Il Goriziano: incrocio dei popoli e delle culture dell’Europa

Nella mattinata di giovedì 5 maggio, ha avuto luogo la seconda sessione del 56° convegno dell’Istituto per gli Incontri Mitteleuropei di Gorizia. “Il Goriziano: incrocio dei popoli e delle culture dell’Europa”: questo è stato il titolo della seconda giornata di studio dedicata alla celebrazione del bicentenario trascorso dal 1821 (anno del congresso di Lubiana) al 2021. In due secoli perciò le genti del Goriziano hanno trasformato i confini imposti dalle guerre, in una frontiera che si è rivelata la più aperta d’Europa. L’evento è stato reso possibile grazie al contributo della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e con il patrocinio dell’università degli studi di Udine mentre il media partner è stato il giornale cattolico Avvenire. Ad introdurre la mattinata è stato il professor Fulvio Salimbeni, presidente di Icm che – nell’aula magna del convitto studentesco delle suore della Provvidenza di Gorizia – ha accolto gli studenti del liceo artistico Max Fabiani e del liceo turistico sloveno Simon Gregorcic Primoz Tubar. Nella sua prolusione, Salimbeni ha sottolineato l’impegno profuso negli anni da Icm su tutto quello che unisce popoli e nazioni. “Il nostro istituto non si è mai concentrato sulle contrapposizioni ma sugli intenti comuni e sull’apertura” così il presidente dell’istituto. Dopo la fase introduttiva, i presenti e gli studenti hanno assistito alla proiezione di alcuni video messi a disposizione dagli archivi del Centro Studi Rizzatti e da Icm. I video hanno riguardato principalmente l’azione e l’impegno del sindaco di Nova Gorica Jozko Strukelj, del magistrato e politico Rolando Cian e dello storico sindaco di Gorizia Michele Martina. Essi sono stati alcuni dei personaggi che, come altri uomini e donne, hanno saputo rompere vecchi schemi del passato e si sono adoperati senza ambizioni o calcoli di interesse. Entrando poi nel vivo dei lavori della mattinata che sono stati presentati e presieduti da Lucia Bellaspiga giornalista del quotidiano Avvenire, è giunta la volta delle testimonianze di alcuni protagonisti diretti dei fatti accaduti sul confine orientale italo – jugoslavo tra gli anni quaranta e sessanta del novecento.Le due persone coinvolte nelle vicende e ospiti in sala sono stati Enrica Saletti Calderini e Alberto Scafuri che hanno offerto la loro diretta testimonianza su alcuni fatti vissuti sulla propria pelle e visti con i propri occhi da giovanissimi. La signora Enrica si è affidata alla memoria visiva che l’ha accompagnata fino ad oggi. Ha ricordato il terrore della guerra, quello che suo padre definì “l’inizio della fine”. Ai giovani delle scuole la signora Saletti Calderini ha raccomandato: “Siate forti e onesti con voi stessi per capire la storia” e poi sulla politica ha aggiunto: “É un apostolato e non un mestiere. Attraverso di essa si impara a farsi prossimi”.Alberto Scafuri invece, ha ricordato di quando abitava in via Tunisi – oggi via Ascoli – di fronte alla sinagoga. Scafuri ha parlato della deportazione degli ebrei dal quartiere. Negli occhi vede ancora i camion carichi di persone che venivano portati via e rivive in qualche modo le umiliazioni subite dalla gente costretta ad abbandonare le proprie case. “Giocavo all’aperto vicino al torrente Corno che scorreva poco distante da casa mia” ha detto il signor Alberto. Da lì Scafuri vide molte scene dolorose, ha ricordato suo padre manovale in stazione e della sua amicizia col capostazione. In età adulta, Scafuri si impegnò per far restare Gorizia in Italia. Non era presente in aula la moglie di Scafuri che però ha scritto una commovente lettera offerta come intervento rivolto ai presenti in sala. Lo scritto della signora Margherita Lipizer è stato letto da Lucia Bellaspiga e riguardava alcune vicissitudini familiari risalenti all’occupazione fascista in città.L’impegno di questi protagonisti della storia ha dimostrato così che tempo, ragione e fede hanno favorito e reso possibile l’ottenimento della pace e della concordia tra popoli. Dalle voci di queste due persone è emersa quindi la storia umana, forse anche poco ascoltata negli anni perché, per esempio, oggi il silenzio di tutta Italia grava ancora sulle vicende che ha provato la città di Gorizia. Le pagine di storia riportate all’incontro sono fondamentali per la vita dei nostri giorni perché insegnano come resistere alle barbarie del nostro tempo e a come contrastare la disperazione in maniera intelligente.”Gorizia è un laboratorio di pace e la capitale della cultura 2025 sia capace di rimettere a frutto quei semi gettati su questi temi” questo è stato l’invito conclusivo della giornalista di Avvenire. Infine dal vicepresidente di Icm Nicolò Fornasir è arrivato un appello volto a far nascere e lanciare un’agenzia europea della fratellanza. “Dobbiamo gettare le basi – ha invitato Fornasir – per realizzarla. Servirà per insegnare alle nuove generazioni e per dialogare nel rispetto delle reciproche memorie per un domani migliore”.