Cristo Re
Il Vangelo di domenica 23 novembre 2014
20 Novembre 2014
L’anno liturgico si conclude con la proclamazione di “Gesù Cristo, Re dell’universo”. Attenzione però. Il titolo di “re” applicato a Gesù va compreso bene: c’è il rischio di dare una connotazione troppo “umana”. Di fatto Gesù nei vangeli è chiamato re in più occasioni. Nei racconti della natività è definito dai Magi «re dei giudei» (Mt 2,1). Nel racconto della passione Pilato, rivolgendosi a Gesù, lo interroga sul suo essere re dei giudei. Gesù non nega: «tu lo dici» (Mt 27,11). Sappiamo anche che la scritta posta sulla croce con il motivo della condanna dichiara: «Costui è Gesù, il re dei Giudei» (Mt 27,37). Anche nel brano evangelico odierno Gesù, evocando il giudizio finale, usa la stessa espressione per indicare il Figlio dell’uomo che verrà nella gloria: «Allora il re dirà…». Ci viene in aiuto la prima lettura che indirettamente ci invita a comprendere il titolo di “re” alla luce dell’Antico Testamento: Gesù è re come Davide, e più di Davide ha vissuto e agito secondo il cuore di Dio; egli è la Sapienza stessa; egli è il pastore che offre la vita per le pecore che va alla ricerca con amore della pecora perduta. Di più! Gesù stesso si è fatto agnello, si è messo dalla parte di coloro che vengono calpestati e uccisi. La Festa di oggi ci chiede di rileggere la nostra vita, la nostra storia alla luce del Cristo, re e centro di tutto. Gesù stesso con la sua vita diventa criterio per il nostro “giudizio universale”. Ecco, allora, alcune sottolineature.Il giudizio riguarda “tutte le genti”: in Matteo, è chiaro che la salvezza (e la non salvezza) è offerta a tutti gli uomini. Tutti sono destinatari del Vangelo: non ci sono più uomini eletti, ma ogni uomo può incontrare la salvezza.Il giudizio è presentato come una divisione: è chiaro il riferimento alla scelta. Di fronte a Cristo, al suo Vangelo l’uomo non può non scegliere!Il giudizio è una lettura concreta della storia: la fede in Gesù passa per il bicchiere d’acqua che avremo dato a chi aveva sete! Questa è logica dell’amore che ti sprona ad essere responsabile dell’altro. “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Il “giudizio universale” sarà proprio questo, e lo sarà per tutti, a prescindere dalla professione della fede cristiana, a prescindere dalle teologie diverse. Cogliere questo comandamento di Gesù Cristo, e viverlo operativamente ogni giorno, significa illuminare la propria vita e quella degli altri, significa sentire una responsabilità relazionale, significa guardare con speranza il mondo e il tempo della storia.Una conseguenza importante: il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto, nel povero, nel debole, nell’affamato, nel solo, nell’anziano abbandonato, nel parente scomodo. Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto. E sul cuore con cui lo avremo fatto.La fede è concretezza, non parole! L’Eucarestia che celebriamo possa ispirare la vita, possa sostenerci nel cammino, ci aiuti a diventare trasparenza della misericordia del Signore, testimoni credibili della sua compassione.
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