I cattolici isontini nel XX secolo: il secondo dopoguerra (1947-1962)

Martedì 4 maggio alle 20.30 viene presentato ufficialmente il volume che contiene gli atti del convegno “I cattolici isontini nel XX secolo – Il secondo dopoguerra (1947-1962)” che si era svolto tra Gorizia e Nova Gorica il 18 e 19 ottobre 2019. La presentazione, durante la quale interverrà Anna Maria Vinci, già docente presso l’Università di Trieste, si svolgerà on line su piattaforma Zoom (per partecipare scrivere a issrgo@gmail.com). Il volume, edito dall’Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia e curato da Ivan Portelli, ospita contributi di Giovanni Vian, Raoul Pupo, Enrico Baruzzo, Jernej Vidmar, Marco Plesnicar, Ivan Portelli, Italo Santeusanio, Ferruccio Tassin, Renato Podbersič, Peter Černic, Cristiano Meneghel, David Cusimano, Paolo Iancis e don Renzo Boscarol. Pubblichiamo qui di seguito l’introduzione, che ne illustra le prospettive e i temi trattati.

Questo volume raccoglie gli atti di un convegno di studi che ha valenze diverse. Da un lato si inserisce in una linea di continuità rispetto ai precedenti incontri di studio dedicati ai cattolici isontini nel XX secolo, che hanno segnato tappe alquanto significative nel percorso proprio dell’Istituto di storia sociale e religiosa di Gorizia e, più in generale, nel processo di ricostruzione e analisi della peculiare vicenda storica del cattolicesimo goriziano a cui hanno validamente contribuito anche molte altre realtà istituzionali e culturali del Goriziano; dall’altro vuole aprire nuove prospettive di studi sulla storia di questo territorio ed inserirsi tra le ricerche e le riflessioni che, a diversi livelli e con diversa ampiezza del raggio d’indagine, riguardano il secondo dopoguerra. Nei decenni precedenti, attraverso i convegni prima ricordati, era stata studiata in profondità la realtà isontina ed il suo “vissuto religioso” (secondo la felice definizione proposta da Gabriele De Rosa), giustapponendo sguardi d’insieme ad approfondimenti su temi e aspetti specifici. Preme anche ricordare che il primo convegno dedicato ai cattolici isontini nel XX secolo (1981) è stato per molti aspetti preambolo e stimolo alla costituzione e all’attività dell’ISSR di Gorizia, che ha la sua prima ragion d’essere quale centro di studio, riflessione e divulgazione della storia della Chiesa e del mondo cattolico goriziano, quali componenti vive e significative della società locale, colta nelle sue diverse sfaccettature e complessità. Questo anche nella prospettiva del dialogo e della consapevolezza che le diverse culture e comunità linguistiche che convivono sul territorio e lo caratterizzano (italiana, friulana, slovena, tedesca, ebraica) hanno contribuito alla formazione della peculiare realtà isontina. I primi tre convegni, tenuti a distanza di pochi anni (1981, 1982, 1985) ed impostati su una linea che si collega a proposte di storia socio-religiosa legate ad una nuova attenzione verso le chiese locali nei decenni del post-Concilio, hanno affrontato il periodo che va dall’inizio secolo fino al 1947. A questi si è aggiunto nel 1996 il convegno su Chiesa e società nel Goriziano fra guerra e movimenti di liberazione / Cerkev in družba na Goriškem ter njih odnos do vojne in osvobodilnih gibanj, i cui atti sono usciti nel 1997 a cura di France M. Dolinar e Luigi Tavano, il quale si colloca come una sorta di ideale quarto convegno della serie, allargando di molto l’ambizione del progetto e il profilo delle collaborazioni. Il tema dei cattolici italiani e sloveni del Goriziano durante la guerra e nella resistenza è stato poi oggetto anche di ulteriori approfondimenti (in particolare il convegno Tra Osoppo e Osvobodilna Fronta, tenutosi nel 2005). Non a caso ci si è sempre fermati al 1947, anno di frattura e di svolta: la definizione del nuovo confine tra Italia e Jugoslavia è ad un tempo il momento con cui si chiude la fase tragica rappresentata dalla guerra combattuta e si avvia una nuova e tutt’altro che lineare epoca, segnata dalla ricostruzione oltre che dalla divisione e dalla contrapposizione, nel clima della guerra fredda. Nel Goriziano, fino a questo momento istituzionalmente unito, non solo due realtà statali ma due mondi, due sistemi politici antagonisti, vengono a fronteggiarsi e confrontarsi mentre si vanno necessariamente organizzando nuove centralità politico-amministrative. Una frammentazione