San Giuseppe l’uomo giusto

Scrivere su san Giuseppe significa da un lato attingere alla fonte del van-gelo, dall’altro tenere perlomeno conto di ciò che attraverso la storia è sorto e si è riflettuto su di lui o gli è stato dedicato. Di primo acchito si può dire che il vangelo è molto parco nel parlare di san Giuseppe, non facendogli pe-altro dire alcuna parola. E nessun riferimento se ne fa negli altri scritti del Nuovo Testamento. Mentre la Chiesa, in venti secoli, ha visto sorgere alcune centinaia di congregazioni e istituti religiosi intitolati a lui, e dato vita a riflessioni teologiche, documenti (tra cui i testi del Magistero), simposi e centri. Anche la liturgia e l’arte hanno visto una ricaduta di un certo peso. Più recentemente, il Papa Francesco ha dedicato l’anno intercorso fra l’8 dicembre 2020 e l’8 dicembre 2021 alla sua persona, nel 150° della proclamazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale (l’8 dicembre1870 a opera di Pio IX).Dunque, sembrerebbe che a qualche cenno sobrio su san Giuseppe nel vangelo, vi sia come contraltare un’abbondante fioritura di opere, titoli e testimonianze in suo onore, nei venti secoli trascorsi. In realtà, questo primo sguardo dev’essere purificato da una visione più profonda delle cose.Così se è vero che il vangelo gli dedica poche pagine, non è dalla scarsità delle informazioni che ne deriva necessariamente una minore rilevanza. Le cose essenziali possono dirsi, infatti, in brevi parole. Tutto il vangelo, nella sua quadruplice forma, è di per sé un racconto essenziale che non menziona molti tratti della vita di Gesù, dal periodo fra l’infanzia e l’età adulta (eccetto l’episodio del suo ritrovamento nel tempio quando aveva dodici anni, cf. Luca 2,41-50). Le poche pagine che parlano di san Giuseppe mostrano ancor più tale essenzialità, nelle menzioni puntuali in cui Gesù era ritenuto dalla gente “il figlio di Giuseppe” (Luca 3,23 e 4,22; Giovanni 1,45 e 6,42) o “figlio del fa-legname” (Matteo 13,55). Mentre gli episodi che lo riguardano sono in due dei quattro vangeli: Matteo e Luca. E solo il primo si sofferma un po’ di più sulla sua figura, mentre Luca lo nomina brevemente in occasione del viaggio a Betlemme (2,4-5) e della visita dei pastori al neonato Gesù (2,16). In altre due occasioni, la presentazione al tempio di Gesù e il suo ritrovamento nello stesso (a dodici anni), il riferimento è più generico poiché si parla dei genitori di Gesù (2,27.41) o di “tuo padre” (2,48). In ogni caso non sono certo riferimenti en passant, ma vanno compresi all’interno di ciò che quel-le pagine vogliono trasmettere. Matteo lo menziona nell’annuncio dell’angelo, per il quale san Giuseppe assumerà la paternità legale nei confronti di Gesù (1,18-25); nella fuga della sacra Famiglia in Egitto (2,13-15) e nel ritorno verso la terra d’Israele (2,19-23). Anche in questi ultimi due episodi l’angelo, che è un messaggero divino, gli comunica ciò che deve fare. Soffermandoci sui testi vedremo quanto peso hanno tali racconti, seppur pochi e brevi, in relazione a san Giuseppe e alla sua missione nei confronti della santa Famiglia. D’altro canto, se è vero che in venti secoli molte congregazioni, opere e documenti sono sorti in suo onore, nondimeno c’è ancora da fare una strada che porti a un riconoscimento più pieno di san Giuseppe. Va anche rilevato, in tal senso, un mancato rilievo se non proprio una trascuratezza a suo riguardo, che ha interessato la teologia, la catechesi, la liturgia e l’arte. La prima (teologia) non è stata capace, in buona parte, di mettere a fuoco la persona e l’opera di san Giuseppe, adducendo sovente come motivo di fondo la “scarsità” di informazioni nel vangelo. E questo può aver determinato una ricaduta negativa sulla catechesi, la liturgia e l’arte. L’obiezione sul “poco detto” non ha tuttavia un fondamento valido. Il punto di partenza di questo libro è allora il vangelo – secondo Matteo e secondo Luca -, meditato in quegli episodi che si riferiscono a san Giuseppe. Dopo aver inquadrato la pagina del testo sacro, e chiarito alcuni punti nodali, segue la riflessione. Le meditazioni poggiano così su una base più sicura. Nella riflessione conclusiva ho voluto infine volgere uno sguardo e un auspicio su quanto ancora può essere valorizzato di san Giuseppe, con l’apporto della teologia e del Magistero, che favorirebbe una ricaduta positiva nella vita della Chiesa. (dall’Introduzione)