Qual è il confine necessario?

La recente tragedia di Casal Palocco con la morte del piccolo Manuel ha sconvolto tutti, d’altronde all’incidente  va sommata la stupidità di questo gruppo di giovani che si divertivano a guidare stanchi e sotto effetto di cannabis riprendendosi col cellulare a beneficio del loro canale YouTube.Più visualizzazioni e più guadagni: questa la regola dei social, tanto semplice quanto spietata, nelle menti di giovanissimi che, privi di altri contenuti, mostrano caricature umane grottesche e sovente pericolose.Si è gridato contro YouTube e contro il grave nichilismo dei giovani d’oggi dimenticandosi che, fino agli anni precedenti l’avvento dei social, ugualmente piangievamo i morti, vittime di giovani annoiati che lanciavano sassi dai cavalcavia in autostrada e prima ancora di giovani che, autodistruggendosi, affondavano nell’eroina.Allora le televisioni ne limitavano informazioni per evitare il rischio “emulazione”, oggi invece i filtri delle piattaforme social sono al minimo e bloccano solo il moralmente (presunto) illecito ma non il pericoloso, lo stupido, il moralmente inopportuno.Del rischio “emulazione” poi non ne parla proprio più nessuno perchè all’opposto i social quell’emulazione la cercano, l’identificazione, la condivisione. Il business sta proprio in questo.D’altronde il dibattito sulle censure dei social è aperto da anni e fin’ora, in una società liberale e liberalista come è l’Occidente, si è fermato ben lontano rispetto ad altre piattaforme, ad esempio Orientali, che esercitano un controllo social-politico molto stringente.Ma qual è il confine necessario? la risposta ancora non esiste e nel frattempo passa il tempo, passano lucro, sponsor e purtroppo anche morti.Ora è il tempo delle accuse contro i giovani vacui e improduttivi bamboccioni, storditi dai social e pieni di seguaci altrettanto annoiati e vergognosamente curiosi.Eppure sembra ieri che le televisioni raccontavano del turismo macabro (degli adulti) alla villetta di Cogne o del grido di allarme di intere Comunità per giovani che, nella solitudine dei paesi di montagna o delle isole, ripiegavano nello sballo della droga e dell’alcool. Dunque forse c’è di piu’ di un mero senso nostalgico di generazioni migliori delle attuali.Forse la giusta chiave di lettura è la solitudine di chi da un lato cerca il proprio sballo e dall’altro, sempre in solitudine, ne definisce le regole, il proprio confine del bene e del male.Una volta era “la parola del Padre” (nella sua accezione più alta del celeberrimo Lacan) a spiegare, anzi no, a mostrare il giusto e lo sbagliato e a gratificare i figli. Ora molti, troppi giovani sono autodidatti che alleviano la propria solitudine nelle condivisioni dei social: tanti like significa non solo tanti soldi, ma anche che va bene, che piaci.Allora è la generazione dei Padri, tanto repressi dai propri genitori e tanto concedenti con i propri figli, che si deve interrogare per quanto accaduto, probabilmente fino a ieri tanto distrattamente fieri di quei figli che “non so cosa fanno sui social ma guadagnano pure…”.Tra l’altro, come se già fin qui non bastassero le ragioni per riflettere, vi è un fatto ulteriore altrettanto preoccupante: gli youtuber di Casal Palocco, dopo l’incidente, hanno continuato a filmare anzichè soccorrere il bambino morente.Una evidente forma di autismo emotivo al limite dello sdoppiamento schizofrenico che deve costringere tutti i genitori a riprendere rapidamente le redini educative e anche quelle della cosiddetta “intelligenza emotiva”, lì dove si dà per scontato cresca da sola ma che, evidentemente, così non funziona.