che viene ad interrompere continuità culturali secolari, ad incidere su rapporti personali e famigliari, oltre che a trasformare dinamiche sociali ed economiche consolidate o a far emergere esigenze inedite. Il nuovo confine – solo in parte riflesso delle comunità nazionali presenti – impone al territorio una fisionomia che a molti, ma non a tutti, sembra l’esito di un percorso dovuto. Per la Chiesa la frattura non è solo istituzionale ma anche, e drammaticamente, religiosa. Il territorio diocesano si trova ad essere nei fatti diviso tra quello che continua a far parte dell’arcidiocesi di Gorizia (Italia) e quello affidato provvisoriamente alla nuova amministrazione apostolica con sede – dopo alcuni passaggi – a Nova Gorica (Jugoslavia). Da un lato del confine una Chiesa locale che con tutte le sue tradizioni e peculiarità si sta inserendo in modo sempre più organico in quella italiana, mentre si concludeva, tra luci ed ombre, la parabola dell’episcopato di Carlo Margotti a cui sarebbe seguito quello di Giacinto Giovanni Ambrosi; dall’altro lato una Chiesa tutta da riorganizzare a livello istituzionale che deve confrontarsi con un potere politico decisamente ostile, a fronte di una appena acquisita (e per molti agognata) appartenenza di gran parte della comunità slovena del Goriziano ad un nesso statale che essa riconosce come nazionale, dopo aver vissuto la dolorosa esperienza snazionalizzatrice del fascismo italiano. Un mondo cattolico, quello italiano, che si pone davanti alle nuove sfide poste dall’ordinamento democratico e della contrapposizione ideologica tra i partiti, ma anche da una società sempre più industrializzata, dove il mondo del lavoro – specie quello in fabbrica – propone inedite prospettive e sfide sociali e religiose. Dall’altra parte del confine la repressione politica e ideologica del mondo cattolico portata avanti da parte del regime si intreccia con l’opera di paziente mediazione e costruzione promossa dall’amministratore apostolico Mihael Toroš. Sono in Italia gli anni della ricostruzione postbellica che sfocerà nel boom economico, della realizzazione di una nuova dimensione politica; gli anni del centrismo a guida democristiana, mentre i movimenti di ispirazione marxista hanno un consenso comunque rilevante. Oltreconfine sono gli anni della stabilizzazione della nuova Jugoslavia socialista, segnati anche dalla repressione verso ogni forma di opposizione politica. Sono per la Chiesa gli anni che precedono immediatamente il Concilio, l’ultima parte del pontificato di Pio XII, nella tensione di una auspicata radicale cristianizzazione della società che passa anche attraverso la vittoria sui nemici della Chiesa, sugli “errori” che ancora dilagano nel mondo moderno sempre più secolarizzato; mentre il laicato cattolico si muove tra indirizzi di stretto controllo ecclesiastico (a livello religioso, morale e anche etico-politico) ed espressioni di autonomia. Un laicato che viene organizzato attraverso l’Azione Cattolica, per indirizzare il quale nell’azione politica si costituiscono i Comitati civici che si spendono a sostegno del partito che si propone d’ispirazione cristiana; è il contesto in cui nascono le diverse strutture organizzative rivolte ai lavoratori (sindacato e ACLI in primo luogo) e continuano la propria attività economica i sodalizi cooperativi, mentre si avverte il pericolo di allontanamento generalizzato dalla Chiesa e l’adesione ai partiti ed al sindacato d’ispirazione marxista, più volte condannati, in un momento in cui proprio qui si assiste appena oltre il confine alla realizzazione di una società basata sui valori del comunismo. Ecco quindi la scelta di affrontare in un nuovo convegno sui cattolici isontini gli anni del dopoguerra, gli anni cinquanta nello specifico, partendo proprio dall’estremo iniziale rappresentato dal momento di frattura del 1947 e arrivando al 1962, anno delle dimissioni di mons. Ambrosi, ma anche anno di apertura del Concilio Vaticano II. A volte le date sono pretesti, a volte sono limiti e snodi fortemente significativi. All’interno di questi estremi cronologici abbiamo incorniciato (pur senza eccessive rigidità) un’epoca per tanti versi ben delineabile, sia dal punto di vista ecclesiale e religioso che da quello sociale e politico. Questo convegno e di conseguenza questo volume si inseriscono in un dibattito storiografico che in Italia ha conosciuto importanti contributi