Un cuore di misericordia per sradicare la tortura

L’intenzione di Papa Francesco affidata alla Rete mondiale di preghiera da lui ispirata, ha chiesto durante il mese di giugno di quest’anno “un cuore di misericordia …affinché possiamo, come famiglia umana, sradicare per sempre la tortura”.  Preghiera ma anche riflessione sul tema proposto. Avviene ogni mese sui diversi temi e in questa occasione il direttore nazionale dell’Apostolato della Preghiera, padre Renato Colizzi S.J., ha chiamato a dare la loro testimonianza i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, assieme all’avvocato Alessandra Ballerini. Nove giorni di tortura fino alla morte, a cavallo tra gennaio e febbraio del 2016, hanno posto fine nella capitale dell’Egitto alla vita del giovane ricercatore di Fiumicello. Una vicenda terribile, presente sullo sfondo di tutto l’incontro “a distanza” con numerosi rappresentanti dei gruppi di preghiera, per dare corpo però al ’dopo’, quando quella sofferenza entra nella vita dei genitori, delle persone che avevano conosciuto la vittima della tortura; quando si cerca di sapere chi e perché ha generato questo orrore che colpisce ancora tante persone in Egitto e nel mondo. I genitori hanno spiegato perché, per loro convinzione ed esperienza di vita, non potevano assumere il ruolo di vittime piangenti e soprattutto silenti, come molti avrebbero voluto vederli. La nostra ricerca di verità e giustizia non è solo per Giulio, hanno sottolineato, ma per tutte le persone che hanno vissuto e vivono la stessa situazione, nella quale hanno visto abbattersi su Giulio “tutto il male del mondo”. Per questo hanno fatto del loro intimo dolore il motore di azioni a difesa di quanti vedono calpestata la loro dignità, con qualsiasi tipo di tortura.  “Quando penso a Giulio, a come si può essere sentito in quei nove giorni e quelle nove notti penso che, oltre la paura e la solitudine, deve averlo disorientato fino ad annientarlo il vedere di che cosa erano capaci gli uomini”. Alessandra Ballerini descrive la tortura come “un’onda che si riverbera, si propaga sui familiari, sulla società. E’ un male che, se non interrotto, continua a propagarsi”. E poi è entrata nel rapporto tra la società e la realtà della tortura: “le persone che sono testimoni della tortura sono in qualche modo presenze scomode perché ricordano al mondo che il male esiste, ma anche che il male, forse, non può essere sconfitto, ma può essere in parte disarmato”.  Attraverso quello che è avvenuto a Giulio, anche dopo il suo assassinio, l’avvocato ha evidenziato come depistaggi e falsità continuino la tortura delle persone. Di Giulio hanno detto di tutto, falsità evidenti, e comunque “l’alone che è rimasto è che era un po’ uno sprovveduto e che, insomma se l’era andata a cercare”. Posizione che spesso sentiamo e che è comoda perché di fronte alle vittime pensiamo che “se loro se la sono andata a cercare, allora a noi non può succedere perché noi siamo cauti, noi siamo prudenti, siamo perfetti e quindi a noi non può succedere. Ed è un modo – ha detto Alessandra Ballerini – per scansare quel male insopportabile da noi. E invece il male esiste e può colpire chiunque di noi”.Sono sette anni che si chiede la verità sulla morte di Giulio Regeni; sette anni che la magistratura italiana indaga ed ora è pronta ad un processo che non può ancora avvenire perché lo Stato egiziano non consente di notificare l’imputazione a quattro agenti dei suoi servizi di sicurezza. E’ aperto un ricorso alla Corte costituzionale e si attende un suo pronunciamento, ma intanto la riflessione è amara. “Sono una tortura i tradimenti…di tutti coloro che sanno e che non hanno parlato… o anche delle Istituzioni, che in qualche modo ci sbeffeggiano, sbeffeggiano i cittadini tutti, continuando a ripeterci di promesse ricevute dal dittatore Al Sisi”.  Promesse mai mantenute, ma che fanno da comoda copertura alla continuazione degli affari, riguardanti anche forniture di armi, tra l’Italia e l’Egitto. L’incontro,  pacato nei toni, ma altrettanto profondo e deciso nei contenuti, ha sottolineato, con le parole dell’avvocato Ballerini, che il voler capire perché tutto questo male nel mondo è possibile “deve portarci alla verità, perché la verità è la prima forma di riparazione della tortura.Rassegnarci al fatto che questo Paese non ha un buon rapporto con la verità e la giustizia farebbe di noi delle vittime nel senso passivo del termine e questo non è possibile per la nostra dignità, per quella di Giulio e tutti noi”. Per questo Paola e Claudio, da genitori e da cittadini, hanno ribadito che continueranno nella ricerca della verità e della giustizia. E non sono soli. Molti cittadini sono al loro fianco e crescono anche le istituzioni comunali italiane che li sostengono nel percorrere questa tortuosa e difficile strada. Buona parte dell’incontro del 5 giugno è inserita nella pagine della ’rete mondiale di preghiera del Papa’ su YouTube.