Una vergogna per l’Europa

Lo chiamavamo, con orgoglio, “Mare nostrum”: oggi non appartiene più a noi ma a scafisti e trafficanti di esseri umani che sono diventati i padroni incontrastati delle sue rotte.Eppure, ormai, a tutto questo abbiamo fatto l’abitudine. Parliamo di “morti annunciate” come se stessimo discutendo del risultato scontato di una partita di calcio.Non vogliamo più indignarci: farlo significherebbe ammettere il nostro essere incapaci ed indifesi dinanzi alla migrazione di interi popoli dal sud al nord del mondo. Una realtà che affrontiamo nell’unico modo che la paura del diverso e dello sconosciuto ci detta: cercando di ignorarla, almeno fino a quando possiamo rivolgere lo sguardo altrove. Dopo, quando i nostri occhi sono obbligati a leggere l’intensità di una vita di sofferenza nei volti di queste persone, ci affrettiamo ad innalzare muri ed a presidiare i confini. Pronti ad affibbiare al nostro prossimo l’etichetta di “clandestino” o “immigrato” per sottolineare con disprezzo una differenza che è solo nelle nostri menti.La tanto sbandierata operazione “Triton” si è dimostrata un fallimento: i sei (sei!) natanti della missione navale europea coordinata dall’agenzia Frontex possono intervenire unicamente entro le 30 miglia dalla costa. Solo per casi urgenti il limite si può estendere alle 110 miglia: fatto salvo che l’urgenza deve essere preventivamente verificata con uno dei tre (tre!) mezzi aerei a disposizione. E questo fa la gioia di chi tiene le redini del traffico di esseri umani mentre le onde del mare e il freddo non attendono certo che l’apparato di soccorso si metta in movimento per pretendere il proprio carico di morte… Eppure l’Europa è convinta di avere già fatto tutto il possibile dimenticando che Lampedusa non è l’avamposto del nostro Paese ma quello di tutto il continente verso l’Africa. Delle discussioni a Roma o a Bruxelles importa ben poco a chi fugge da una non-vita fatta di violenza e di guerra. Per loro il mare è semplicemente l’ultimo ostacolo prima di vedere realizzato il sogno di speranza che ha sostenuto un lungo cammino. Anche quando vedevano morire i compagni nel deserto e subivano violenze ed soprusi.Se l’Europa comprenderà di non poter fare del Mediterraneo una zona franca, abbandonando a se stesse migliaia di persone in fuga, un primo piccolo ma fondamentale passo sarà compiuto.