Rivivere la gioia e gli impegni dell’ordinazione

Sabato 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, ho avuto il dono di partecipare all’ordinazione episcopale di mons. Enrico Trevisi, nuovo vescovo di Trieste, cui facciamo i migliori auguri. Un’occasione preziosa, come tutte le ordinazioni episcopali cui ho preso parte in questi anni, per rivivere la gioia e l’emozione della mia consacrazione e per ripensare alle parole e ai gesti che caratterizzano quello splendido rito, oltre che per riportare alla memoria gli impegni assunti in quella occasione.

Qualcosa di analogo penso possa succedere a ogni presbitero e diacono che intervenga all’ordinazione presbiterale o diaconale di un nuovo confratello. Tra un paio di mesi, finalmente, dopo molti anni, avremo tutti la gioia di prendere parte all’ordinazione presbiterale di Manuel Millo e a quella diaconale di Matteo Marega. Si svolgerà qui ad Aquileia nel pomeriggio di domenica 28 maggio solennità di Pentecoste. Un evento per il quale dobbiamo essere molto riconoscenti al Signore, perché ogni vocazione e ministero da Lui prende origine, e che dobbiamo cogliere come occasione per rivivere quel momento così decisivo per la nostra vita, lontano nel tempo, ma presente nel cuore di ciascuno, in cui siamo stati ordinati presbiteri o diaconi. Lo siamo stati – non dobbiamo mai dimenticarlo – per partecipare, ciascuno secondo il proprio ministero e con i propri incarichi, alla missione di Cristo, che il Vangelo di Luca ancora una volta ci ha presentato. Con Lui, anche noi siamo mandati ad annunciare il Regno di Dio a tutti, in particolare ai poveri (e i poveri non mancano nella nostra società). Quel Vangelo che è anzitutto “buona notizia” per noi. Ma il Vangelo è “buona notizia” per ogni uomo e ogni donna, in particolare per coloro ai quali è indirizzato il nostro ministero.

Vorrei, pertanto, riprendere alcune parole e alcuni gesti presenti nella liturgia dell’ordinazione diaconale e presbiterale per prepararci a ciò che vivremo il giorno di Pentecoste in questa splendida basilica e per offrire a ciascuno qualche spunto di riflessione sul proprio ministero. dando ancora più valore al rinnovo delle promesse sacerdotali che tra poco faremo. Lo offro, in particolare, a chi – presbitero o diacono – ricorda quest’anno con grande riconoscenza al Signore un significativo anniversario della propria ordinazione. Nel libretto che vi verrà consegnato al termine, dove è stata pubblicata questa omelia, troverete anche i passaggi iniziali dei due riti di ordinazione: avrete così modo nelle prossime settimane di farne oggetto di meditazione, di preghiera, di rendimento di grazie e anche di revisione di vita.

La liturgia dell’ordinazione inizia con la presentazione degli ordinandi: «Si presenti colui che deve essere ordinato presbitero / diacono». Il candidato viene chiamato per nome e risponde: «Eccomi». In quell’eccomi c’è tutta la persona di colui che sta per essere ordinato presbitero e diacono con la sua umanità. Un’umanità per la gran parte ricevuta: non ha scelto di venire al mondo; non ha scelto i genitori; non ha scelto il luogo, la cultura, la lingua in cui nascere e crescere; non ha scelto la propria configurazione fisica e psicologica e così via. Se tutto questo non è stato scelto, significa che è dono. Un dono, però, affidato alla responsabilità di ciascuno: perché la propria persona, anche solo da un punto di vista umano, può essere fatta crescere in un lungo e complesso cammino di maturazione che dura una vita, oppure può restare bloccata e persino regredire. E così il presbitero e il diacono sarà una persona che, pur con i suoi limiti e le sue fatiche, saprà mettere a disposizione del Signore e della Chiesa un’umanità equilibrata, armoniosa, serena, aperta alla relazione o un’umanità immatura, infantile, autocentrata, instabile. Come sono ora a distanza di tanti anni da quell’eccomi, come è cresciuta la mia umanità?

