Il digiuno? Una questione d’amore e libertà

Gesù dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame.”(Mt 4,2)Al di là dei molti argomenti, basterebbe questo motivo per dare ragione al digiuno nella vita cristiana: Gesù per primo l’ha praticato e vissuto profondamente. Come ebreo lo eredita dalla prassi religiosa del suo popolo, che lo prevedeva in concomitanza di determinate feste religiose o in momenti penitenziali particolari, personali o comunitari.Sulla scia dei profeti egli ne afferma la forza e il significato interiore denunciando apertamente gli atteggiamenti puramente esteriori degli “ipocriti”. Elemosina, preghiera e digiuno sono un atto di offerta e di amore, non da ostentare ma da vivere nel “segreto” di una relazione di fede autentica con il Padre (Mt 6,1-6.16-18)Allo stesso modo troviamo il digiuno nella vita di fede dei santi, a partire da San Paolo, come testimonia nelle sue lettere, e delle prime comunità cristiane negli Atti degli Apostoli.Nel Vangelo Gesù lo motiva così ai discepoli: “Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.”(Mt 9,15). Egli parla del digiuno all’interno della grande metafora evangelica delle nozze, metafora che percorre dall’inizio alla fine tutta la Scrittura. Il digiuno è messo dunque in relazione all’amore nuziale. Non è così infatti anche nella realtà umana? Quando l’amore di coppia è ammalato o ferito, la prima cosa che si perde è proprio l’appetito. Questo ci porta allora ad un secondo riferimento importante sulle motivazioni del digiuno cristiano: siamo un’unità inscindibile di corpo, anima e spirito. Nella preghiera, nella prassi, nel culto, nella carità queste dimensioni della nostra persona devono stare insieme perché interdipendenti. La preghiera non riguarda solo sentimenti o pensieri, la carità non riguarda solo le braccia, il culto non è solo questione di parole e discorsi o gesti comunitari. Anche i Padri della Chiesa ci insegnano che digiuno, preghiera e carità stanno sempre insieme. San Pietro Crisologo afferma: “Il digiuno e? l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente”. Per questo, per esempio, ciò di cui, insieme con la preghiera, ci siamo privati con il digiuno, lo doniamo in elemosina verso i più poveri, come frutto di una solidarietà concreta. Amore e libertà stanno e crescono insieme. Bisogna essere veramente liberi per amare in modo pieno. Ed il cristiano dovrebbe esserlo perché Cristo lo ha liberato dal peccato e dalla morte. Aperto al dono dello Spirito, l’uomo nuovo in Cristo riceve uno dei suoi frutti: il dominio di sé (Gal 5, 23). Egli impara un po’ alla volta a dominare i suoi istinti creaturali per essere sempre più guidato da Dio e più libero di amare. In questo senso il digiuno ci aiuta a saper togliere qualcosa del corpo per dare più spazio all’anima e alla presenza dello Spirito in noi, a rinunciare a tutto ciò che rischia solo di compensare senza saziare veramente ed anche a vincere le seduzioni del maligno che ci vuole togliere amore e libertà.In questo senso è oggi più urgente che mai il digiuno dai media, sempre più accattivanti, invadenti, rapitori della nostra attenzione e della nostra vita interiore. Pensiamo all’uso del cellulare, che senza troppi problemi lasciamo nelle mani dei nostri adolescenti, ragazzi e perfino dei bambini. Che uso ne faranno e con quali conseguenze, se già noi adulti facciamo fatica a gestirli? Il rischio è che essi siano solo dei surrogati per la fame profonda che tutti abbiamo di relazioni, di conoscenza, di affetto, di ideali, di senso. Un salutare digiuno da essi ci aiuterebbe e ricuperare il valore del silenzio, a fare ordine, pulizia, a ritrovare autenticità e relazioni vere. Perché allora non metterlo seriamente in programma per questa Quaresima? Il Vangelo e la tradizione della Chiesa ci propongono antidoti antichi e sempre nuovi per salvare l’amore e la libertà che rischiamo sempre di perdere.