La Santissima Trinità
Il commento al Vangelo di domenica 22 maggio 2016
20 Maggio 2016
La Solennità di oggi c’invita a contemplare Dio come Trinità d’amore. Fin da piccoli veniamo introdotti nel mistero trinitario quando, con il segno della croce, entriamo in relazione con Dio Padre, Figlio e Spirito santo.Una premessa. Dio contemporaneamente è la domanda iniziale della vita e la sua risposta. La Fede è ricerca. Un padre della Chiesa afferma: “Mosè cominciò a vedere Dio nella luce (da bambino); poi entrò nella nube (da adolescente); alla ne nella tenebra (da adulto); in seguito parlò a Dio faccia a faccia”. È un po’ il nostro itinerario che ci viene chiesto dalla Trinità santa: passare, cioè, dal sentimento alla ragione e dalla ragione alla Fede senza dimenticare i passaggi fatti: sentimento, ragione e Fede.Chi è Dio? È difficile rispondere: a “catechesi” (e non a “catechismo”, perché il “catechismo” è unlibro) da piccoli ci hanno raccontano che in Dio Trinità 1+1+1= 1: il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta! Gesù ci svela che Dio è Trinità, cioè comunione. Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti Tutto facile? Magari lo fosse!Noi possiamo intuire… nel celebrare la “Trinità” ci diciamo che Dio non è solitudine, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro.Di conseguenza chi è il cristiano? È colui che vive la logica della comunione (non può essere un solitario). Testimoniare nella storia d’oggi il mistero della Trinità significa impegnarsi affinché l’umanità diventi una grande famiglia dei figli di Dio!Il Vangelo, inoltre, ci invita a non avere paura di vivere, testimoniare il Dio che Gesù ci rivela: non siamo soli, abbandonati, mandati allo sbaraglio come dilettanti della missione ma nello Spirito avremo la forza di essere significativi per noi stessi e per il mondo.Ma attenzione: la prima grande “missione”, il primo grande annuncio è ricercare la verità delle cose e nella vita; a spingerci verso la verità e l’amore, ad accompagnarci in questa ricerca è lo “Spirito di Dio”, cioè la sua forza, la sua vicinanza, il suo calore. Ancora un passaggio. Come ricorda don Sceppacerca, “un’altra strada per entrare in Dio è l’arte, ma quella piena del soffio dell’anima. Andrej Rublev ha dipinto l’icona più famosa del mondo, la Trinità. Non è raffigurato il Dio uno in tre persone, ma tre angeli, i tre pellegrini che fecero visita ad Abramo, seduti ad uno stesso tavolo. Sono tre, ma una cosa sola, su una pedana che stacca dalla terra e seduti sullo stesso trono. Portano tutti il colore della divinità, l’azzurro, del mantello o della tunica; tengono in mano il bastone del pastore, di chi guida ed è maestro. La mano destra di ognuno si muove per benedire. Sono tre giovani, hanno la stessa età e si somigliano, hanno lo stesso volto. La diversità è nel posto di seduta: uno a sinistra, uno al centro e uno a destra.Il Padre è l’angelo seduto a destra (la sinistra per noi che guardiamo) Il suo mantello rosa lascia trasparire il blu della tunica. Dietro ha la casa, l’universo creato. È eretto rispetto agli altri due più inchinati, reclinati verso di Lui. Al centro è l’angelo immagine del Figlio, con la tunica regale di porpora listata d’oro. Dietro ha un albero, è la croce. Infine l’angelo alla nostra destra, lo Spirito vivificante con il mantello verde, il più inclinato e tenero di tutti: è il lato materno della Trinità poiché nella lingua di Gesù “ruach” è femminile, termine vicino al grembo materno e alla misericordia, alla compassione. Dietro a lui è la montagna, luogo d’incontro con la divinità, dove la terra tocca il cielo.In mezzo, sulla tavola, c’è una coppa con un agnello sgozzato. Il nostro Dio è amore capace fino al sacrificio della vita e che ci viene dato ogni volta nel pane eucaristico: ecco l’agnello di Dio! Il tavolo ha quattro lati, ma loro sono tre. Il quarto è libero, attende noi che guardiamo, è il nostro posto”.
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