Quella voce di speranza dall’isola di Lampedusa

Al sapere che eravamo riuniti come famiglie, ci ha detto di essere anche lui quella sera felicemente reduce da un incontro in famiglia, momento particolarmente prezioso perché permette nell’intimità del focolare quelle relazioni personali che altri luoghi non consentono. E poi ti fa “dimenticare” per un momento quel vasto orizzonte di problemi quasi irrisolvibili che si presentano ogni mattina, se non di notte, e solo sfumano un po’ la sera. Dopo averlo soprattutto ascoltato, gli abbiamo dato il nostro saluto e lui il suo che è stato, “dai un abbraccio forte alla comunità”. Ci siamo guardati…abbiamo sentito la sua voce come un irrompersi discreto del Signore sulla nostra strada, nella nostra vita, proprio come la storia di Emmaus che stavamo leggendo, un’irruzione-presenza che fa capire tante cose, che dà serenità anche nelle prove, nelle presunte illusioni, sogni infranti, amarezze sperimentate dai discepoli del Vangelo, ma anche da noi. Quel suo ottimismo, nonostante tutto ciò che si consuma in quell’Isola dispersa nel Mediterraneo, l’abbiamo sentito come brivido sulla pelle, ci ha contagiati e ci siamo detti senza proferir parole, che nelle difficoltà il Vangelo ci chiama ad essere ancora più forti, o meglio a fidarsi di colui che tutto, anche la morte, ha vinto con il suo amore.