Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”

Negli scorsi giorni la Basilica di Aquileia è stata protagonista, a livello nazionale, per una bellissima novità, all’insegna dell’accessibilità e dell’inclusività: l’inaugurazione di una tavola musiva tattile – realizzata dal Gruppo Mosaicisti di Ravenna – che, grazie ad una rappresentazione tridimensionale consente a persone cieche e ipovedenti, sorde e ipoudenti di percepire, attraverso il tatto, il tappeto musivo, comprendendone i vari livelli di stratificazione, i dettagli e persino i colori.Accanto a questo sono numerose le migliorie apportate in Basilica, che vanno dalla passerella che rende completamente accessibile l’area alle persone con disabilità fisiche, così come l’implementazione delle audioguide per non vedenti, le app per non udenti e una formazione specifica e particolareggiata di tutto il personale, per accogliere e orientare al meglio ogni visitatore.In tutto questo percorso una guida importantissima e fondamentale è stata suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità della Conferenza Episcopale Italiana.In seguito all’appuntamento aquileiese, al quale ha preso parte, abbiamo avuto il piacere di intervistarla e con lei fare il punto sulla situazione legata all’accessibilità nei luoghi di culto nel nostro Paese, ma anche di quali siano le necessità e le richieste che le persone disabili pongono oggi a noi tutti come società.

Suor Veronica, pochissimi giorni fa ha presenziato, in Basilica ad Aquileia, alla presentazione del progetto “Basilica per tutti”, con lo svelamento della tavola musiva tattile “Nodo di Salomone”. Ecco quindi, quali sono state le sue emozioni nell’entrare in Basilica? Cos’ha provato facendo ingresso in quel luogo così particolare?Quando sono entrata, ho provato tanto stupore e gioia: dopo un anno di lavoro, quello che desideravamo realizzare è stato possibile, potremmo dire che “si è reso carne”.Una gioia immensa poi nel vedere come questo luogo – che non è solo arte e storia ma è, per noi cristiani, anche importante luogo di culto – possa diventare non solo accessibile ma anche partecipativo. La “sfida” che la Basilica di Aquileia ha colto non va solo verso una maggiore accessibilità ma vuole andare, come dicevo il giorno in cui è stata presentata la tavola tattile, “oltre lo scivolo”: non solo facilitare l’accesso con una passerella, non solo integrare i pannelli con il Braille ma da lì fare un annuncio, recuperare il “perché” questo luogo è sorto, ovvero un luogo di preghiera, di fede, di conoscenza, del vivere un’esperienza.Credo che questo sia anche un segno di grande dignità, di rispetto nel riconoscere che le persone con disabilità, come dice papa Francesco, “spesso esistono ma non appartengono”. Lo “scacco” di questo lavoro è stato, per esempio, il fatto di aver coinvolto nell’intero procedimento realizzativo persone con disabilità esperte, lasciandosi prendere per mano, creando con loro una rete.

Il “Nodo di Salomone” è un mosaico pregno di significati. Che cosa significa per lei, cosa vede nel progetto che è stato presentato?Mi piace citare una frase di papa Francesco dalla “Fratelli Tutti”, (35) “Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi””. Voglia il cielo che, con gli anni, si comprenda che non esistono persone di “Serie A” e di “Serie B” ma che tutti siamo creature divine, tutti abbiamo in noi un’unione tra il Cielo e la Terra. A volte però siamo chiamati a concretizzarla: spesso alle persone con disabilità si riconosce solo l’aspetto umano, l’aspetto religioso è come se non ci fosse, come se di loro non si riconosca che hanno un’anima, una fede, che c’è un cammino per loro.Mi viene da dire quindi che il Nodo di Salomone ricorda che tutti siamo Cielo e Terra, tutti abbiamo un umano e un divino e che questa è la nostra fine, siamo chiamati alla santità; ma siamo anche chiamati a preparare il “terreno”, siamo come dei contadini che preparano la terra, poi la Grazia farà il suo.Accompagnando tante Diocesi e tante realtà vedo come l’arte, l’immagine, il suono, la bellezza, uniscano; non esiste una persona che non ha una “porta”, che non ha un senso a cui Dio si rivela: a noi sta scoprire qual è. Credo che la sfida di usare più sensi sia proprio questa.

