L’umanità che bussa alla porta del nostro cuore

Questa testimonianza, nasce dal racconto che una mia amica un giorno ha voluto condividere con me, confidandomi la sua esperienza avuta dall’incontro con una famiglia straniera e di come questo le abbia allargato lo sguardo ed il cuore verso quell’umanità che in cerca di una vita migliore, bussa sì alla porta di Caritas, ma soprattutto a quella del nostro cuore e aspetta soltanto di essere accolta e ascoltata.La scuola materna frequentata dal figlio, ha offerto l’occasione per conoscere una mamma straniera. Molto gentile, ma apparentemente spaesata, lontana dal nostro stile di vita, viene a sapere che è ghanese, quindi di cultura e religione diversa dalla nostra e si chiede quale sia il motivo per il quale sia venuta in Italia. Cerca di conoscerla e come spesso succede, mai avrebbe pensato che i suoi pregiudizi, che normalmente si hanno nei confronti degli stranieri, con la conoscenza più approfondita di questa mamma, pian piano si sarebbero sgretolati. Parlando con lei, viene a sapere che questa signora proviene da una famiglia benestante nel suo paese e che il motivo del loro trasferimento in Italia era dovuto ad una ricerca di emancipazione da una cultura che sentivano limitante, soprattutto per il futuro dei figli. La sua famiglia sta bene, il marito ha un buon lavoro, anche lei vorrebbe poter lavorare, far vivere alle sue figlie quella normalità che i suoi compagni di asilo hanno.Frequentandola sempre di più si rende conto di come una donna anche culturalmente preparata, ma straniera, faccia difficoltà ad inserirsi nella comunità in cui vive, magari soltanto perché il colore della sua pelle è diverso da quello della maggioranza! Le confidò infatti di come, quando faceva la spesa o andava al parco giochi con le figlie, lei si sentisse sempre gli occhi addosso, quasi fosse sotto osservazione con la sensazione di essere giudicata. Questo, veniva confermato dal fatto che, con tutta la più buona volontà, non riusciva a trovare lavoro.La mia amica viene letteralmente colpita non tanto dal fatto che i suoi pregiudizi sugli stranieri erano infondati e delle diversità culturali, quanto che semplicemente una mamma non potesse vivere e far vivere alle sue bambine la normalità della quotidianità, sentendosi accettati e condividendo la propria vita con gli altri. Incomincia a chiedersi il perché delle etichette che vengono messe, i giudizi sulle persone che non sono come noi, a cosa sono dovuti?  Paura che ci venga portato via qualcosa di nostro? Invidia se queste persone ricevono gratuitamente un aiuto mentre noi dobbiamo guadagnarcelo? Che cos’è che impedisce di concepire che possa esistere la gratuità, che non è detto debba esserci necessariamente un compenso per ogni cosa che facciamo. Avere cura del fratello e accoglierlo che dovrebbe essere alla base di una comunità cristiana che vive la Parola e la mette in pratica?Cos’ha fatto allora la mia amica? L’ha ascoltata e accompagnata. Insieme infatti stanno cercano lavoro, perché tutte e due sono disoccupate, ed insieme passano un po’ del loro tempo, sono diventate amiche. Entrambe pian piano si conoscono reciprocamente scambiandosi l’un l’altra un po’ della propria cultura che sì è diversa, ma viene appianata dal fatto che principalmente tutte due sono mamme. Questo semplice, ma emblematico racconto, mi ha fatto venire in mente la “Parabola degli operai mandati nella vigna” del Vangelo di Matteo, qui sotto brevemente riportato, dove Gesù ci parla della gratuità e di come anche agli ultimi arrivati nella vigna, anche se non hanno lavorato come gli altri, ricevono lo stesso compenso. Dio ama tutti i suoi figli in modo uguale e desidera che non manchi a nessuno il necessario per vivere. Siamo tutti fratelli ai suoi occhi o c’è qualcuno che pensa per qualche motivo di meritare di più?”Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi””. (Mt.20, 1-16)