Le suore della Provvidenza in prima linea
26 Giugno 2015
Un servizio improntato alla carità cristiana innanzitutto senza guardare al colore delle divise e delle mostrine dei soldati anche se nei loro diari traspare il loro sentimento filo austriaco: per loro erano tutti uomini da curare e da assistere amorevolmente. D’altra parte sia le autorità austriache che quelle italiane si avvalsero del loro operato perché ritenevano indispensabile la presenza negli ospedali delle suore, che avevano dalla loro l’esperienza maturata in diversi ospedali del Trentino e dell’Istria. Nel 1915 la casa generalizia delle Suore della Provvidenza si trovava a Cormons ed era retta dalla cormonese suor Cecilia Piacentini, mentre a Gorizia da pochi anni era stata aperta un’altra casa al Nazareno nell’attuale via Brigata Casale, dove nel 1925 venne trasferita la Casa generalizia e vi restò fino al 1961 prima di trasferirsi a Roma. Allo scoppio della guerra nel 1914 le Suore della Provvidenza vennero chiamate a dare il loro apporto al “reserve-spital”, l’ospedale di riserva che la Croce rossa aveva aperto nell’agosto del 1914 nei locali del seminario centrale. La cronaca di quanto avviene in quell’ospedale la si deve alla penna di suor Virgilia Peterlongo, una religiosa di Pergine allora 26enne come ricorda Camillo Medeot in “Cronache goriziane”. Da questo diario emergono sia il servizio indefesso svolto dalle suore ma anche le paure e le tragedie causate dalla guerra ma anche come non c’era differenza nell’assistere i feriti. “Sono giunti sei feriti italiani – scrive il 10 giugno 1915 suor Peterlongo -, uno morì subito dopo l’operazione, un altro si trova in agonia. Gli altri raccontano orrori di guerra. Essi rimasero abbandonati e mezzo dissanguati sul campo e sarebbero certamente morti in breve se la nostra Croce Rossa non li avesse raccolti. Il più doloroso è che i nemici non rispettano nemmeno il personale di sanità, sparando su medici e infermieri. Alle 6 di sera è morto il secondo prigioniero italiano confortato dai santi Sacramenti”:Più o memo nelle stesse giornate don Giuseppe Peteani, decano di Cormons e l’unico salvatosi dalla deportazioni dei preti decisa dalle autorità italiane, bussa al convento delle Suore della Provvidenza di Cormons latore di una messaggio proveniente dalle autorità locali: chiedono la disponibilità di almeno due suore per dirigere l’ospedale da campo numero 44 che era stato ubicato nelle scuole popolari di via Cancelleria Vecchia. Una richiesta che viene prontamente esaudita e in pochi grroni sono 10 le religiose impegnate in questo servizio di infermiere. Non è solo questo il contributo che le suore offrono nei mesi di guerra: una succursale dell’ospedale 44 viene aperta nei locali della scuola annessa al convento, dove trovano alloggio anche diverse famiglie di profughi giunte dai paesi vicini.Eppure, nonostante la loro collaborazione con le autorità italiane, le suore vengono viste con sospetto. A nemmeno un mese dall’inizio della guerra, il 17 luglio, le suore ricevono la visita di “una commissione di carabinieri – così scrive suor Aloisa Hutter nella cronaca conventuale – onde rintracciare il segreto apparecchio telefonico in comunicazione con il nemico, celato in in qualche angolo riposto…”. L’ispezione ebbe esito negativo. Ma anche il sindaco, l’irrendentista Antenore Marni, non fu tenero con le religiose cormonesi: dopo aver tentato inutilmente di ottenere l’utilizzo di gran parte del convento per ospitare i feriti, Marni il il 28 novembre 1915 “ha imposto alle suore lo sgombero della chiesa, entro un’ora per far ricoverare i profughi”, scrive suor Hutter. Venne in soccorso delle suore il colonello medico Morini che “con la sua autorità fece non solo ritirare il comando arbitrario e inopportuno, ma probì una volta per tutte di ricoverare i profughi nella chiesa, essendo questa un luogo umido e antigienico”. Ma da quella data e fino al ritorno degli austriaci dopo la rotta di Caporetto la porta della chiesa di Rosa Mistica rimase chiusa dalla parte della piazza. All’interno si celebrava la messa nei giorni festivi solo per gli ospiti dle convento.Nonostante tutto questo continuò la richiesta di suore nei vari ospedali da campo che sorgevano numerosi a Cormons. Un servizio che non venne meno neppure quando nell’ottobre 1917 tornarono gli austriaci e che continuò negli ospedali miltari anche a guerra finita. L’ospedale presidiario di Cormons fu l’ultimo a chiudere i battenti nel 1920 sempre con la presenza delle Suore della Provvidenza.
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