Non basta, però, presentarsi al vescovo e al popolo di Dio per essere ordinati presbiteri o diaconi, occorre che lo chieda la Chiesa e che il vescovo acconsenta a questa richiesta: «Reverendissimo Padre, la santa Madre Chiesa chiede che questo nostro fratello sia ordinato presbitero / diacono». E il vescovo chiede: «Sei certo che ne è degno?». E la risposta è: «Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il giudizio dato da coloro che ne hanno curata la formazione, posso attestare che ne è degno». Il vescovo soggiunge: «Con l’aiuto di Dio e di Gesù Cristo nostro Salvatore noi scegliamo questo nostro fratello per l’ordine del presbiterato / del diaconato». Il rituale precisa: “E tutti, in segno di assenso, rispondono: «Rendiamo grazie a Dio»”. Non esiste quindi nessuna autocandidatura, ma una richiesta da parte della Chiesa, che garantisce la “dignità” del candidato, e una “elezione” da parte del vescovo. Questo fatto è decisivo per la vita e il ministero del presbitero e del diacono e all’interno di tale realtà va vista la promessa di obbedienza al vescovo, che ha la responsabilità della Chiesa diocesana dove il presbitero o il diacono viene incardinato, promessa che chiude l’assunzione dei diversi impegni. Non ci può essere spazio per un ministero interpretato a propria immagine e quasi imposto al popolo di Dio. L’ovvio dovrebbe essere invece l’inserimento cordiale e collaborativo nel cammino diocesano, certo mettendo in gioco i doni propri di ciascuno con generosità e impegno personale, ma in comunione con il popolo di Dio, con il vescovo, il presbiterio e la comunità diaconale.

C’è ancora della strada da percorrere e la delineazione definitiva di un percorso diocesano di iniziazione cristiana – “quarto cantiere” del nostro cammino sinodale di quest’anno – e la sua cordiale e progressiva attuazione in tutte le unità pastorali della diocesi, potrà essere un passo decisivo per i prossimi anni. Ma ringrazio il Signore, perché ci sono molti presbiteri e diaconi che cercano di vivere il loro ministero nella comunione e nella condivisione dei doni e per questo sono apprezzati dal popolo di Dio: lo sto constatando con gioia nella “mini-visita pastorale” che sto compiendo in questi mesi nelle diverse unità pastorali. Una visita che inizia con la preghiera e l’incontro con i sacerdoti e i diaconi presenti nell’unità pastorale e che vuole essere un’occasione di crescita nella comunione tra vescovo, presbiteri e diaconi anche per superare le difficoltà evidenziate nell’omelia della Messa crismale dello scorso anno.

Vorrei ora richiamare un “rito esplicativo” che è presente nella sola liturgia dell’ordinazione diaconale, ma che riguarda ovviamente anche i presbiteri: la consegna del libro dei Vangeli. Molto significative le parole poste sulla bocca del vescovo dalla liturgia: «Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che credi, vivi ciò che insegni». Fede, annuncio, vita: tre realtà che devono essere vissute come in un circolo virtuoso, rafforzandosi a vicenda, ma avendo al centro il Vangelo, la Parola di Dio. L’ho ricordato molte volte e alcuni anni fa è stato oggetto di una lettera pastorale: la Parola di Dio, nel suo esprimersi nei libri della Sacra Scrittura, è davvero il “libro ritrovato” che le generazioni del dopo Concilio hanno ricevuto come dono, un dono riscoperto e per questo tanto più prezioso. Mi riempie il cuore di grande gioia vedere come in questi anni la Parola di Dio, in una lettura condivisa, sta diventando sempre più l’ovvio inizio di ogni nostro incontrarci, ma anche – intuisco dalla profondità degli interventi – il cibo dell’anima di ciascuno. Una Parola che deve diventare sempre più strumento di discernimento di «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» e deve determinare la nostra vita e quella delle comunità.

