Da asilo per l’infanzia a scuola di musica

Uscito nel 2014, presentato nel 2015. La copertina, illeggiadrita dai cubi di Fröbel, fa intuire i contenuti: pedagogia, architettura, storia che – goriziana – locale non è. Chiaro perché del libro: parlare di densità culturale della associazione Rodolfo Lipizer. Si racconta, con incisi, rimandi, riprese, entro il tema: edificio, vite, funzioni.Progetto grafico e impaginazione di Fabrizio Gabrielli abbracciano il lavoro di Gianni e Lorenzo Drascek; lo valorizzano in maniera raffinata: si avverte musica e arte d’ inserire luoghi d’ umanità nei luoghi della natura. Il libro è sintesi di competenze degli autori: si leggono pedagogia, architettura, musica… poi dialogano nella storia, e nello svilupparsi dell’ associazionismo…Descrizione della città: ferrovia che la fa dilatare; sviluppo industriale. Ricchezza delle lingue; inquietudine di popoli per l’identità. Crescere dell’industria; fascino di turismo al sud dell’Impero…La indagine su via Ponte Isonzo parla di epoca, costruzioni d’autore, istituzioni; Convitto San Luigi, Aloisianum; si entra nella duplice monarchia; filantropia che marcava date importanti della famiglia imperiale come le nozze della secondogenita Gisella d’Asburgo, che propizia il sorgere di una fondazione per un asilo infantile col sistema froebeliano. Arriva una carellata sugli asili, col passaggio da custodia a centri di educazione. Asilo intitolato a Francesco Giuseppe per uno dei suoi innumerevoli anniversari di regno. Bella immagine del progetto di Angelo Emilio Luzzatto; famiglia ebraica, autore della facciata della sinagoga a Gorizia. Da lì il racconto delle vicende, compresa la introduzione del sistema Agazzi al posto di quello froebeliano definito “non adatto agli italiani”. Cambia di nuovo la prospettiva del libro: si tratta di pedagogia, per incontrare August Fröbel, spiegarlo: giardini d’infanzia, metafora e dialogo con la natura, col gioco a scoprire bambino e doni della geometria, per farlo crescere. Personaggio strepitoso, Fröbel. Di lui, seguaci di rara preparazione entro il respiro culturale dell’Impero: Vittorio Castiglioni (1840-1911), del mondo ebraico, che istituisce una rete di asili froebeliani fra Trieste e Gorizia.Italianità e cultura tedesca esplorate, in singolare obiettività. Bell’intermezzo di Gorizia plurale, coi giornali italiani, tedeschi sloveni, e in mezzo gli echi di Bava Beccaris a Milano, dei petardi contestatori di una Gorizia che pure aveva la toponomastica italiana e udiva echi irredentistici culminati nella morte di un Oberdan abbandonato dall’Italia preoccupata dalla Triplice, prona a collaborazioni poliziesche triplicisticamente versate.Il tempietto dei volontari, ancor’oggi in rovine, richiama voci italiche riportate dagli autori; si riverberano in disumane parole di Papini sulla guerra: “La guerra, infine, giova all’agricoltura e alla modernità. I campi di battaglia rendono, per molti anni, assai più di prima senz’altra spesa di concio”. Si è vicini a date fatali: cambieranno mondi; ancor oggi, non hanno finito di cambiare; gli Autori spiegano la leva militare in ambo i campi, per avvicinarsi consapevoli, alla guerra: sparo di Sarajevo, partenza del 97, poi marasma con Triplice Intesa extraparlamentare, a Triplice Alleanza ancora in piedi! Forze in campo; dichiarazioni di guerra.Ci avviciniamo ai Brass, con sventagliate di personaggi straordinari nella creatività. L’atto di battesimo di Guido Michele, Virgilio Maria Brass: padre, di madre tedesca; madre, di madre slovena; levatrice slovena; cooperatore battezzante don Francesco Zoratti, friulano e consigliere comunale. Guido, destino segnato nella scelta politica; aderisce, appena oltre l’adolescenza, all’esercito italiano; entra nel vortice della guerra, morendo quasi subito, aspirante ufficiale (ferito a Oslavia l’11 novembre del ’15, morto in ospedale a Cormons il 21). Si parla, per contiguità logica, degli ospedali militari, del Reseveospital del seminario maggiore bombardato, e del Seminario minore, bombardato a onta della funzione ospedaliera. Si accenna a retorica mistica degli ospedali di un Luigi Barzini, si intuisce realtà diversa. Un capitoletto, denso e illuminato da immagini, richiama l’impadronirsi fascista dell’istruzione e il pervadere la ricreazione, in culmine razzista. Conclusioni, con rasserenante capitolo sull’edificio sede dell’Associazione “Lipizer” in Via don Bosco, raccontano avventura che continua, precisata dagli Autori giunti al termine delle scoperte di cui hanno reso partecipi i lettori con l’efficacia, l’eleganza e la levità che informa l’intera opera!G. DRASCEK – L. DRASCEK, L’edificio di Via Ponte Isonzo dedicato al volontario irredento Guido Brass (1896-1915) da giardino fröbeliano a sede dell’Associazione “Rodolfo Lipizer”, Edizioni della Laguna, Gorizia, 2014, pp. 146, € 15.