Giornalismo: le comunità al centro

Marco Girardo ha da poco ricevuto il testimone della direzione del quotidiano cattolico nazionale, Avvenire. Un percorso il suo maturato proprio all’interno della redazione, partendo come stagista, occupandosi poi di Economia e Politica economica, diventandone la guida della redazione e oggi, direttore del quotidiano.Tra pochi giorni sarà a Grado per l’appuntamento con la “Festa di Avvenire”; in vista di quest’occasione l’abbiamo raggiunto telefonicamente e abbiamo conversato con lui della sua esperienza, del futuro del giornalismo, ma anche dello “stato di salute” del nostro Paese.Direttore, a poche settimane dalla nomina ufficiale, quali sono le sue emozioni per essere stato incaricato di dirigere il quotidiano nazionale cattolico? Quali “sogni nel cassetto” per la sua testata?Effettivamente si è trattato di un impatto molto forte, da un lato per il senso di responsabilità nel prendere il timone e l’eredità di un giornale condotto per ben 14 anni da Marco Tarquinio, che ha guadagnato grande riconoscimento nella capacità di incidere nel dibattito pubblico e grande autorevolezza anche nelle campagne svolte su svariati temi – dalla pandemia sociale, al tema delle disuguaglianze, passando per il tema della guerra e della necessità di percorsi di pace… – che hanno a che fare con la vita del Paese, con uno sguardo sempre onesto sulle cose.Un senso di responsabilità quindi nel proseguire questo grande lavoro che è stato fatto, con il compito di trasferirlo anche nel nuovo contesto, più complessivo, del mondo digitale.C’è poi anche un’emozione legata al passare da un incarico di nicchia, quale quello dell’Economia e della Politica Economica, a uno sguardo più complessivo, scoprendo le tante ricchezze del giornalismo e dei giornalisti di Avvenire, la capacità di uno sguardo particolare di tanti colleghi sui fatti e le vicende della vita degli uomini e donne del nostro Paese, la capacità di essere in grado di fornire delle chiavi di lettura, anche controcorrente, di illuminare aspetti a volte trascurati dagli altri media… La consapevolezza quindi di essere alla guida di una squadra, composta da valentissimi colleghi capaci di portare avanti un giornalismo fatto di uno sguardo onesto e autentico.Da un lato poi anche la consapevolezza di essere in qualche modo “nato e cresciuto” in Avvenire, essendoci arrivato da stagista e facendo parte di una redazione che ha una grande forza interna e una caratterizzazione molto forte. Il fatto che la scelta per la direzione sia ricaduta su una persona che viene dall’interno, dal mio punto di vista è anche un premio ad “Avvenire” stesso, alla sua storia e alla sua capacità di creare al suo interno persone capaci di proseguire un lavoro di tanti anni.

Accennava al mondo digitale. In quest’era che ci vede sempre (e sempre più) connessi, come è possibile combinare, far convivere, la carta stampata e l’informazione online?Ci troviamo all’interno di una grande crisi dei giornali cartacei, ma non del giornalismo. Siamo effettivamente “bombardati” da notizie che ci arrivano da ogni dove – oggi 9 lettori su 10 ricevono informazioni direttamente sul proprio smartphone, in molti casi non mediate ma raccolte attraverso i grandi Social Network, quindi senza una selezione giornalistica dell’informazione -.La carta stampata vive una crisi di filiera, di struttura, dovuta anche dall’esplosione delle crisi che abbiamo recentemente vissuto e che si sono susseguite rapidamente (pandemia, crisi economica a questa conseguente, guerra in Ucraina, crisi dei costi energetici e di produzione…).Non è in crisi però il giornalismo. Qual è allora il modo per integrare in qualche modo la carta stampata e l’informazione online? Avere uno sguardo unico su queste cose ed essere, in qualche modo, “indifferenti” alle piattaforme, ossia essere in grado di produrre dei contenuti giornalistici attraverso le varie forme, rappresentate da carta, online ma anche da nuovi strumenti quali podcast, incontri “fisici” – quello che viene definito il live journalism – con la propria comunità di lettori. Soprattutto fare riferimento a un patto di fiducia con la propria comunità di lettori, ponendo al centro il prodotto giornalistico, che ha uno sguardo sulla realtà e una capacità di gerarchizzare le notizie, di sceglierle e di raccontarle, con uno sguardo che sia autentico e onesto.