Infine, penso sia importante accennare a un’azione che è presente nella sola liturgia dell’ordinazione presbiterale: l’imposizione delle mani sul capo dell’ordinando da parte di tutti i presbiteri. Un gesto forte, che se non ha valore strettamente sacramentale, esprime però tutta la bellezza e la comunione del presbiterio. Un presbiterio dove dovrebbe esserci spazio solo per stima reciproca, accoglienza vicendevole, sostegno premuroso, perdono generoso e non certo per contrapposizioni, invidie, gelosie, ripicche, esclusioni. La stessa cosa vale per la comunità diaconale e tra presbiteri e diaconi. L’abbraccio di pace, che chiude anche il rito dell’ordinazione diaconale, è momento espressivo della comunione rispettivamente tra il nuovo presbitero, il vescovo e il presbiterio, e tra il nuovo diacono, il vescovo e i diaconi. Una comunione non facile da vivere: tutti risentiamo della cultura odierna dove ognuno rischia di diventare impermeabile agli altri, non più desideroso di incontro, di scambio, di dialogo e quindi di trasformazione, condizioni imprescindibili per incidere sulla società anche come comunità cristiana. Ma vogliamo viverla e in modo dinamico, accogliendo l’insistenza di papa Francesco sulla sinodalità.

Concludo ricordando che sia nell’ordinazione presbiterale, sia in quella diaconale, sono presenti le litanie dei santi. Un momento intenso, che il candidato vive disteso sul pavimento, in cui invocare l’intercessione di uomini e donne che hanno vissuto con totalità il Vangelo. Anche se non li nomineremo esplicitamente in quelle litanie il giorno di Pentecoste, ritengo sia giusto pensare con riconoscenza ai presbiteri e diaconi che abbiamo conosciuto nella loro profonda dedizione al Signore e alla comunità cristiana e che ora sono presso Dio. Mentre li ricordiamo con grande affetto e riconoscenza – in particolare chi ci ha lasciato in questi ultimi dodici mesi: don Graziano Marini, p. Renato Ellero, mons. Oscar Simčič, P. Emmanuele Maria Cortesi e, pochi giorni fa, don Diego Bertogna – sono convinto che possiamo confidare nella loro preziosa intercessione.

Un caro augurio a tutti per queste celebrazioni pasquali: Buona Pasqua, Vesela Velika Noč, Buine Pasche.

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APPENDICE

 

DAL RITO PER L’ORDINAZIONE DI UN PRESBITERO

 

PRESENTAZIONE ED ELEZIONE

 

L’ordinando è invitato dal diacono con queste parole:

Si presenti colui che deve essere ordinato presbitero.

 

L’ordinando vien chiamato per nome dal diacono e risponde:

Eccomi.

 

E si avvicina al vescovo facendogli la debita riverenza.

 

Quindi il presbitero designato dal vescovo dice:

Reverendissimo Padre,

la Santa Madre Chiesa

chiede che questo nostro fratello sia ordinato presbitero.

 

Il vescovo lo interroga dicendo:

Sei certo che ne sia degno?

 

Il presbitero risponde:

Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano

e secondo il giudizio di coloro

che ne hanno curato la formazione,

posso attestare che ne è degno.

 

Il vescovo soggiunge:

Con l’aiuto di Dio

e di Gesù Cristo nostro Salvatore,

noi scegliamo questo nostro fratello

per l’ordine del presbiterato.

 

E tutti, in segno di assenso, rispondono:

Rendiamo grazie a Dio.

 

OMELIA

 

IMPEGNI DELL’ ELETTO

 

Quindi soltanto l’eletto si alza in piedi e si pone davanti al vescovo, che lo interroga con le seguenti parole:

Figlio carissimo,

prima di ricevere l’ordine del presbiterato,

devi manifestare davanti al popolo di Dio la volontà di

assumerne gli impegni.

 

Vuoi esercitare per tutta la vita

il ministero sacerdotale nel grado di presbitero,

come fedele cooperatore dell’ordine dei vescovi

nel servizio del popolo di Dio,

sotto la guida dello

Spirito Santo?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi adempiere degnamente e sapientemente

il ministero della parola nella predicazione del Vangelo

e nell’insegnamento della fede cattolica?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi celebrare con devozione e fedeltà

i misteri di Cristo

secondo la tradizione della Chiesa,

specialmente nel sacrificio eucaristico

e nel sacramento della riconciliazione,

a lode di Dio e per la santificazione del popolo cristiano?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi insieme con noi

implorare la divina misericordia

per il popolo a te affidato, dedicandoti assiduamente alla preghiera,

come ha comandato il Signore?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi essere sempre più strettamente unito

a Cristo sommo sacerdote,

che come vittima pura si è offerto al Padre per noi,

consacrando te stesso a Dio insieme con lui

per la salvezza di tutti gli uomini?

