Il più piccolo di tutti i semi
Una riflessione sul Vangelo di Marco (Mc 4,26-34)
14 Giugno 2018
L’uomo che getta il seme sul terreno e si meraviglia della crescita a sua insaputa, è il discepolo, uno che ha annunciato la notizia bella ed ora è “testimone” della potenza e della fecondità della Parola. Lui può anche dormire perché il seme germoglia e cresce per forza sua e il terreno produce spontaneamente. Il Vangelo ha potenza propria, ma anche il testimone ha un ruolo irrinunciabile nella comunicazione del dono di Dio all’umanità. Gioia per il frutto della testimonianza e atteggiamento umile nell’offrirla.Il regno di Dio può essere rappresentato con le infinite parabole e i tanti segni della creazione e della storia. Quella del granello di senape fa risaltare il contrasto tra il più piccolo dei semi e la più grande tra le piante del giardino. Se vale per il regno, ancor più per Gesù che lo in carna, divino chicco di grano caduto in terra che muore e porta tanto frutto.Se la parabola vale per il discepolo, la chiamata è per la Chiesa dei discepoli testimoni, anch’essa nella condizione del piccolo seme che deve fruttare il più grande degli alberi. Come è possibile? Non si tratta di selezionare una élite autoreferenziale; ma i pochi per tutti, perché attraverso di loro Cristo Salvatore possa andare incontro a tutti, attirarli o almeno avvicinarli a sé e orientarli alla vita eterna.La Chiesa esiste per evangelizzare (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 14) ed evangelizza come “Sacramento universale di salvezza” (Lumen Gentium 48), cioè non solo come annuncio e strumento, ma anche come anticipo visibile del Regno di Dio. La prima preoccupazione deve essere quella dell’autenticità e non quella del numero. La Chiesa, anche se si riduce ad essere un piccolo gregge, continua a svolgere una missione universale per tutti gli uomini, dei cristiani che sono in piena comunione spirituale e visibile, dei cristiani che sono in comunione parziale, dei credenti di altre religioni, degli uomini di buona volontà.Essenziale non è il numero dei suoi membri, ma la “comunione di vita, di carità e di verità” con il Signore e tra i cristiani (Lumen Gentium 9).
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