“Fra’ Renato, l’angelo dell’ospedale”

Sono state celebrate sabato scorso chiesa della Beata Vergine della Marcelliana a Monfalcone le esequie di padre Renato Ellero. Padre Renato era nato il 5 luglio 1941 a Ramuscello, frazione di Sesto al Reghena. Entrato in seminario nell’Ordine dei Frati Francescani Minori, seguendo la vocazione francescana con una particolare sensibilità verso i più bisognosi, gli ammalati, venne ordinato sacerdote il 27 maggio 1971. Fino al 2004 aveva prestato il suo servizio presso l’ospedale del Lido di Venezia; nel 2005 era arrivato a Monfalcone, diventando cappellano dell’Ospedale “San Polo” e servendo anche la comunità di Ronchi e Vermegliano per quattordici anni, aiutando l’intera realtà parrocchiale.La parabola esistenziale del Padre francescano Renato Ellero, nato nel pordenonese a Ramuscello nel 1941 e tornato a Dio il 21 scorso a Monfalcone, può riassumersi nel sospiro di Fra’ Giovanni Vicentini, già Priore al locale Santuario della Beata Vergine Marcelliana, della cui comunità religiosa il nostro amico era parte: “Fra’ Renato ha sposato l’ospedale.”. Infatti, cappellano ospedaliero al Lido di Venezia prima e poi al complesso di Monfalcone dal 2004, Fra’Renato ha dedicato la sua vita agli ammalati, esplicando pienamente il significato  del carisma francescano del “Christus patiens”, cioè del Cristo sofferente e crocifisso, Uomo dei dolori vicino a ciascuno di noi. Perchè chiunque si ritrova ammalato nel corso della vita e la Croce è la perfetta sintesi dell’esperienza umana. Padre Renato lo aveva capito perfettamente e per questo aveva scelto di essere vicino agli ammalati. Circa i suoi trascorsi veneziani, soleva ricordare nelle omelie di aver conosciuto una suora, anche lei impegnata all’ospedale del Lido, la quale, non appena sentiva una sirena d’ambulanza, anche nel mezzo di una celebrazione eucaristica, usciva subito e si recava svelta al pronto soccorso perché, spiegava decisa, “Gesù non sta solo nel tabernacolo; è anche e soprattutto nell’ambulanza che sta arrivando”.Vedere Cristo in ogni paziente, dunque, è stato il nesso principale di tutta la vita di Fra’ Renato, nonché di quanti lo hanno condiviso e lo condividono. Sempre per tale motivo, il nostro amico francescano ha sempre condotto la sua buona battaglia tenace e silente a favore della presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici e precipuamente – va da sé – negli ospedali, portando di persona immagini sacre a conforto degli ammalati. Chilometri in silenzio a qualsiasi ora per i corridoi dell’ospedale di S.Polo – che ormai per lui non aveva più segreti -, chilometri in sella alla sua bici per il mandamento, dovunque ci fosse necessità del suo aiuto. Fra’ Renato pedalava svelto e, quando filava come una littorina sulla ciclabile diretto a S.Polo, lo salutavano proprio tutti a voce alta, con l’immancabile risposta “Ciao, carissimo!” sparata con lo zelo di chi crede. Il nostro amico sapeva inoltre insegnare che fede significa anche amore per la bellezza e il gusto artistico. Padre Lino Gaiani, suo confratello alla Marcelliana, ricorda con stima quanta creatività metteva Fra’Renato nel comporre il presepio e addobbare l’altare; per lui era questione di sentimento. Inoltre, il cappellano dell’ospedale ci ha ricordato che la fede è anche e soprattutto coraggio, già dal fatto di “saper lasciare all’alba la cuccia calda e uscire al gelo per essere vicino a chi soffre.”, come puntualizzava. Ricorderò sempre un episodio esemplare a proposito. Durante una serata estiva, a Monfalcone, ci fu un improvviso black -out. Chiunque si trovasse per strada, si affrettò allora a lasciare le vie del centro per avviarsi a casa. Nell’inquietudine dilagante, solo un uomo, pervicace e pertinace, percorreva con cauta lentezza in sella a una bicicletta la statale immersa nel buio in direzione di S.Polo. Tutti lo riconobbero senza dubbio (“Ma sì, è Fra’ Renato! Va all’ospedale per il turno di notte!”). Ci voleva ben altro per distogliere il nostro amico dal suo dovere. Quell’ “altro” lo avrebbe aspettato in forma di patologia subdola e aggressiva alcuni anni dopo, minandone rapidamente la fibra instancabile. Il male odia le creature migliori amate dal Signore e quelle attacca. Il Padre francescano ha sempre affrontato il suo calvario con la serenità stoica del suo carisma, anche se gli ultimi due mesi sono stati particolarmente amari. Rimane il dolore di chi resta, ed è grande. Ma Fra’ Renato sapeva benissimo che simili prove non fanno che privilegiarci agli occhi di Dio. La malattia lo ha fermato in questo mondo, ma nell’altra dimensione, a cui guarda ogni uomo di fede, non c’è ostacolo né fine alla vita vera che non muore, raggiunta a volo di freccia dai privilegiati da Dio. Fra’Renato – non abbiamo dubbi in proposito – è stato ed è di certo una creatura speciale agli occhi del Signore. Pertanto, anche se il nostro amico francescano ci mancherà – e molto – ricordiamo le parole di Padre Lino che ci rammenta come Fra’Renato, d’ora in avanti, viaggerà sempre con noi, perché alle anime grandi della stanza accanto non serve più né bici , né auto.  Contiamo, un giorno, di rivederti, Fra’Renato, e grazie di tutto.