 

Eletto:

Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio.

 

Quindi l’eletto si avvicina al vescovo, si inginocchia davanti a lui e pone le proprie mani

congiunte in quelle del vescovo.

Il vescovo ordinario dell’eletto dice:

Prometti a me e ai miei successori

filiale rispetto e obbedienza?

 

Eletto:

Sì, lo prometto.

 

Vescovo:

Dio che ha iniziato in te la sua opera,

la porti a compimento.          

 

 

 

DAL RITO PER L’ORDINAZIONE DI UN DIACONO

 

PRESENTAZIONE ED ELEZIONE

 

L’ordinando è invitato dal diacono con queste parole:

Si presenti colui che deve essere ordinato diacono.

 

L’ordinando vien chiamato per nome dal diacono e risponde:

Eccomi.

 

E si avvicina al vescovo facendogli la debita riverenza.

 

Quindi il presbitero designato dal vescovo dice:

Reverendissimo Padre,

la Santa Madre Chiesa

chiede che questo nostro fratello sia ordinato diacono.

 

Il vescovo lo interroga dicendo:

Sei certo che ne sia degno?

 

Il presbitero risponde:

Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano

e secondo il giudizio di coloro

che ne hanno curato la formazione,

posso attestare che ne è degno.

 

Il vescovo soggiunge:

Con l’aiuto di Dio

e di Gesù Cristo nostro Salvatore,

noi scegliamo questo nostro fratello

per l’ordine del diaconato.

 

E tutti, in segno di assenso, rispondono:

Rendiamo grazie a Dio.

 

OMELIA

 

IMPEGNI DELL’ ELETTO

 

Quindi soltanto l’eletto si alza in piedi e si pone davanti al vescovo, che lo interroga con le seguenti parole:

Figlio carissimo,

prima di ricevere l’ordine del diaconato,

devi manifestare davanti al popolo di Dio la volontà di

assumerne gli impegni.

 

Vuoi essere consacrato al ministero nella Chiesa

per mezzo dell’imposizione delle mie mani

con il dono dello Spirito Santo?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi esercitare il ministero del diaconato

con umiltà e carità

in aiuto dell’ordine sacerdotale,

a servizio del popolo cristiano?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi, come dice l’Apostolo,

custodire in una coscienza pura

il mistero della fede,

per annunziarla con le parole e le opere,

secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

La domanda seguente di deve fare anche a un religioso professo. Si tralascia se viene ordinato un eletto sposato.

Vescovo:

Tu che sei pronto a vivere nel celibato:

vuoi in segno della tua totale dedizione

a Cristo Signore

custodire per sempre questo impegno

per il regno dei cieli

a servizio di Dio e degli uomini?

 

Eletto non sposato:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Vuoi custodire e alimentare

nel tuo stato di vita

lo spirito di orazione

e adempiere fedelmente

l’impegno della Liturgia delle ore,

secondo la vostra condizione,

insieme con il popolo di Dio

per la Chiesa e il mondo intero?

 

Eletto:

Sì, lo voglio.

 

Vescovo:

Tu che sull’altare sarai messo a contatto

con il corpo e sangue di Cristo

vuoi conformare a lui tutta la vostra vita?

 

Eletto:

Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio.

 

Quindi l’eletto si avvicina al vescovo, si inginocchia davanti a lui e pone le proprie mani congiunte in quelle del vescovo.

Il vescovo ordinario dell’eletto dice:

Prometti a me e ai miei successori

filiale rispetto e obbedienza?

 

Eletto:

Sì, lo prometto.

 

Vescovo:

Dio che ha iniziato in te la sua opera,

la porti a compimento.