Educare i giovani all’uso corretto della tecnologia

Come Circolo Brandl abbiamo promosso, anche questa primavera, degli incontri culturali dedicati a svariate tematiche tra cui uno dedicato all’educazione dei giovani all’uso della tecnologia e un altro incentrato, invece, sui danni dalla stessa provocati alla persona umana intesa nella sua totalità. Relatori due specialisti del settore: la formatrice e consulente educativa Paola Cosolo Marangon per la parte più prettamente legata alla formazione ed educazione giovanile, il tecnico Roberto Lizzi per la tematica dell’inquinamento invisibile. Entrambi si sono rivelati due momenti di alto livello che hanno coinvolto i presenti in una profonda riflessione.Insegnando nella scuola secondaria sono quotidianamente a contatto con giovani e giovanissimi, vedo con i miei stessi occhi quanto e come essi vivano la tecnologia, ma molto di ciò che ho sentito non lo conoscevo così approfonditamente, pertanto ho pensato di condividere con voi alcune riflessioni sull’argomento. Paola, come detto formatrice e consulente educativa, esperta nella gestione di progetti di sostegno alla genitorialità, si occupa di formazione in ambito educativo rivolta a insegnanti, genitori, educatori, operatori sociali, psicologi ormai da diversi anni. Le problematiche legate all’età evolutiva sono il suo pane quotidiano, tra cui quelle inerenti, appunto, l’educazione dei giovani alla tecnologia.Nella sua ampia digressione ha sottolineato come studi  scientifici, abbiano dimostrato la dannosità dell’uso del cellulare a livello cerebrale ed emotivo, soprattutto degli smartphone, tra le giovani generazioni. Chiaro, non è che agli adulti faccia bene essere sempre connessi, anzi, spesso proprio noi adulti non sappiamo educare i nostri figli in merito perché noi stessi facciamo uso degli smartphone e/o dei social network come dei perfetti adolescenti, ma nei ragazzi il danno è davvero notevole: solo per fare un esempio se da adulti le onde emesse dagli apparecchi telefonici invadono un terzo del cervello, nei giovani dai 5 ai dodici anni esse penetrano ben la metà dello stesso e nei piccolissimi addirittura l’intero volto con danni di cui si può ben immaginare. Non solo: lo sviluppo cerebrale ed emotivo del bambino e del ragazzo sino ai dodici anni non è pronto a ciò che uno smartphone può proporre: consegnare a un figlio un apparecchio di questo tipo significa affacciarlo al mondo del web, a tutto ciò che di buono esso offre, ma anche a tutto il marcio che propone e che, fidatevi, non è poco; Paola lavora in tutto il Nord Italia, soprattutto in zona piacentina e ha sottolineato come la nostra regione risulti essere quella con maggiori problematiche giovanili legate ad un uso non positivo della tecnologia. “I giovani – ha spiegato – vivono una richiesta costante di mettersi in mostra, farsi vedere, essere come gli altri chiedono. Pensiamo ai selfie atti a documentare tutto ciò che si sta facendo, alla richiesta di risposte immediate sui social, a quel farsi trovare in ogni momento e trovare gli altri in ogni momento. Forse se noi genitori aiutassimo i nostri figli ad avere regole più precise, anche per quanto riguarda l’utilizzo dei social e degli strumenti digitali, potremmo evitare loro quell’angoscia che deriva dal sentirsi sempre visti, messi in mostra. E’ necessario, sempre, ma soprattutto in quell’età, avere un tempo per sé, un tempo intimo dove si può anche far nulla, ma soprattutto in cui non si deve rendere conto in continuazione agli altri di quello che si sta facendo. Dovremmo aiutare i nostri figli a ritrovare quei momenti”.Da soli non sanno spegnere lo smartphone? Bene, forniamo noi delle regole precise sull’utilizzo delle nuove tecnologie e, sottolineo, siamo (congiuntivo esortativo) noi i primi a rispettarle! Exemplum docet, scrivevano ormai molti secoli fa i Latini. E’ faticoso, senza ombra di dubbio essere genitori, è una vera e propria sfida quotidiana, ma è una sfida che va vissuta perchè “… i figli richiedono la presenza forte di un’educazione: è necessario, semplicemente, che facciate i genitori.” Ha ricordato Paola.