Accennava poco fa alle molte Diocesi incontrate come Servizio nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità della CEI. A tal proposito, a che punto siamo sul territorio nazionale con l’accessibilità e le migliorie sia nei luoghi di culto, che nei luoghi artistici e culturali ad essi collegati?Negli ultimi anni la sensibilità è aumentata tantissimo e sicuramente anche il PNRR e altri Fondi sono di grande aiuto. Sono infatti davvero molte le Diocesi che scelgono di lavorare affinché Musei diocesani, Basiliche, Chiese… siano veramente luoghi per tutti.Abbiamo anche svolto un incontro con l’Ufficio Beni Culturali ed Ecclesiastici e abbiamo potuto osservare come la richiesta di Uffici diocesani che chiedono informazioni sia davvero altissima. La richiesta quindi c’è, l’interesse c’è, c’è un grande desiderio di migliorarsi.Il lavoro che ora stiamo cercando di fare – e Aquileia in questo diventa anche un prototipo – è quello di lavorare insieme un po’ sulla logica, cercando di comprendere ciò che effettivamente è necessario e utile per luoghi diversi tra loro, lavorando in questo assieme a persone con disabilità, esperte, perché crediamo che questo faccia sul serio la differenza – non fare qualcosa “sopra” le loro teste ma con loro -. Lo abbiamo visto nel progetto presentato in Basilica e non è qualcosa di scontato.Il fatto di valorizzare delle persone con disabilità, esperte e aggiornate, facendosi accompagnare da loro nella realizzazione dei progetti, è veramente una rivoluzione culturale. Penso poi anche a tanti genitori, a tante famiglie con un parente disabile… poter vedere che c’è anche “altro” per loro, esprime grandi possibilità di una dignità più ampia.

Che cosa chiedono oggi, nel 2023, in questi giorni “moderni”, le persone disabili? Cosa per loro è ancora inaccessibile?Loro richiedono semplicemente di esistere, di entrare nei nostri processi societari.Per noi come Servizio nazionale la parola “accessibilità” è sempre declinata assieme alle parole “appartenenza” e “partecipazione”, non le pensiamo mai staccate.È questo che loro chiedono, in tutti gli ambiti della società, tanto civile quanto ecclesiale.

Lei è anche consultrice del Dicastero per la Comunicazione. Ci dà qualche suggerimento, qualche “pillola” utile a tutti, su come poter parlare “bene” di e con persone disabili? Come possiamo comunicare al meglio la disabilità?A mio avviso, usare la parola “persona” è già un ottimo punto di partenza.Se davanti ad ogni limite, ad ogni fragilità, noi ci ricordiamo che “l’altro” è una persona, credo che già si faccia tantissimo.Noi tutti a questo termine diamo un grande significato: una “persona” è importante. Invece a volte, quando parliamo delle persone disabili, ci riferiamo a loro solo con la loro patologia (“è un sordo, è un down, è un tetraplegico…”); facciamo poi “finta” di essere inclusivi con parole politicamente corrette (come “diversamente abile”… poi ci sono anche coloro che non hanno nessuna abilità: forse loro non sono da considerare persone?).Ecco quindi che il termine “persona” rimanda anche al Nodo di Salomone: questo essere umani e divini.Credo che la sfida stia nel ricordarsi che “persona”, per noi cristiani, è un termine che ha un valore grandissimo.

Quali sono le “sfide” che state affrontando come Servizio nazionale? Su cosa è necessario ora concentrarsi e operare?Stiamo lavorando molto sul mondo del Progetto di Vita e della Qualità della Vita.A volte, quando si parla di persone con disabilità, le classifichiamo in un’unica fascia di vita o in un’unica risposta; invece ci si deve rendere conto che sono persone durante tutto l’arco della loro vita: nel mondo della Scuola, poi nel mondo del Lavoro, nel mondo dell’Abitare, nel mondo della Pastorale… e siamo chiamati ad accompagnarli in queste transizioni, non lavorando a compartimenti stagni ma sempre più insieme.

(Nella foto di Ivan Bianchi, suor Veronica nel corso della messa per i santi patroni ad Aquileia, mentre interpreta in LIS)