Riguardo quest’ultimo punto quindi, quale futuro vede davanti a sé nel nostro Paese la stampa cartacea, dando ovviamente uno sguardo particolare a quella cattolica?In questa grande crisi della carta stampata, ci sono dei punti che andrebbero colti come essenziali per un rilancio della stessa.Il primo è quello dell’informazione locale, che permette di essere più vicini e immediati rispetto alla propria comunità di lettori.In questo caso i settimanali diocesani e la stampa cattolica, molto radicata sul territorio in generale, hanno la possibilità di essere più vicini alla propria comunità di lettori, di riuscire a servirla meglio e diventare uno strumento di servizio – uno degli aspetti che potrà in qualche modo aiutare il giornalismo, in senso generale, a riemergere come strumento di accompagnamento e di rapporto fiduciario con il lettore, è proprio quello di farsi anche servizio a livello locale -.Nella crisi di questo momento vedo per la stampa cattolica la possibilità di crescere in maniera rinnovata e nuova, aggiungendo quell’”indifferenza” alla piattaforma di cui accennavo prima.La forza della stampa cattolica sta nella comunità, nel bacino di lettori di riferimento.

Parlando proprio di comunità, viviamo in questo tempo, tutti insieme come Chiesa, il cammino sinodale: quale ruolo spetta, all’interno di questo percorso, ai media cattolici d’Italia? Quale contributo?Il Sinodo è appunto un cammino fatto in modo unitario, insieme. All’ultima Assemblea CEI è stato veramente interessante vedere come, per la prima volta, anche i laici all’interno del momento dedicato al Sinodo potessero esprimere le loro considerazioni, proposte, sensazioni su questo grande percorso che porterà a una possibilità di rinnovamento del modo di essere Chiesa.In tutto questo la stampa cattolica ha il compito di essere sul territorio, capace di ascoltare le istanze che provengono dal territorio stesso, raccontarle e rielaborarle per la composizione di un mosaico che, attraverso le esperienze di tutt’Italia, possa essere un contributo per la Chiesa nel suo insieme. Ancora una volta quindi la vicinanza dei settimanali diocesani e della stampa cattolica alla propria comunità di riferimento è un elemento di ricchezza incredibile, perché il cammino sinodale è sì coordinato a livello centrale ma dove viene vissuto è nelle realtà delle singole diocesi.

Giovani e giornalismo: è un binomio questo ancora possibile? Quali prospettive per un ragazzo che desidera iniziare questo percorso? È un’occupazione che ancora “attrae” o, anche con lo sviluppo di nuove forme di comunicazione, ha perso un po’ il suo “appeal”?Per un giovane l’attrazione data dalla possibilità di vedere, analizzare, scegliere e raccontare ciò che sta intorno, in un’ottica anche di servizio per la comunità di riferimento, secondo me rimane essenziale e molto di richiamo.Il cambiamento culturale da fare è non concepire più il giornalismo come unicamente legato alla forma del testo scritto; oggi chi si affaccia alla professione è nativo digitale, molto probabilmente nemmeno compra più il giornale di carta! Però è abituato a riconoscere, anche dentro la Rete e nelle nuove modalità espressive del giornalismo, la qualità del contenuto.C’è quindi, secondo me, una grande possibilità di rinnovare, anche per i giovani, la possibilità di fare giornalismo nel momento in cui sono in grado appunto di essere “indifferenti” alle piattaforme, dando anche fiato alla creatività che esiste nello scegliere lo strumento più adatto, tenendo ferma quella che è la funzione essenziale del giornalismo: quella di raccontare la realtà con uno sguardo limpido, onesto, puro, con la funzione di essere di servizio a chi ti legge, nella capacità di essere fedele alle fonti che segui.Da questo punto di vista sono molto fiducioso.