già negli anni ’80 del secolo scorso, con la consapevolezza della necessità di rendere conto della pluralità delle situazioni particolari. Molti studi si sono infatti concentrati su casi specifici quanto significativi o che hanno espresso contesti forti, spesso ponendo al centro le figure dei vescovi ed il loro stile di governo episcopale. Possiamo rapidamente ricordare – senza alcuna pretesa di completezza – i molti studi sulla chiesa fiorentina meglio che sull’esperienza di don Milani, sulla chiesa bolognese, su quella milanese o su quella veneziana (restando nell’Italia settentrionale), oppure sull’esperienza nascente dei preti operai, come su alcuni aspetti del mondo cattolico organizzato, dall’AC al sindacato alla DC. Sono state anche realizzate sintesi complessive sulla storia di singole diocesi o regioni ecclesiastiche, che arrivano anche a comprendere gli anni che ci riguardano. Ben diverso è invece il quadro della storiografia jugoslava e slovena: soprattutto dopo l’indipendenza della Slovenia il lavoro d’indagine e di studio sulla chiesa locale sta portando ad una rinnovata analisi e valutazione del rapporto con il regime. L’accesso a fonti archivistiche nuove potrà aprire nuove strade. Il panorama in Italia degli studi sulle diocesi, sugli episcopati e sul movimento cattolico degli anni Cinquanta andrà probabilmente arricchendosi di nuove indagini grazie alla possibilità di accesso di inediti materiali archivistici. Sicuramente l’apertura dell’Archivio Apostolico Vaticano a tutto il pontificato di Pio XII – solo annunciato quando si è tenuto il nostro convegno e purtroppo ora limitato dalle contingenze sanitarie che stanno duramente segnando il 2020 – offrirà nuove possibilità e percorsi di ricerca. Va inoltre sottolineato che quello che troviamo nei saggi qui raccolti non è solo un esempio di storia locale da inserire come una tessera nel mosaico della Chiesa italiana dell’epoca. La dimensione storica del contesto goriziano assume una valenza di ben più ampio respiro: infatti le vicende e la collocazione particolare della diocesi e della provincia isontina le pongono al centro di dinamiche internazionali. Area oggetto di aspre contese, tanto da farne terra di drammi che trascendono il fatto squisitamente locale. Inoltre il Goriziano presenta una peculiare e complessa situazione sociale, politica e nazionale che rende questa realtà di per sè significativa. Il confine del 1947 è una novità istituzionale: una storia del Goriziano (e quindi della sua Chiesa e del mondo cattolico in senso lato) deve necessariamente andare oltre la divisione statuale nel descrivere il suo raggio d’indagine. Dobbiamo continuare a intendere questa come una storia che va al di là dei confini, cogliendo le continuità come le fratture, gli elementi di unità come quelli di divisione e differenziazione; vicende quindi che possono ad un tempo essere considerate locali come anche internazionali. Siamo davanti ad un vissuto che raccoglie in sè tutte queste complessità. E quindi troviamo dualismi e tensioni non del tutto risolti a livello interpretativo, che attendono, proprio nell’affrontare il secondo dopoguerra, di essere ulteriormente studiati e narrati. Non a caso le sessioni convegnistiche si sono svolte tra Gorizia e Nova Gorica, con la partecipazione di studiosi italiani e sloveni, non senza rinuncia- re a delineare i contesti generali (a livello politico-istituzione ed ecclesiastico) entro cui si ècollocata la specifica situazione locale. Non è semplicemente per dare al convegno una “formale” dimensione internazionale, ma per rendere concretamente conto della frattura intervenuta nel 1947 e degli sviluppi paralleli e diversi che questa ha portato nelle due parti del Goriziano. Molti degli interventi e quindi dei saggi qui contenuti sono intrinsecamente “imperfetti” nella misura in cui rendono conto di ricerche di prima mano ancora in corso. Ma lo scopo di questo convegno più che di tracciare un bilancio vuole proprio essere quello di aprire nuove prospettive di studio. Ne risulta quindi un quadro ancora per tanti versi solo abbozzato; ma proprio per questo, riteniamo, stimolante. E, soprattutto, ci sembrava ormai opportuno e maturo iniziare ad affrontare gli anni successivi al 1947. Resta ancora molto da scrivere sul cattolicesimo isontino: la speranza è che questo sia un valido contributo per una rinnovata consapevolezza storica e di vita.