umana, tangibile, concreta e pratica. A Natale non celebriamo un ricordo, ma una profezia – ha concluso l’arciprete – Natale non è una festa sentimentale perché da quella notte il senso della storia ha imboccato un’altra direzione: Dio verso l’uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a un campo di pastori. La storia ricomincia dagli ultimi”.