Pensando a lei e al suo percorso professionale, non si può non pensare alle sue conoscenze in fatto di Economia e Politca economica. Vorremmo chiederle uno sguardo sulla situazione del Paese: a che punto del “guado” si trova? Stiamo andando verso una ripresa o la strada necessita di un po’ di tempo ancora? Ci stavamo poi lasciando alle spalle la pandemia, quando arriva il cambiamento climatico a creare nuove preoccupazioni e difficoltà. Quanto inciderà sulle nostre economie la recente alluvione in Romagna?Dopo la pandemia ma anche dopo la crisi scatenata dalla guerra in Ucraina, devo dire che l’Italia ha dimostrato, anche all’interno del contesto europeo, una certa resilienza: siamo cresciuti addirittura più della Francia e di una Germania che è entrata in recessione, mentre il nostro Paese anche quest’anno è destinato a crescere di un punto percentuale – non moltissimo ma comunque più della media europea e di Paesi tradizionalmente più avanti rispetto al nostro -.Questo però non ha risolto i problemi strutturali, legati soprattutto ai grandi divari ancora esistenti tra Nord e Sud del Paese, alla bassa produttività in alcuni settori molto forti come quello della Pubblica Amministrazione, alla nostra scarsa possibilità di spesa pubblica per l’alto debito pubblico… Tuttavia, dentro tutto questo abbiamo una grande opportunità: quella di un corretto utilizzo delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Mai c’era stata la possibilità di avere a disposizione così tanti soldi, se non dopo la II Guerra Mondiale con il Piano Marshall. Molto della nostra possibilità di consolidare questa ripresa è legato alla capacità di poter spendere in maniera efficiente, rapida e completa le risorse messe a disposizione dal piano europeo. La partita si gioca in questo, cioè nella possibilità di fare quello “scatto in avanti” che ci permetta di passare dalla resilienza a una ripresa più strutturale, omogenea e meno legata a singoli componenti e settori.Il tessuto produttivo italiano ha la capacità di reagire rapidamente, ha una grande forza nella sua vocazione all’export; bisogna creare delle infrastrutture materiali e immateriali, utilizzando il PNRR, per rendere questa capacità di reazione organica.Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, è stata l’ennesima “botta” che avrà necessariamente un impatto su quella che è una delle Regioni più produttive del nostro Paese – si calcola che i danni incidano sul 20% del PIL della Regione, tra i 7 e i 10 miliardi di euro, l’area colpita conta circa 80 Comuni -. Essendo però una Regione con forte vocazione turistica, probabilmente già con l’estate ci saranno possibilità di ripresa, trainata appunto dal turismo. Per quanto riguarda l’agricoltura, è stato distrutto circa il 42% della superficie agricola e ci vorrà ancora del tempo.Confido però nella capacità di risposta insita nella struttura dell’economia italiana, che consenta di recuperare in tempi medi un danno che avrebbe potuto mettere in ginocchio l’economia regionale ma che credo avrà la capacità di riprendersi.

Per concludere, uno sguardo al messaggio che il Papa ha rivolto ai comunicatori per la recente Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali: il Santo Padre ci invita a “parlare con il cuore”. Cosa significa per lei e come riversa questo pensiero, questa richiesta, in Avvenire?“Parlare con il cuore” significa soprattutto fare una grande opera di discernimento, quindi capacità di “leggere” quello che accade nel nostro cuore. Il primo movimento interiore è la capacità di ascoltare quello che i fatti, gli avvenimenti, gli incontri suscitano nel nostro cuore, rendendolo disponibile all’incontro con l’altro e trasformando in racconto questo incontro.Il giornalismo in fondo è una capacità di incontrare la realtà e trasformarla in un racconto che sia il più possibile onesto rispetto ad essa.Per Avvenire il compito è quello di creare sempre più ponti e di essere sempre di più una piazza di dialogo e di incontro.Il Papa ci invita soprattutto a una “pulizia” interiore, nel nostro cuore, per renderci disponibili all’ascolto e alla capacità di incontrare gli altri.

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Il programma delle due serate

Il 23 e il 27 giugno si terrà la seconda edizione della Festa di Avvenire di Grado presso il Campo Patriarca Elia, la piazza antistante la Basilica di Santa Eufemia sull’Isola del Sole, appuntamento che “apre le danze” alle varie festività estive del quotidiano sul territorio nazionale. L’evento, dal titolo “Incontri sul mondo contemporaneo”, si svolgerà in due serate che prenderanno il via alle ore 21 e si concentreranno sui grandi temi di attualità che riguardano i nostri giorni. Il primo incontro, in programma per venerdì 23 giugno e intitolato “Nuovi paradigmi dello sviluppo sostenibile alla luce della Laudato Si’”, vedrà il Direttore di Avvenire Marco Girardo, insieme a Mauro Ungaro, Presidente della Fisc – Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici e direttore del settimanale diocesano Voce Isontina di Gorizia, dialogare con monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica – APSA, su temi riguardanti l’attuale crisi ambientale e sociale e sull’importanza di riportare al centro la persona, i valori umani e il bene comune.Il secondo appuntamento – che si svolgerà martedì 27 giugno – dal titolo “Europa tra conflitti e migrazioni. I giovani, tra paura e accoglienza”, vedrà protagonista Nello Scavo, giornalista e inviato di Avvenire, in uno scambio di idee e opinioni con gli studenti della località ospitante, sulle tante sfide e contraddizioni che animano il futuro dei giovani d’oggi.Questa seconda edizione della Festa di Avvenire a Grado rappresenta un’ulteriore occasione per il quotidiano di mostrare la sua presenza sul territorio gradese, in due serate dove i fedeli della diocesi goriziana e i numerosi vacanzieri presenti sull’isola potranno assistere a confronti riguardanti temi d’attualità.Le due serate in programma sono realizzate grazie alla collaborazione fra Avvenire, Voce Isontina, Parrocchia diGrado, Ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, Turismo FVG e Comune di Grado.