Libertà di espressione a rischio

La libertà di espressione non è solo (se “solo” possa dirsi) un articolo della nostra Costituzione ma è anche un principio democratico che sta alla base tanto dello sviluppo di ogni individuo che del vicendevole interscambio e riconoscimento. In altre parole si potrebbe dire che esprimendosi le persone si conoscono, si incontrano, ampliano la propria conoscenza di sé e dell’altro orientandosi verso la condivisione o il dissenso; zittendosi, all’opposto, i pensieri non si toccano mai consolidandosi senza contraddittorio e creando così muri ed equivoci.Se questa premessa sembra essere scontata, tocca ricordare che in anni recenti la libera espressione è stata più volte minacciata da prepotenze verbali volte alla prevaricazione in un contesto di surreale tolleranza politica, sociale e giornalistica che ne hanno anzi incoraggiato o omettendo di intervenire o pubblicamente plaudendone.Il risultato è stato che per lungo corso è dilagato il famoso “mainstream” anche noto come “pensiero unico” ovvero quella corrente di pensiero, una per ogni tema sotteso, imposta ai più con sopraffazione e che, se contrariata, attivava il pubblico dileggio del contestatore.Nessun contraddittorio ma seguaci acritici, una sorta di censura meschina fatta ai fianchi dei dissidenti rapidamente catalogati come fascisti, omofobi, no vax, squadristi, etc.Tra le vittime più illustri si citino lo storico Alessandro Barbero, il filosofo Massimo Cacciari, lo scrittore Carlo Freccero, il critico d’arte Vittorio Sgarbi ove, nell’ordine: il primo dissentì sui green pass condizionali alla fruizione del diritto allo studio, il secondo avanzò dubbi sulla legittimità costituzionale delle restrizioni in tempo di Covid, il terzo sul perbenismo radicalchic, il quarto, infine, sui pericoli dello spiegare, come proposto in un celeberrimo testo di disegno di legge, la transessualità ai minori delle scuole.Molti media li punirono usando sempre il solito schema: pubblica denigrazione, catalogazione per marginalizzarne, assenza di contraddittorio.Allora, ciò che deve far riflettere al di là della singola posizione su certi temi, è questo grave metodo di soffocare il confronto, rispolverato ora anche per contestare la Ministra Roccella, che costituisce una violenza non solo verso tutti i principi giuridici democratici ma anche impedimento contro il raffinarsi di un pensiero collettivo critico e maturo. Una prassi totalmente distorta che parte dalla prepotenza di pochi (convinti di detenere la verità e ciecamente doverla imporre all’altro) e che ignora che la via dell’incontro passa invero dal confronto, libero e informato, ove solo il sapere è antidoto del brutto: nella cultura, nella lettura o nelle arti, la visione differente non è considerabile nemica o antagonista ma, all’opposto, opportunità, stimolo anche e soprattutto in caso di dissociazione.L’intolleranza e la censura possono essere figlie solo di chi non sa e che soprattutto non vuole sapere. Vuole invece, con tutti i mezzi, imporre che il proprio “pensiero unico” valga tanto per sé che, ed in questo sta il pericolo antidemocratico, per gli altri.L’aver costretto la Roccella all’abbandono del palco al Salone del libro di Torino ha privato tutti gli Italiani di un momento di conoscenza dei convincimenti etici e morali di una Ministra della Repubblica.Non possiamo che sperare di essere risarciti con uno spazio compensativo di uguale e maggiore portata ove poi, successivamente, tutti saremo liberi di pensarla uguale o meno.