Come cambia il pane quotidiano?
5 Marzo 2015
Il pane è da sempre considerato l’alimento per eccellenza e, per noi cristiani, è carico di una forte simbologia: è immagine stessa della vita, corpo di Cristo nella Comunione. Inoltre, per una tradizione come quella italiana, fortemente agricola, il pane è stato per lungo tempo la principale fonte di nutrimento. Sprecarlo quindi è davvero un “peccato”. Eppure ancora oggi sono tante le limitazioni che impediscono, una volta chiuse le serrande dei negozi, di poterlo riutilizzare, donandolo ad enti e associazioni caritatevoli.La filiera della grande distribuzione infatti prevede che, a chiusura di giornata, il pane avanzato venga ritirato dagli scaffali e smaltito…e purtroppo smaltirlo ha un costo: serve la benzina per andare a prenderlo, bisogna pagare autisti e operai che lo carichino, pertanto – in realtà dove non ci sono associazioni ed enti che si fanno carico del ritiro – troppo spesso accade che, a fine giornata lavorativa, il pane invenduto venga gettato nei rifiuti.In generale solo il 6% del totale dell’eccedenza alimentare a livello nazionale viene donato alle banche del cibo o ad enti caritativi. Guardando allo specifico del pane, in Italia circa 13.000 quintali vengono sprecati, vale a dire circa il 28% del pane relativo alla grande distribuzione. In questi ultimi tempi la Commissione Agricoltura del Governo sta vagliando delle proposte per rivedere le normative vigenti, al fine di favorire le iniziative caritatevoli.
Le abitudini alimentari degli italianiLa filiera della grande distribuzione è fortemente in contrasto con quelle che stanno diventando le nuove abitudini alimentari del Bel Paese. Il declino nel consumo di pane è stato lento ma costante negli ultimi trent’anni: il 1980 vedeva 230 grammi di pane consumato quotidianamente da un italiano; il 1990 era sceso a 197 grammi, seguiti nel 2000 a 180 grammi. Nel 2010 i grammi erano ancora 120, scesi drasticamente a 90 grammi solo quattro anni dopo. Di pari passo si sta registrando una crescita nella domanda di alimenti sostitutivi del pane, quali grissini, crackers e pani speciali, da un lato perché il pane in molte città ha un costo elevato rispetto ad altre (si passa da 1,90 euro/kg di Napoli ai 3,95 euro/kg di Bologna), dall’altro perché, appunto secondo la cultura del “non spreco”, tali alimenti consentono una conservazione più lunga rispetto a quella del pane fresco. Tale tendenza è confermata anche dal panificio Cozzutti di Gorizia, dove la proprietaria afferma che “Sono cambiate le abitudini anche riguardo i prodotti consumati: vanno molto i prodotti senza grassi o con farine speciali, si consumano molti più grissini. Soprattutto tra i giovani, c’è un’altra cultura alimentare”.
Le abitudini sul territorioSecondo i dati raccolti da Coldiretti, le abitudini quotidiane dei cittadini sono l’opposto di quelle della grande distribuzione. Ogni anno in Italia la spesa per pane, grissini e crackers raggiunge gli 8 miliardi di euro. Il 42% di chi compra pane, lo consuma anche il giorno successivo, se avanzato, mentre solo il 2% lo butta via. Tra i metodi di conservazione preferiti tra gli italiani, il 44% afferma di congelare il pane in avanzo, il 43% lo grattugia, il 22% lo riutilizza come mangime per gli animali e il 24% lo riutilizza in altre pietanze. Interessante anche una nuova tendenza: sono 16 milioni gli italiani che, di tanto in tanto nel corso dell’anno, fanno da sé il pane in casa.Sul territorio locale, la situazione rispecchia perfettamente quella a carattere nazionale. “Si compra molto meno pane rispetto a qualche anno fa – affermano dal panificio Cozzutti -: chi ne prendeva mezzo chilo, oggi compra due panini”. Stessa situazione anche al panificio Inglese, dove un’impiegata racconta come “negli ultimi anni abbiamo osservato un calo progressivo e continuo nel consumo del pane; oggi la clientela acquista lo stretto necessario. Come metodo di conservazione poi, si privilegia il congelamento”. Da qualche mese ha aperto a Gorizia anche un punto vendita della panetteria Brumat di Salcano. Qui la proprietaria conferma come la clientela compri pane “in maniera regolare, quello che comprano, mangiano. Molte volte lo consumano anche nel giorno successivo all’acquisto, anche perché il nostro pane è realizzato con lievito madre, per cui rimane fresco fino a tre giorni consecutivi. Quando avanza, lo congelano”.
La seconda vita del paneTra questi panifici, nulla viene sprecato. “Abbiamo una convenzione con quattro aziende agricole – ci spiegano da Inglese – le quali, a fine giornata, vengono a ritirare il pane invenduto e lo riutilizzano per il consumo animale”. Stessa cosa accade anche al panificio Cozzutti, dove al termine della giornata lavorativa il pane nero, integrale e di sorgo viene dato ai contadini della zona. “Nulla viene buttato via – racconta la titolare – e il pane bianco senza grassi viene grattugiato e, sotto questa nuova, forma rimesso in vendita”. Si grattugia il pane bianco senza grassi e si distribuisce parte ai contadini per il consumo animale anche al panificio Brumat, dove però esiste un’ulteriore e interessante iniziativa: “a fine giornata distribuiamo il pane invenduto alle parrocchie e alle persone che non hanno da mangiare che ci vengono segnalate; ci viene fornito un biglietto con dei nominativi – un’attestazione che ci serve anche per le attuali normative – e, al momento di chiudere i punti vendita, distribuiamo loro gratuitamente il pane avanzato”.
Notizie Correlate